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Il centro e la destra Diamo vita a nuove sintesi per non estinguere le identità

La sottovalutazione della crisi del sistema dei partiti sta facendo commettere ai responsabili degli stessi errori di prospettiva che si manifesteranno in tutta la loro portata in occasione dei prossimi appuntamenti elettorali. Non si comprende che così come sono strutturate le forze politiche faticano a rappresentare la complessità della società civile e, per di più, si attardano a difendere se stesse come se fossero minacciate da indistinti soggetti che avrebbero l’obiettivo di cancellarle. Su entrambi i versanti politici si ragiona più o meno in questo modo. E non ci si accorge che la distanza tra i partiti ed i cittadini cresce a dismisura, mentre aumenta da parte di questi ultimi la richiesta di riconoscersi in aggregazioni coese e programmaticamente coerenti, capaci cioè di dare risposte all’altezza dei mutamenti che condizionano scelte, comportamenti, stili di vita perfino.

Partiti e consenso, binomio (in)scindibile
E’ in atto, insomma, una regressione rispetto a qualche tempo fa, che si fatica a capire. I partiti, veicoli indispensabili alla formazione del consenso, sembra che della raccolta del consenso stesso non si preoccupino più di tanto: lontani dalla gente, risultano superficialmente impegnati nella difesa dei loro apparati, per quanto modesti siano diventati, piuttosto che aprirsi al mondo ed alle grandi questioni che tengono in apprensione l’umanità. La cosiddetta “comunità globale” risulta estranea alle analisi, chiamiamole così, che vengono prodotte dal mondo politico. I grandi temi connessi all’emergere dei nuovi diritti, delle nuove sovranità ed all’acuirsi di disagi antichi come la povertà e l’aggressione culturale di tipo relativista da parte di potentati finanziari e mediatici che miete vittime in ogni angolo del mondo, sembra che non interessino minimamente le forze politiche italiane che si attardano nel considerarsi paghe di qualche gherminella parlamentare e dei salotti televisivi nei quali poter esibire le loro poco eleganti rabbie.

C’è più di qualcosa che non funziona, come si vede. Ma in giro non si scorgono segni di resipiscenza. Sul versante “sinistro” non s’amalgama un bel nulla per quanto il lavorìo vada avanti da anni ormai: il cosiddetto partito democratico difficilmente vedrà la luce, mentre i riformisti continueranno ad abbaiare alla luna dal momento che hanno dimostrato di contare meno di nulla, come attesta il loro silenzio sulla legge Finanziaria, ma anche in politica estera e nel più generale dibattito riguardante la rivisitazione delle istituzioni. Sul versante “destro” le cose non vanno meglio. E non si spiega perché taluni “soci” della Casa delle libertà si ostinano nell’arroccamento attorno ad identità che, per quanto rispettabili, non bastano a coagulare attorno a se stesse i consensi necessari per tornare a vincere. Comunque, è inutile almanaccare come mai si sia determinato l’attuale stallo nel centrodestra, al punto che la Casa delle libertà è stata dichiarata defunta. E che lo sia è evidente anche a chi si ostina a nasconderlo. Resiste terminologicamente per indicare le forze che si oppongono al centrosinistra, ma quanto a progetto politico è praticamente inesistente.

Partito unico, o politica?
Il problema che ora si pone, anche per rivitalizzare la politica italiana e dunque il sistema dei partiti, la cui crisi è stata richiamata inizialmente, è se vale la pena perseguire una prospettiva di coesione tra gli stessi partiti che si sono riconosciuti nella Cdl, oppure lasciar perdere e tornare allo status quo ante. Sinceramente propendo per la prima ipotesi pur non nascondendomi le difficoltà dell’operazione che al momento, stante l’indisponibilità dell’Udc, risulta addirittura impensabile. Ma soltanto in apparenza. La verità è che se si sgombrasse il campo dall’equivoco che al momento rende impossibile l’operazione, tutto sarebbe più facile. Non vi è dubbio che sull’unificazione
strategica delle forze moderate grava un pregiudizio diffusissimo: che essa diventi una somma di soggetti attratti nell’orbita berlusconiana e funzionale alle fortune politiche di una parte della coalizione stessa. Non è peregrina l’obiezione. Ma è anche facilmente “smontabile” se si riconosce la necessità di evitare sommatorie aritmetiche che si risolverebbero nel mettere insieme, a fini puramente elettorali, i partiti così come sono oggi, mentre quel che occorre è molto più impegnativo e decisivo ai fini della ristrutturazione del centrodestra e del sistema politico italiano in generale.

Va evitata un’operazione di vertice 
Insomma, quel che sicuramente dovrebbe essere evitato è l’unione forzosa delle identità così come sono andate configurandosi nella evoluzione dei diversi soggetti poiché una simile operazione riprodurrebbe quella latente (e non sempre latente) conflittualità che hanno alimentato fin qui le polemiche nella Casa delle libertà. Al contrario, si dovrebbe procedere ad immaginare un soggetto
totalmente nuovo non per abrogare le identità richiamate, ma per farle rivivere in una prospettiva “fusionista” dalla quale far nascere un soggetto inedito con caratteristiche assolutamente nuove, fondato su una cultura politica capace di tenere insieme il tutto.

Preliminarmente, dunque, a questo scopo, sarebbe utile che la riflessione si concentrasse sui programmi, sulla compatibilità tra i soggetti coinvolgendo le strutture di base dei partiti in una discussione approfondita, estesa, anche lacerante se del caso. E’ questo il solo modo per evitare un’operazione verticistica come sarebbe la sommatoria del nulla. Se essa, infatti, avesse caratteristiche di questo genere durerebbe lo spazio di un mattino, poiché soltanto un verificato e consapevole consenso potrebbe garantirle il successo sperato. Perciò da tempo auspico la convocazione di una Costituente o Convenzione per la federazione delle forze moderate con l’apporto di tutte le articolazioni centrali e periferiche dei partiti interessati e che venga lanciata, nel contempo, un’ampia discussione tra giornali, riviste, pensatoi, intellettuali al fine di esplorare la fattibilità dell’operazione.

Sarebbe deprecabile, come lo è stato in passato, se il dibattito si inceppasse sulla leadership della coalizione o del futuro soggetto. Ma non riesco ad immaginare al fine che ci si propone di raggiungere l’indizione di primarie che rappresenterebbero la pietra tombale su un progetto del genere, come lo sarebbero su quello analogo del partito democratico. Importante, invece è che nei partiti ci si attrezzi alla sfida per il rinnovamento politico ed istituzionale del Paese. Di fronte a questo obiettivo mi trovo quasi a disagio nel contemplare l’estrenua difesa delle cosiddette identità che impegna le classi dirigenti delle varie forze.

E’ un problema, questo, che se lo si affronta in maniera seria e rispettosa delle specificità politico-culturali di ognuno, non esiste. A chi sostiene che la fine o la messa in discussione delle identità dovrebbe essere scongiurata per preservare storie, culture, passioni che hanno animato i diversi soggetti, sarà bene ricordare che i partiti si sono estinti sempre quando le loro identità non si sono rinnovate, quando si sono cristallizzate, quando non sono state capaci di dare vita a nuove sintesi che è ciò di cui ha bisogno la Casa delle libertà se vuole avere un avvenire. Sono profondamente convinto che il futuro del centrodestra debba fondarsi su una strategia culturale in grado di incrociarne una politica.

Rinnovarsi per non estinguersi 
Da questo dato non si può prescindere. Di conseguenza, tutti gli interessati dovrebbero modulare aspirazioni e comportamenti tali da convergere verso uno stesso obiettivo che non si esaurisce nel vincere le elezioni, ma nel dare una prospettiva di crescita all’Italia proponendo un’idea di Paese, di società, di Stato, di economia che negli ultimi anni è mancata. Obiettivo difficile e ambizioso, me ne rendo conto, ma possibile, perfino alla portata più di quanto si creda, se si riescono a superare divisioni ed incomprensioni e a pensare in grande, per esempio alla costruzione di un grande movimento nazionale, popolare e conservatore capace di raccogliere le molte anime non di sinistra e farle vivere in un soggetto politico fortemente coeso e motivato. In altri termini: il partito nuovo non può essere la somma di partiti vecchi. La Casa delle libertà non l’ha compreso per tempo ed oggi sconta ritardi che mettono a repentaglio la vita degli stessi “soci” fondatori.

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