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Inaugurato l’anno giudiziario

Si è inaugurato oggi l’anno giudiziario. Come sempre, a far da cornice alla tradizionale cerimonia delle toghe, la suprema Corte di Roma, a piazza Cavour.

Presenti anche il Capo di Stato Giorgio Napolitano e il presidente del Consiglio uscente, Romano Prodi, in veste di ministro della giustizia ad interim, dopo le dimissioni del Guardasigilli Clemente Mastella.

Dalle parole del primo presidente della Cassazione, Vincenzo Carbone, emergerebbe che l’Italia occupa il 155° posto – su un totale di 178 paesi esaminati a settembre da un rapporto della Banca mondiale – nella classifica sull’efficienza dei tribunali. Prodi, come tutti gli altri relatori intervenuti, ha ribadito il problema della lentezza dei processi. Ha quindi esortato i giudici a “non utilizzare le indagini per fini diversi dall’accertamento dei reati”, ma di contro, ha incalzato i colleghi politici “a non sentirsi autorizzati a qualunque trasgressione”.

Dalle statistiche a livello europeo Svezia, Germania e Olanda portano a termine l’iter giudiziario usando la metà del tempo necessaria all’Italia. E ciò non dipende dalla maggior ricchezza dei paesi, perché le risorse pubbliche destinate per ogni abitante alla giustizia sono molto simili alle nostre: 44 euro in Svezia, 53 in Germania, 41 in Olanda e 46 in Italia. Dunque, performance migliori con la stessa quantità di denaro. Carbone non si limita a denunciare, ma indica anche dei rimedi verso cui orientare una riforma della giustizia: l’autoriforma organizzativa del lavoro dei magistrati, l’obbligo di decidere nello stesso modo cause simili, e una miglior gestione dei processi scoraggiando la litigiosità.

Ma forse la dichiarazione su cui tutti dovremmo fermarci a riflettere, più del concetto di irragionevole durata dei processi, è il monito del vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, Nicola Mancino, che ha detto: “Un magistrato puó sbagliare ed è giusto risponda degli errori commessi ma nessuno è autorizzato a delegittimare quella stragrande maggioranza, spesso silenziosa, di magistrati che, pur nelle difficoltà del sistema giustizia, lavorano con scrupolo, coscienza e rispetto della legge”.

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