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Valle d’Aosta. Solidarietà in campo

Si prefigurava come punto di riferimento estivo a livello nazionale ed ha mantenuto le aspettative. “La Valle d’Aosta solidale”, settimana nazionale di confronto sui temi del Terzo settore e della comunicazione sociale, chiude con un bilancio positivo e con l’intenzione di proseguire nel suo percorso.
Per cinque giorni, dal 19 al 23 agosto, tra Courmayeur, Saint-Vincent, Gressoney-Saint Jean, economisti, politici, storici, intellettuali e mondo del volontariato si sono confrontati sui temi del Terzo Settore e della comunicazione sociale, del volontariato e delle donazioni in tempo di crisi. Ma anche sulle proposte di politiche di sviluppo territoriale e su quelle che riguardano il federalismo. E ancora, sul turismo responsabile e il microcredito come buona pratica dal sud del mondo.
Alberto Cerise, presidente del Consiglio regionale, ha dichiarato: “L’estate è ricca di appuntamenti, da Capri a Cortina a Rimini. Noi vogliamo offrirci come punto di riferimento per un tema, forse un po’ difficile da veicolare e da trattare, sia per il grande pubblico che per la politica ma che è molto sentito. L’argomento solidarietà è difficile da arginare, da definire in contorni netti. Abbraccia una grande varietà di argomenti e un enorme ventaglio di situazioni. Mi pare comunque interessante  – e in questo senso la sfida è stimolante  –  che di fronte a questa crisi generale dalla quale pare si stia cominciando ad uscire, una società solidale, nel senso di riscoperta dei valori di vicinato e di coesione, fino ad arrivare al microcredito, cominci ad essere considerata una base per essere meno vincolati a logiche strettamente capitaliste; e che si cominci ad avere una maggiore attenzione per creare un sistema complessivo più sicuro per tutti, nella logica della sussidiarietà. Ora la palla passa alla politica, sia a livello locale che centrale. Se saprà cogliere le sollecitazioni offerte, potremo sicuramente tracciare un bilancio più che positivo. Noi siamo orientati a ripetere l’iniziativa”.
Paola Severini, direttrice dei lavori di questa prima edizione, raccoglie la sfida: “Occorre che le manifestazioni estive abbiano un senso. La penisola è piena di kermesse più o meno culturali. Qui si tratta di sociale, di volontariato e di cercare di coinvolgere i politici nelle decisioni che li riguardano. La gente è stanca di passerelle e di polemiche estive che non servono a nulla. La cosiddetta gente comune  ha bisogno di risposte e di sentire la politica e le istituzioni viaggiare sulla loro stessa lunghezza d’onda”.
 
 
Bertone
Desidero esprimere il mio apprezzamento per l’importante iniziativa. Auspico che la significativa assise susciti un rinnovato impegno per la promozione della cultura della solidarietà ispirata ai perenni valori evangelici. Auspico inoltre che essa favorisca la cooperazione e il partenariato sociale.
 
Mons. Crociata
È di fondamentale importanza che la riflessione sui temi dell’economia e della politica non prescinda dalle dimensioni della socialità e della solidarietà. Questi aspetti, magistralmente richiamati e approfonditi dal Santo Padre Benedetto XVI nella sue recente lettera enciclica Caritas in veritate, costituiscono infatti non tanto un doveroso complemento, bensì un imprescindibile elemento costitutivo per ogni approccio che abbia davvero a cuore il bene della persona nella sua dimensione relazionale. Sono certo che in questi giorni di articolata riflessione non mancherà anche il contributo di quanti si spendono con abnegazione – nello studio, nel volontariato e nell’impegno sociale  – traendo ispirazione nel loro agire dal ricco patrimonio dell’insegnamento della Chiesa.
 
Giulio Andreotti
L’argomento che affrontate questo pomeriggio a Courmayeur viene da lontano: dall’epica del buon samaritano e attraverso i secoli, dopo che tanti hanno aperto coraggiosamente tracce di carità, giunge ai nostri difficili giorni.
Insieme a voi avrei ricordato la figura di un prete straordinario. Cappellano militare sul fronte greco, vittima della disastrosa ritirata di Russia, attivo nella Resistenza sino a quando decide, nell’Italia ritornata alla libertà, di dedicare la sua vita alla carità. Don Carlo Gnocchi è quel prete straordinario. Lo conobbi poco dopo la mia nomina a sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri, nel giugno 1947. Mi aveva telefonato un sacerdote di Milano, che mi disse: verrà un prete tutto particolare. Un sacerdote che aveva scelto coraggiosamente un apostolato spiritualmente affascinante e nuovo: bastavano infatti pochi minuti dei suoi accorati appelli per convincere ognuno al dovere di fare qualcosa. Venne al Viminale, dove era allora la presidenza del Consiglio, e parlò delle sue esperienze di guerra e di quello che doveva essere fatto. Mi lasciò, perché non dimenticassi quel colloquio, una fotografia di quattro piccoli ospiti mulatti. Sulla fotografia aveva scritto: “Tutta la guerra negli occhi di questi bambini”.
Per far fronte alle esigenze e alle richieste di Don Gnocchi non bastava lo Stato ed era quindi necessario mobilitare risorse volontaristiche e generosità proporzionate. Ma per quel che atteneva all’Amministrazione occorreva superare le angustie e le meschinità di una gestione dello Stato ereditata dal fascismo. De Gasperi volle che fosse proprio Don Gnocchi a coordinare interventi e programmi, a correggere tanti difetti del sistema. Il primo agosto del 1948 fu costituita l’Associazione Amici della “Casa del Piccolo Mutilato di Milano” con Arturo Toscanini presidente onorario. Fu la prima battaglia sociale del dopoguerra, arrivarono 17 milioni di lire dell’American Relief of Italy, nacque la “catena della felicità” che raccolse 50 milioni di lire. Gli italiani e il mondo intero si mostrarono generosi. E si mobilitarono in una vera e propria gara della solidarietà. E il metodo Don Gnocchi ha lasciato un segno tra le nostre genti. Ho fatto parte nel 2006 del comitato dei Garanti, con Monorchio, Gianni Letta, Fernanda Contri e Ferdinando Salleo, che ha destinato i 50 milioni di euro donati dagli italiani tramite un sms alle popolazioni del sud-est asiatico colpite dalla furia dello tsunami. Tutto si è svolto con assoluta precisione e in tempi rapidissimi a dimostrazione della validità anche della nostra legislazione. È un risultato che è servito a dare garanzie e risposte rassicuranti alla generosità collettiva.
Il cuore degli italiani è grande e l’insegnamento di Don Gnocchi deve aiutarci ad andare avanti sulla strada del dono. Sapremo essere sempre più generosi e guardare con fiducia il futuro.
Vi voglio confessare di avere nel cassetto una biografia, tanto sollecitata da don Antonio Tarzia, della San Paolo editore, dedicata a questo imprenditore della carità, che spese la sua vita per gli orfani di guerra e i bambini mutilati. Aspetto solo che lo facciano santo.
 
Meloni
Come ho già più volte affermato reputo di grande importanza lo strumento, in fatto di sostegno alla imprenditoria giovanile, del microcredito alle piccole e medie imprese. Esistono molte tipologie di imprese che non necessitano di grandi investimenti per essere avviate e che possono essere sostenute con la formula del microcredito. A cavallo degli anni ‘80 e ‘90 la nostra nazione si è dotata di importanti strumenti legislativi che hanno consentito la nascita di nuove imprese allestite da giovani. Purtroppo si è verificata in seguito la proliferazione di agenzie ed enti erogatori dei finanziamenti e sovrapposizioni di competenze tra di essi che hanno disperso una parte importante di risorse oltre che di professionalità.
È necessario rimettere ordine in questa galassia, anche dal punto di vista degli importi erogabili, a volte sovradimensionati rispetto al reale obiettivo da perseguire, vale a dire la possibilità di aiutare la piccola e media imprenditoria giovanile. Somme ingenti rischiano di imitare quei finanziamenti a pioggia causa delle pessime scelte passate di sviluppo industriale, soprattutto nel Meridione d’Italia, inadeguato ai territori in cui sono state catapultate, e causa di clientelismi politici, vero freno del progresso economico e sociale della nazione. Punto con fiducia su uno strumento come il microcredito, non dispersivo, mirato, più facilmente accessibile anche a chi non gode di alcuna risorsa e quindi efficace.
Inoltre il modello di sviluppo basato sulla microimpresa, oggi esportato con discreti risultati nelle aree più in difficoltà del pianeta, costituì le fondamenta, soprattutto dal punto di vista della cultura d’impresa, su cui l’Italia costruì poi il boom economico. Infatti dalle rimesse degli emigranti di fine XIX secolo fino al primo Dopoguerra, ed in seguito negli anni ‘50 e ‘60, arrivarono i capitali che consentirono alla nostra nazione di organizzare un tessuto economico fatto di piccole imprese, essenziale per assecondare le necessità della grande industria che si stava espandendo.
La promozione del microcredito non vuole essere una suddivisione in piccolissime parti di risorse, comunque scarse, erogate per “accontentare” tutti, bensì deve diventare una strategia che lo Stato, ormai improponibile come “regista dello sviluppo”, o, addirittura, “imprenditore”, può mettere in campo come politica di sostegno allo sviluppo.
Il bando in corso per una Borsa di studio sul microcredito, realizzato in collaborazione tra Abi e ministero della Gioventù, punta a premiare la realizzazione di uno specifico progetto di ricerca sul microcredito, con particolare riferimento alle potenzialità di sviluppo di tale segmento da parte degli operatori bancari. Il mio impegno è quello di favorire una sintonia tra le istituzioni ed istituti di credito sul perseguimento di obiettivi occupazionali ed imprenditoriali per i giovani e le modalità per il loro raggiungimento.
Ovvero, rendere accessibile il credito al maggior numero di “intelligenze” possibile, senza far correre il rischio alle banche di trovarsi nella situazione di insolvenza dei clienti e quindi provocare il crack finanziario che tutti conosciamo.
 
Fini
Desidero esprime un sincero apprezzamento per l’iniziativa, ritenendo che essa potrà contribuire a diffondere nelle nuove generazioni i valori della solidarietà e dell’impegno sociale, promuovendo e facendo apprezzare, al contempo, le ricchezze naturali, storiche e culturali della Valle d’Aosta. Oggi, più che mai, è necessario che le ragioni della persona umana restino al centro delle strategie della politica e dell’economia, al fine di costruire un modello che sappia coniugare logiche di mercato e principi sociali e che consenta di creare condizioni di vita migliori per tutti ed un benessere ampio e condiviso.
 
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