Skip to main content

DISPONIBILI GLI ULTIMI NUMERI DELLE NOSTRE RIVISTE.

 

ultima rivista formiche
ultima rivista airpress

Pensiero divino

Oggetto proprio della intelligenza sono le idee, che appaiono alla nostra mente e che l’intelligenza può tra loro confrontare (…): ogni intelligente percepisce che una cosa non può essere e non essere nello stesso tempo e così via, sul piano della dialettica, dell’analisi, della logica, della ontologia, dell’antropologia, della metafisica. Sono considerazioni elementari, premesse per giungere a una ponderazione concreta sul Verbo di Dio fattosi carne circa 2mila anni fa, fattosi, cioè, uomo, assumendone le tre componenti: corpo, intelligenza, anima. (…) Dio s’è fatto a misura d’uomo: una spettacolarità che ha tutto dell’infinito, anzi è l’infinito per l’uomo che di infinito non ha parvenza sensibile. mo in quanto sostanzialmente e non evolutivamente proprio dell’uomo. È quell’identità-uomo che Aristotele chiama sinolo (συν−ολοσ), cioè materia e forma in un unum. Corpo-intelligenza- anima: un sinolo di tre componenti inseparabili, pena la nullità di uomo. Ma quale la funzione dell’intelligenza tra le altre due componenti del sinolo? Oso dire che l’intelletto è cerniera o albero di trasmissione simultanea tra corpo-materia e anima-forma o sostanza. L’intelligenza imbevuta nell’amore è nel corpo e nell’anima, come entità identificante dell’uno e dell’altra. Ho detto intelligenza imbevuta d’amore perché l’intelligenza, come la fede, senza amore “come corpo morto cade”. Corpo, intelligenza e anima sono genoma-uomo in senso di specie e di individualità. Non può non essere così, pena il mio non essere io. (…) Albert Einstein ha scoperto la relatività studiando la gravitazione, l’atomo, o molecola materiale, la teoria dei calori specifici e quella dei quanti e perciò dei fotoni. Si può dire che palleggiava la metafisica e la fisica quasi sua innata facoltà, con metodo induttivo, statistico e equazionale. Alla luce di ciò, il suo rigore logico lo portò alla fissione nucleare. Ne fu sgomento e argomentò: la scienza senza Dio è storpia e pericolosissima. Se un uomo come Einstein, alla luce del suo dedotto scientifico, ha dovuto sconfinare in Dio e se come lui innumerevoli altri infinitamente più acuti di me in svariate discipline, hanno raggiunto una tale deduzione, anch’io posso credere, avendone oltretutto anche le mie buone ragioni personali.Ne cito una: se la mia intelligenza, per niente eccezionale, Parlo dell’intelligenza quale smisurata potenza dell’uomo, sia in quanto conoscenza di sé, del mondo che lo circonda, astri compresi, e di quella che sta sopra la sua consuetudine mentale,perché non sensibile, quella che inebriava i grandi geni quali Platone, Porfirio, Plotino, Hegel, Tommaso, Agostino, Kant, ma anche della sua capacità intellettuale di attribuire, alla macchina da lui stesso creata, alcune sue attribuzioni squisitamente mentali partendo dalle regole della logica.
Parlo, dunque, di intelligenza, vocabolo generico che assomma diverse operazioni della stessa facoltà: intelletto, ragionevolezza, memoria, consapevolezza, coscienza. Come l’animale anche l’uomo apprende, ma l’uomo apprende per razionalmente elaborare. Ciò rende l’uomo un individuo o essere inconfondibile con altri esseri, né da essi derivabile se non per creazione apposita da parte di chi ha una insuperabile pienezza intellettuale senza spazio e senza tempo.Nessun dubbio che l’uomo sia essere pensante. Né alcun dubbio che la sua identità e, quindi, il suo pensare l’abbia avuto dal Genio Assoluto. Per sinaptogenesi? Un modo di creare dal nulla se non da sé increato e inesauribile. Dubitarlo? È come pensare che l’intelligenza – detta, impropriamente, artificiale – alla quale si pensa di dare autonomia, non sia creazione dell’uomo intelligente che la comunica dal suo sé mediandola con la filosofia metodica, con la linguistica, con la psicologia cognitiva e l’informatica. (…) Ora parliamo di intelletto e, quindi, di potere intellettivo dell’uomo in quanto sostanzialmente e non evolutivamente proprio dell’uomo. È quell’identità-uomo che Aristotele chiama sinolo (συν−ολοσ), cioè materia e forma in un unum. Corpo-intelligenza-anima: un sinolo di tre componenti inseparabili, pena la nullità di uomo. Ma quale la funzione dell’intelligenza tra le altre due componenti del sinolo? Oso dire che l’intelletto è cerniera o albero di trasmissione simultanea tra corpo-materia e anima-forma o sostanza. L’intelligenza imbevuta nell’amore è nel corpo e nell’anima, come entità identificante dell’uno e dell’altra. Ho detto intelligenza imbevuta d’amore perché l’intelligenza, come la fede, senza amore “come corpo morto cade”. Corpo, intelligenza e anima sono genoma-uomo in senso di specie e di individualità. Non può non essere così, pena il mio non essere io. (…) Albert Einstein ha scoperto la relatività studiando la gravitazione, l’atomo, o molecola materiale, la teoria dei calori specifici e quella dei quanti e perciò dei fotoni.Si può dire che palleggiava la metafisica e la fisica quasi sua innata facoltà, con metodo induttivo, statistico e equazionale. Alla luce di ciò, il suo rigore logico lo portò alla fissione nucleare. Ne fu sgomento e argomentò: la scienza senza Dio è storpia e pericolosissima. Se un uomo come Einstein, alla luce del suo dedotto scientifico, ha dovuto sconfinare in Dio e se come lui innumerevoli altri infinitamente più acuti di me in svariate discipline, hanno raggiunto una tale deduzione, anch’io posso credere, avendone oltretutto anche le mie buone ragioni personali.Ne cito una: se la mia intelligenza, per niente eccezionale, si spinge come quella di molti altri vicino a Dio, volendolo anche toccare, non è giusto che anche l’intelligenza di Dio si pieghi verso la mia sì da toccarmi? La risposta è la Incarnazione di Dio quale Cristo ha dimostrata in sé. (…) Qui si vuol dissertare del conoscere come fonte e potenza dell’intelletto che, pur nella evoluzione di metodi, dell’ambiente, delle conquiste, rimane sempre una potenzialità formidabile, inconfondibile con il suo obiettivo e le sue conquiste. Parliamo, dunque, della macchina in sé, non della strada o della meta. Quella potenza che mentre cammini vola, che mentre leggi, in continuità pensa.Perfino quando preghi, disperde energia in mille direzioni a danno della verticalità. (…) La conoscenza, quindi, è il prodotto dell’intelletto che accoglie informazioni, le metabolizza, le processa, ne deduce e le moltiplica sino a farne un sapere senza fine che crea sapere e progresso, che investe sempre meglio la potenza dell’intelletto con fiducia spesso accanita, quasi indomabile istanza del sapere. Lo ritengo effetto di quel “possidete eam” che il Creatore ci iniettò consegnandoci l’universo.Da qui la cognitivizzazione che il potere dell’intelletto può spingersi anche oltre ogni limite sferico, anzi è la sua istanza naturale. Platone ce l’ha detto. Aristostele lo convalidò partendo dall’empirismo. Andare, cioè, verso là donde l’intelletto è emanato. Il dito del Creatore nella Sistina di Michelangelo ce l’ha evidenziato. Molti filosofi sono arrivati a toccarlo con il dito. Pochissimi hanno bucato questa sfera intravedendovi l’aura soprannaturale. È la logica, più l’amore, che vi ci “conduce”.Innegabilmente Dante e sommi asceti, come Paolo di Tarso, lo sperimentarono e ne rimasero contagiati sì da calcare con il tacco le cose di quaggiù non in senso spregiativo, ma nel senso che l’intelligenza pretende molto di più. L’idea della caverna in Platone non era spregio dell’essere corpo, ma tensione della sua eccezionale intelligenza che sapeva d’esser molto di più che solo corpo. Intelletto: un potere, quindi, rapidissimo, perpendicolare a Dio stesso che ne rivela la obbligatoria derivazione creazionale dal Se di Lui stesso.Infatti, quando la mia intelligenza o, più semplicemente, il mio pensiero tenta di toccare Dio con spontaneità, lo bacia e poi ne si ritrae come da un amabile evidente, ma impossibile.Quando però ci si vuol impegnare a capire Dio, ci si perde come nella sfera stellare e l’intelligere diventa semi-contemplazione per la quale il tempo è sempre stretto. L’intelligenza totale pretende l’eternità. Lo so, altri preferiscono la pigrizia della rinuncia e si autodefiniscono atei, ma trattasi di un ignavo velo rinunciatario alla propria intellettualità.Come esce il pensiero dall’apparato neurotico cerebrale? Ma esce da lì? A pensarci bene me ne pullulano serissimi dubbi. Mi riservo la consapevolezza psicocognitiva che l’intelligenza è componente imprescindibile e inseparabile del mio io, che in se stesso non è materialmente quantizzabile: lo sono solo la sua applicazione e il suo prodotto. L’intelligenza è eterna e proviene dall’Eterno. La sua attività, in quanto io, inizia nel tempo con la morfologia del corpo e con l’infusione dell’anima.Se dal cervello esce il pensiero, il come, il quanto, il numero, la velocità, la locazione dei neuroni e loro funzione del lobo frontale o parietale, o occipitale, quali nella massa cinerea o corticale, dove stiano i neuroni specchio, che facilitano la conoscenza del mio prossimo, se interfacciati da onde elettriche, se e come utilizzabile meccanicamente la funzione della corteccia cerebrale, se il cervello nasce con l’innata “grammatica generativa”, come suppone Noam Chomsky, di tutto ciò non ho competenza per disquisire. So, però, che la scienza è un prodottodell’intelligenza. La sapienza? È un sovra-sapere impregnato di sapore divino. Questo capisco mediante la logica. Socrate se lo spiegò quando disse che sapiente è colui che per quante cose sappia, capisce soprattutto di non sapere niente. Ma, donde l’intelligenza? (…) Non si auto-crea progressivamente quasi occasionalmente. È un essere in sé che si nutre di conoscenze.Fluita dall’Infinito, rivuole l’Infinito: ecco la logica, la scienza, la sapienza, quest’ultima olezzante e saporosa d’Infinito.Ecco l’avventura del nostro essere umano dove alcuni di noi hanno saputo frugare, come Platone, Aristotele, Plotino, il Boanerghes, Agostino, Tommaso, Dante Giovanni, Kant, Nietzsche. Ma noi, i più, tutti annaspiamo.Tutti, però, da duemila anni abbiamo una insperata, inesauribile risorsa cui facilmente attingere: il Verbo, il νουs o intelligenza essenzializzata, a noi trasmessa per via sinaptica dal Creatore, fattasi uno di noi mediante l’Incarnazione per esplosione d’amore. L’intelligenza senz’amore infatti è un semi esistere o, meglio, è un non esistere.Lo capì bene l’intelligentissimo Paolo di Tarso, quello che andava a Damasco per catturare e ammazzare cristiani “Piacque a Dio Altissimo far abitare in Cristo ogni pienezza delle cose che stanno sulla terra e quelle dei cieli perché Egli è immagine del Dio invisibile” (Col 1,13-20).Molta intelligenza, molto amore, somma intelligenza è sommo amore “Nessuno sa d’amore come colui che per l’amato dà la vita” (Gv 15,13). Anche un calvario, quindi, perché “intelligenza” è. Dove non può l’intelligenza può l’amore con la intelligenza.
 
×

Iscriviti alla newsletter