Skip to main content

DISPONIBILI GLI ULTIMI NUMERI DELLE NOSTRE RIVISTE.

 

ultima rivista formiche
ultima rivista airpress

Liberté egalité fraternité

I principi della Rivoluzione francese hanno avuto alterne vicende nella storia italiana. Nel xx secolo è soprattutto l’eguaglianza ad avere ispirato i cuori e le menti sia in politica che nel sociale. Oggi, il suo posto è stato preso dalla libertà. È nei simboli di tutti i partiti che ambiscono a rappresentare il nuovo. Da Fini a Vendola. La fratellanza non ha mai avuto altrettanta fortuna. Salvo che nei riti massoni, nella modernità si preferisce parlare di solidarietà, relegata dall’ideologia della sovranità del mercato al “terzo settore” e solo per la Chiesa rimasta principio dell´azione politica.
 
Eppure è nella patria del liberismo, la Gran Bretagna, che oggi è stato riscoperto il valore politico della fratellanza. La svolta si è avuta con il programma della Big society. “Si tratta di un grande cambiamento culturale, in cui le persone, nella vita di tutti i giorni, nelle loro case, nei loro quartieri, nei loro posti di lavoro, cessano di rivolgersi a funzionari, autorità locali, o governi centrali per trovare le risposte ai problemi che incontrano, e sono invece abbastanza forti da aiutare loro stessi e le loro comunità. Big society vuol dire comunità capaci di costruire nuovi edifici scolastici, vuol dire servizi capaci di formare al lavoro, vuol dire fondazioni che aiutano i criminali a riabilitarsi. Vuol dire liberazione, la più grande drammatica redistribuzio-ne del potere, dalle élites di Whiteall all’uomo e alla donna della strada”. Tre sono gli elementi costitutivi della Big society. Primo: azione sociale. Protagonista è l’uomo comune “perciò il governo non può restare neutrale: deve promuovere e sostenere una nuova cultura del volontarismo, della filantropia, dell’azione sociale”. Secondo: la riforma dell’amministrazione. “Al suo posto dobbiamo dare molta più libertà ai professionisti, aprire il servizio pubblico a nuovi operatori come fondazioni, imprese sociali, aziende private, e così offrire più innovazione, diversità e responsabilità nei confronti delle domande pubbliche”. Terzo: maggiori poteri alle comunità. “C’è bisogno di comunità che abbiano grinta, quartieri che si facciano carico del loro destino, che sentano che stanno collaborando assieme e lasciandosi coinvolgere possono modellare il mondo intorno a sé”.
 
Le affinità tra il manifesto di Cameron e la tradizione italiana dell’“economia civile” sono state ben colte da Paolo Messa: “La Big society in Italia esiste… ed ha la forma delle tante organizzazioni di volontariato e del terzo settore che proprio da noi svolgono un ruolo primo nel sistema del welfare” (allegato al n. 52 di Formiche).
Il tentativo di promuovere la Big society in Italia si è scontrato con lo scetticismo di chi non ritrova nel Belpaese le condizioni che consentono oltre Manica di limitare l’intervento dello Stato nel sociale: 1) una cultura politica e un capitale sociale di elevato “civismo”; 2) organizzazioni intermedie orientate alla risolu-zione dei problemi collettivi e non solo interessate a vantaggi corporativi; 3) uno Stato “capacitatore” (M. Ferrera e P. Ostellino – Corsera 3 e 7 settembre u.s.). Il dibattito si è, così, subito spento. Eppure già negli anni ‘60 R. A. Nisbet aveva dimostrato come il processo di deresponsabilizzazione della società civile aveva origine nel primato dello Stato e del mercato professati dall’ideolo¬gia liberale, che ha scardinato il tessuto di relazioni – la fratellanza – costituito dalle comunità intermedie (famiglia, scuola, associazionismo professionale). Di qui quelle “alienazioni sociali” che, oggi, portano liberali come Ostellino a escludere, a priori, una Big society all’italiana. Ma così facendo si alimentano e non rimuovono le cause della malattia. La Big society può essere un modello di sviluppo vincente anche per l’Italia perché appartiene alla nostra tradizione. Esso richiede una forte società civile e questa dipende dalla vitalità delle comunità intermedie. Allora è tempo di tornare a puntare su famiglia, scuola, associazioni e movimenti in grado di coltivare civismo e solidarietà senza avere timore di profanare, il dogma liberale che vede nel mercato l’unico strumento di promozione sociale.
×

Iscriviti alla newsletter