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Messico e nuvole…di cocaina

Solo nel 2010 in Messico ci sono stati 15.273 omicidi legati al crimine organizzato, senza tenere conto di quelli non riconosciuti dalle autorità. Secondo il governo federale, il 2010 è stato l’anno più violento, con un aumento del 58% degli omicidi. Nel 2009 sono stati 9.614. Con gli anni precedenti è meglio non fare confronti, le statistiche sono raccapriccianti: dal 2006 al 2010 ci sono stati 34.612 omicidi, dei quali 30.913 sono state esecuzioni. Più del 50% nel solo 2010. I rapporti delle autorità sostengono che gli arresti dei capi delle organizzazioni criminali non fermano gli scontri, anzi. L’ondata di violenza durerà almeno dieci anni.
E come se fosse un cattivo augurio, nella prima settimana del 2011 in Messico si sono contati 300 morti. E nei primi 14 giorni, 507 negli Stati di Chihuahua, Guerrero, Sinaloa, Durango, Nuevo León e Jalisco, le regioni più violente. I luoghi turistici non si salvano: il famoso porto di Acapulco ha mostrato l’8 gennaio del 2011 una parte di quella violenza che per molto tempo si è voluto mantenere nascosta dentro le frontiere messicane. Purtroppo il numero di morti non lo permette più. Un gruppo di delinquenti ha ucciso 19 persone, 15 decapitate e lasciate nel parcheggio del centro commerciale Plaza Sendero, nella zona suburbana del porto. Le reazioni per gli assassinati registrati in Messico nei primi giorni dell’anno non si sono fatte aspettare, mentre le ambasciate di tutto il mondo allertano i loro cittadini sui pericoli di viaggiare in Messico.
 
Cosa avranno pensato Vito Pallavicini e Paolo Conte quando scrissero la canzone Messico e nuvole? Certamente all’epoca (fine degli anni ‘60) la situazione in Messico era ben diversa di come è adesso.
“Lei è bella, lo so
è passato del tempo e io
ce l’ho nel sangue ancor…
e vorrei e vorrei
ritornare laggiù da lei,
ma so che non andrò
questi son sentimenti di contrabbando
meglio star qui seduto
guardare il cielo davanti a me…
Messico e nuvole, la faccia triste dell’America
e il vento suona la sua armonica
che voglia di piangere ho…”.
La canzone, scritta 40 anni fa, oggi sembra essere più attuale che mai. Solo nell’anno 2008 sono state uccise 5.630 persone a causa del narcotraffico. Il 2008 si ricorderà, senza dubbio, come uno dei più sanguinari che i messicani hanno avuto.
E precisamente in questo contesto di morte, d’impunità e di tristezza che i cartelli messicani, che da tempo significano un grosso problema in tante comunità, hanno cominciato un nuovo rapporto criminale con la ‘Ndrangheta, la mafia calabrese, di cui fino a poco tempo fa non se ne parlava quasi mai.
La storia comincia così: due anni fa, poliziotti della Dea si rendono conto che alcuni calabresi, tenuti d’occhio da qualche tempo negli Stati Uniti, hanno cominciato a relazionarsi con persone appartenenti al Cartello del Golfo, una delle sette organizzazioni criminali che esistono in Messico.
 
È febbraio del 2008 quando esponenti della famiglia Schirripa di Marina di Gioiosa Ionica incontrano dei messicani con lo scopo di iniziare un traffico di cocaina verso l’Europa.
Per otto mesi, le autorità degli Stati Uniti e quelle italiane intercettano più di 6mila chiamate che permettono di identificare il narcotraffico di cocaina.
Storicamente, gli Schirripa compravano la droga da gruppi sudamericani radicati a New York, dove loro erano arrivati negli anni ‘90. Tuttavia, con il trascorrere del tempo, sono rimasti senza distributori a causa dei molti debiti accumulati.
È in quel preciso momento che conoscono i membri del Cartello del Golfo, i quali non solo offrono ai calabresi la droga a un prezzo minore, ma anche un finanziamento, cioè, consegnano la droga senza soldi in cambio, con la promessa, però, che dopo avrebbero pagato il costo e i loro interessi.
È così che ha avuto inizio questo rapporto interrotto, prima che potesse crescere, dalle autorità di entrambi i Paesi (Usa e Italia). Nel settembre del 2008, in un’operazione ad Atlanta, negli Stati Uniti sono state arrestate più di 200 persone, molte di loro messicane, diverse anche italiane.
Malgrado questi arresti, nessuno può dire che le cose siano migliorate. Anzi, ogni giorno è peggio.
 
Negli ultimi tre anni, in Messico sono state uccise più di 17mila persone. Tutto sotto il pretesto di una guerra contro il narcotraffico che hanno chiamato “Operaciòn limpieza” (Operazione pulizia). Peccato che dentro questo universo di morti ci siano tante persone che non c’entravano con il narcotraffico.
E non solo. I cartelli messicani sono diventati in pochi anni un importante referente delle organizzazioni criminali, l’Europa continua a fare largo uso di cocaina, e peggio ancora, secondo alcune previsioni, fra cinque anni la droga sarà molto più accessibile a tutti, cioè, ci saranno più drogati così come più gente che parteciperà al commercio del narcotraffico.
Ogni volta che sappiamo che una persona è stata arrestata per droga, non importa che siano tre, cinque, dieci chili, magari tonnellate, dietro ci sono delle storie di complicità, di ricatto, di corruzione.
Quando in Europa arriva un carico di droga, vuol dire che ha fatto un viaggio molto lungo, in cui partecipano migliaia di persone, ognuna con un ruolo specifico: chi partecipa alla coltivazione, chi la lavora, chi la compra, chi la trasporta, chi corrompe le autorità. È un’organizzazione che non si ferma mai.
La Dea ha calcolato che nel 2009 le organizzazioni del narcotraffico, solo in Messico, hanno utilizzato 450mila persone nella coltivazione, nella lavorazione e nella vendita di diverse droghe illegali. Purtroppo questa è soltanto una parte, perché ce ne sono molte altre ancora che rischiano la loro vita in altri affari vicini a quello del narcotraffico.
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