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Uno sguardo al carbone

Ora che i drammatici avvenimenti nella centrale nipponica di Fukushima hanno riaperto negli Usa, nell’Unione europea, in Cina e in Italia una approfondita riflessione sulla sicurezza di tutti gli impianti in esercizio, su quelli di terza generazione plus e più in generale sulle prospettive di lungo periodo della produzione di energia nucleare, converrebbe conoscere meglio e rivalutare le funzioni assolte nel sistema di generazione italiano – ma anche in favore del territorio di insediamento – dalla grande centrale a carbone dell’Enel di Brindisi, intitolata a Federico II, che con i suoi 2.640 MW, pur non essendo la più potente del Paese per capacità installata – un primato che spetta a quella di Montalto di Castro ove sono concentrati 3.600 MW, non ancora però pienamente utilizzati – è il sito che genera tuttora in Italia la maggiore quantità di energia. E se questa è la funzione di servizio che esso assolve in favore del sistema di consumo nazionale, cosa significa invece in termini economici per tutto il territorio provinciale la sua presenza in località Cerano, a sud di Brindisi? La costruzione della centrale – voluta a suo tempo da un ampio schieramento di istituzioni e di forze politiche e sociali, dopo l’incidente nel Petrolchimico locale del dicembre 1977 che ne aveva ridotto drasticamente la capacità produttiva e l’occupazione – fu deliberata dal Cipe nell’ambito dell’aggiornamento del Piano energetico nazionale, varato nel 1981 con proiezioni al 1985-1987, e venne iniziata nel 1982 protraendosi poi sino al 1993, quando entrarono in esercizio i primi gruppi di generazione.
 
Tuttavia si può affermare che questo impianto con le sue imponenti pertinenze sia una sorta di “cantiere permanente”, tale è l’impegno progettuale e finanziario dell’Enel per mantenerlo in piena efficienza e soprattutto per migliorarne l’ecosostenibilità, anche per rispondere con rigore scientifico e puntigliosità operativa agli ambientalisti locali e agli “assalitori” di Greenpeace che anche di recente hanno presentato questo sito come un epicentro di inquinamento nazionale “selvaggio” per le sue emissioni di CO2.
Vediamo allora alcuni dati. La centrale e le attività collaterali impiegano oltre 1.200 persone, quasi tutte residenti a Brindisi e provincia, 485 delle quali sono dipendenti dell’Enel, con 15 nuovi giovani tecnici assunti di recente a tempo indeterminato e compresi quelli di un avanzatissimo Centro ricerche che affianca l’impianto. Sono invece 550 gli addetti di ditte terze impiegati nel suo perimetro in varie attività di supporto, mentre 180 lavorano in aziende impegnate nella logistica del carbone. Ogni anno la ricaduta economica sul territorio è di 95 milioni di euro, con intuibili effetti moltiplicativi e, dei lavori per le imprese esterne che concorrono all’esercizio, l’80% riguarda aziende impiantistiche del territorio brindisino. Cento inoltre sono le navi carboniere che annualmente approvvigionano la centrale, creando benefici anche per il porto con il gettito finanziario relativo allo sbarco del combustibile.
 
Dal 2005 – solo per citare gli interventi compiuti alla Federico II nell’ultimo quinquennio – l’Enel ha investito 200 milioni di euro in opere mirate: 1) al miglioramento dei sistemi di abbattimento delle polveri da carbone, con modifiche strutturali al suo lunghissimo nastro trasportatore; 2) alla costruzione del cristallizzatore necessario per eliminare gli scarichi liquidi dei desolforatori; 3) alla sostituzione nello scalo marittimo dei vecchi scaricatori del minerale con nuovi impianti continui più ecosostenibili; 4) alla costruzione di un sistema di lavaggio di quei camion che ancora concorrono al trasporto del combustibile. All’interno della centrale poi, sono stati effettuati investimenti finalizzati all’ulteriore riduzione delle emissioni che oggi si attestano su valori al di sotto di circa il 50% dei limiti di legge.
Ma non basta. La grande holding elettrica a controllo pubblico, in attesa delle nuove convenzioni con gli enti locali, si è dichiarata disponibile ad avviare, completandoli entro il 2013, ulteriori investimenti di 300 milioni in questo polo di generazione che, come si è visto, è strategico per l’intero Paese. In particolare, gli interventi riguarderanno la copertura del carbonile interno al sito, i riscaldatori d’aria dei gruppi 1 e 4 e i corpi di bassa pressione delle turbine, i circuiti di aria dei fumi per il miglioramento dell’efficienza del sistema ambientale, i filtri a manica e i ventilatori di aria-gas dei gruppi 3 e 4, l’upgrading dei mulini, i ventilatori per aria principale e secondaria. Nel frattempo l’Enel ha avviato anche l’esercizio dell’impianto per la cattura e il contenimento della CO2 realizzato nel suo locale Centro ricerche, inaugurandolo nelle scorse settimane alla presenza del ministro all’Ambiente Stefania Prestigiacomo e dell’amministratore delegato della società Fulvio Conti. E last but not least la società sponsorizza, fra l’altro, la squadra di basket cittadina che dal 2010 milita nella massima divisione.
Anche con questa centrale – ma anche con altre grandi fabbriche localizzate nel suo territorio come ad esempio il Siderurgico dell’Ilva a Taranto – una regione del sud come la Puglia contribuisce allo sviluppo dell’intero Paese, offrendo ad esso energia e acciaio.
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