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Progetto Manhattan o Piano Marshall?

Lo sviluppo delle energie rinnovabili nel Mediterraneo è stato oggetto negli ultimi anni di importanti e approfonditi studi. La base concettuale di queste analisi è d’altronde sostanzialmente semplice. Se l’ostacolo maggiore alla diffusione delle energie rinnovabili è la necessità di superfici estese, che non possono però essere sottratte ad altri usi (pena l’insorgere di gravi squilibri, come il rialzo dei prezzi degli alimentari legato alla diffusione di colture per la produzione di biocarburanti), perché non impiegare a tale scopo superfici aride non altrimenti utilizzabili?
Da questa considerazione fondamentale è nato il progetto Archimede dell’Enea, più recentemente il Plan Solaire francese e per ultimo il progetto Desertec, lanciato ufficialmente in Germania nel 2009. Caratteristica comune di questi progetti è l’individuazione di tecnologie e strategie globali per il superamento dell’economia fondata sui combustibili fossili, ovviando così al loro progressivo esaurimento e al rapido innalzamento della temperatura media del pianeta dovuto all’emissione di gas di combustione. Il carattere globale di questi studi è sottolineato sia dalla possibilità di trasportare l’energia dalla regione di produzione (le zone aride dell’Africa settentrionale) alle regioni europee, sia dalla necessità di un intervento attivo di governi e diplomazie per dare vita agli opportuni strumenti legislativi e alle necessarie garanzie internazionali per gli elevati investimenti. Una strategia simile quindi a quella attualmente posta in atto per la fusione nucleare (Iter) e che il prof. Rubbia ha efficacemente riassunto nella formula di un nuovo Progetto Manhattan, in analogia con il progetto americano sull’energia atomica.
 
I ritardi e le incertezze di questi progetti appaiono legati a due fattori: gli imponenti investimenti necessari per il trasporto dell’energia elettrica su scala continentale e l’inevitabile dipendenza economica e politica che ne conseguirebbe. Se infatti il venir meno di una particolare fonte di approvvigionamento di combustibili fossili può essere compensato con l’accresciuto ricorso ad altri mercati, ciò non sarebbe ovviamente possibile se la rete di distribuzione dell’elettricità fosse collegata a centrali poste fuori dai confini nazionali.
Se a livello europeo la strategia energetica per il prossimo futuro sarà quindi ancora legata a un mix ottimale di combustibili fossili e fissili e di fonti rinnovabili, più favorevole per lo sviluppo di queste ultime appare la situazione nei singoli Paesi della cosiddetta area Mena (Middle east-north Africa). La drammatica crisi sociale e politica che ha investito questi Paesi, congiuntamente alle crescenti difficoltà economiche e all’esplosione demografica in atto, costituisce un grave pericolo per la stabilità dell’intero bacino del Mediterraneo. Tale minaccia potrà essere affrontata con una politica di sviluppo a cui tutti i Paesi dell’Europa dovranno contribuire: un vero e proprio Piano Marshall per la sponda sud del Mediterraneo, come recentemente suggerito dalla delegazione italiana al Congresso dei Popolari europei.
 
Ogni rapida fase di sviluppo è stata caratterizzata, nel passato, dalla disponibilità di abbondanti fonti di energia: carbone in Gran Bretagna, Stati Uniti, Francia e Germania, energia idroelettrica in Italia e in altri Paesi alpini e nordici, petrolio e gas naturale per i Paesi di recente industrializzazione. Inoltre il fabbisogno energetico dei Paesi dell’area Mena crescerà verosimilmente a un ritmo più elevato rispetto ai processi di industrializzazione del passato per la contemporanea necessità di garantire l’approvvigionamento idrico a scopi industriali e civili per una popolazione in rapida crescita. Di fronte a fenomeni di progressiva diminuzione delle portate di acque superficiali (per esempio il Nilo) e delle falde sotterranee alimentate da acque piovane e all’incertezza della disponibilità nel tempo delle acque di falda geologica, l’unica alternativa appare la dissalazione dell’acqua marina, processo quest’ultimo che richiede elevati consumi di energia.
In quest’ambito lo sviluppo di fonti rinnovabili appare politicamente conveniente ed economicamente fattibile.
Se infatti questa fase di sviluppo fosse affidata interamente all’impiego di energia da combustibili fossili, i relativi consumi vanificherebbero in gran parte i risparmi nelle emissioni di gas ad effetto serra dei Paesi europei e produrrebbero un incremento dei prezzi tale da rendere più competitive le fonti rinnovabili. Se, ad esempio, la produzione di gas di combustione pro-capite nel solo Egitto raggiungesse l’equivalente valore dell’Arabia Saudita, la produzione complessiva egiziana sarebbe superiore a quella del Giappone. D’altronde, il valore di break-even per la convenienza dell’energia solare è stimato in un incremento del 100% dell’attuale prezzo dei combustibili fossili: tale incremento è previsto dal Dipartimento americano dell’Energia per il 2035, ma potrebbe essere fortemente anticipato se il consumo pro-capite crescesse sensibilmente.
 
Non appare d’altronde ragionevole la diffusione di tecnologie nucleari in regioni caratterizzate da instabilità sociali crescenti e possibili prede di estremismi politici.
Anche senza gli ambiziosi progetti di trasporto ed immagazzinamento dell’energia a livello continentale, gli investimenti per un forte sviluppo delle fonti rinnovabili nei singoli Paesi dell’area Mena sarebbero cospicui. Sarà così inevitabile, oltre a ricercare finanziamenti da parte delle Banche internazionali di sviluppo e di investimento, prevedere forme di project financing, opportunamente garantito da accordi internazionali, per le imprese disposte ad affrontare questa sfida. Le imprese italiane hanno la competenza imprenditoriale e tecnologica per competere con successo in questo mercato. Come ha recentemente affermato il presidente di Enel Piero Gnudi, le imprese italiane vogliono essere presenti, ma dovranno essere guidate ed assistite dall’intero sistema-Paese.
Risiede probabilmente proprio in questo cambio di paradigma (da Progetto Manhattan a Piano Marshall) il futuro delle fonti di energia rinnovabile nel Mediterraneo.
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