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Patroni d’Italia, alla Biennale

Paolo Consorti ha scelto di impegnarsi, se pur in modo surreale, “arruolando” nientepopodimeno che i due Patroni d’Italia: San Francesco e Santa Caterina.
Non sono un esperto di iconografia religiosa e neppure di mondo cattolico, anche se, in tempi non sospetti, ho insistito moltissimo perché la Biennale si dotasse di un padiglione vaticano; io sono stato un docente di Storia contemporanea e ho attraversato il secolo passato insieme con molti artisti che allora avevano scelto l’arte come militanza.
Oggi non è più così, e Consorti, con il suo tratto (perché proviene dalla pittura-pittura), invece riesce a farci ricordare che non si può più scherzare e che solo attraverso grandi figure e grandi esempi (i santi) è possibile tentare di recuperare il danno fatto da tanti anni di cattiva gestione della cosa pubblica.
 
Permettetemi a questo proposito un’autocitazione da un mio testo del 1994 sulla condizione del nostro Paese: «… Si dirà che gli italiani possiedono una capacità straordinaria di adattarsi alle difficoltà. Ma la capacità italiana di arrangiarsi sconfina spesso nella stupidità. Nelle società sviluppate dell’epoca tecnologica ogni individuo e ogni impresa non possono più operare autarchicamente e anarchicamente. Debbono invece integrarsi in grandi sistemi efficienti, fondarsi su servizi pubblici funzionanti, su una giustizia civile e penale capace di operare con rapidità, e su una imposizione fiscale la quale, come diceva già Machiavelli, non dovrebbe mai essere così elevata da scoraggiare le imprese. Per decenni invece la grande massa degli italiani si è adattata al disordine, all’inefficienza, alle tasse e alle follie della repubblica con stolta pazienza e magari con altrettanto stolta furbizia. Interrogarsi sulla storia degli ultimi decenni potrebbe aiutare a riflettere e a correggersi. Ma gli italiani possiedono una inveterata vocazione a storicizzare tutto e quindi a dire che tutto ebbe in passato una sua ragione di essere… ». Continuavo così nel mio Dieci perché sulla Repubblica: «… La grande maggioranza degli abitanti della penisola è abituata da tempo immemorabile a farsi assolvere dai confessori o ad autoassolversi senza rimorsi… ». I nostri due Patroni non assolvono, anzi… fustigano! Come ha scritto Nobécourt, “quasi tutti gli italiani, voltano pagina con un sangue freddo al limite dell’indifferenza”. Io spero e credo che sia finito quel tempo.
 
Tutti dobbiamo fare i conti con la nostra storia e ancor di più gli italiani, in particolare quest’anno, che vuole essere l’occasione per ricordare la nascita del nostro Paese; ma i conti si fanno se si riconoscono le verità e le ragioni dell’altro e se si comprendono le necessità del prossimo.
Attraverso il suo lavoro, Consorti racconta la necessità di un ritorno alla considerazione del prossimo, e come diceva il sommo Dante Alighieri: «La prossimitade e la bontade sono cagioni d’amore generative». Per questo motivo, mi è tanto piaciuto il progetto Rebellio Patroni che ho deciso di segnalarlo ai curatori del padiglione italiano in occasione della edizione numero 54 della Biennale d’arte.
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