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Una moda che non tramonta mai

Arte Contemporanea? Fu vera gloria?
Ai poster l’ardua sentenza. Così si potrebbe chiudere rapidamente la discussione sull’arte contemporanea. Moda o vero interesse? Domanda inutile. Bernini era di moda ai suoi tempi così come ad un certo punto lo fu Caravaggio e anche Mantegna. L’arte esprime sempre il proprio tempo e quindi è sempre un po’ di moda. Oggi con la fotta di fare comunicazione, con la peste della rassegna stampa si ha la sensazione che l’arte fatta e consumata dai nostri contemporanei sia solo una questione di moda. Certo se un tempo la competizione era fra duchi, re e papi, oggi si è spostata un po’ più in basso. Stilisti, imprenditori, calciatori e attori fanno a gara a chi ne sa di meno di arte contemporanea, acquistando artisti più gettonati dalla cronaca nerastra che dalla storia dell’arte. Stimola l’interesse dell’ignoramus un tizio come Bansky, artista da strada che rompe le tasche con la storia di voler rimanere anonimo, oppure tutti vorrebbero un Vik Muniz perché è capace di rifarti l’autoritratto di Rembrant usando i mozziconi di sigarette. Questi fenomeni del gusto sono moda ma non hanno nulla a che fare con la ricerca artistica, con i contenuti e la qualità dell’arte a volte molto incomprensibile, ma spesso non compresa per partito preso o perché presa in antipatia o in simpatia da un partito. Oggi tutto ha la vita di una falena, poche ore, poche apparizioni televisive, poche pagine culturali e si diventa di moda. Poi finito il passaggio sui media si torna a diventare mediocri, insignificanti, inutili. Ma la colpa non è dell’arte ma di chi dell’arte, contemporanea o meno, non interessa nulla. Allora se ci interessa poco in generale della cultura, tutto è moda, compresa l’arte contemporanea che alle aste fa milioni di dollari con nostra crescente e snervata sorpresa. Ma l’arte è sempre stata la cosa più utile delle cose inutili. Se fosse moda sarebbe una moda molto duratura visto che noi umani da qualche milione di anni continuiamo a produrre arte per un motivo o per un altro.
 
Non c’è attività umana che sia durata più a lungo nella storia dell’umanità. Un motivo ci deve pur essere se da sempre l’essere umano si spreme il cervello per creare delle rappresentazioni, più o meno riuscite, delle proprie idee e del mondo che gli sta attorno. Ai poster, intesi come manifesti, l’ardua sentenza.
Nel senso la moda dell’arte dipende ahimé anche dalla moda della sua comunicazione, spesso superficiale, spesso truffaldina, spesso fuorviante. “Il bicchiere all’epoca di Caravaggio” ed ecco la mostra che sbanca la povera amministrazione pubblica anche se poi ci sono molti bicchieri e pochi Caravaggio.
Mentre ecco davanti al poster con “Rudolf Stingel 1987-2010”, famosissimo oltreoceano ma non di cassetta come Botero, il potenziale visitatore storce il naso e si chiede: «Ma ne hanno mai parlato a Che tempo che fa?». Siccome probabilmente non lo hanno fatto la mostra fa poco “pubblico” deludendo l’assessore di turno che non essendo stato derubato si sente preso in giro dalla qualità della mostra. Troppo per addetti ai lavori. Che poi non si capisce chi siano davvero questi addetti.
L’arte è il sale della vita più che il trend. Se il trend perde la comunicazione è finito. Se l’arte continua a parlare della vita rimane sempre saporita e salata.
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