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Benchmark Uk. La triste distanza italiana

Nonostante Italia e Regno Unito presentino dati macroeconomici abbastanza simili, i due Paesi sono chiamati a perseguire strategie di crescita differenti che riflettano le differenze strutturali che li caratterizzano a livello di tessuto industriale, d’infrastrutture, di cultura, che derivano dall’adozione di policy differenti, di differenti stili di governo e di gestione dell’economia a livello pubblico e privato. Avere chiara la strategia di crescita è fondamentale al fine di far tornare a crescere l’economia.
Per farlo, è essenzialmente possibile far leva sui seguenti fattori: debito pubblico; qualità del capitale umano; qualità delle infrastrutture a livello hard e soft (ad esempio, la giustizia); innovazione; qualità dei processi decisionali e delle regole; mobilitazione su una vision ed economia partecipativa.
 
È chiaro, all’interno di economie sviluppate come Italia e Regno Unito, il debito pubblico non può più essere l’elemento trainante per la crescita economica, come è accaduto nell’ultimo decennio. È quindi necessario puntare su altre leve, principalmente sugli ultimi tre fattori appena elencati.
Si è largamente discusso sul tema della qualità del capitale umano e delle infrastrutture. È infatti risaputo che il potenziale del capitale umano dipende strettamente dalla qualità del sistema scolastico. Tuttavia, sarebbe appropriato riflettere più approfonditamente sulla qualità delle infrastrutture. Principalmente sul fatto che delle infrastrutture inadeguate e inefficienti potrebbero essere la conseguenza di una carenza in termini di nuovi investimenti a sua volta determinata dalla difficoltà ad accedere al finanziamento. Per questo andrebbero ridiscussi i sistemi concessori e le privatizzazioni.
 
Innovazione
Relativamente al tema dell’innovazione, la sfera dell’energia risulta essere quella con un maggiore impatto. Il focus sarà sul risparmio energetico da un lato e sull’impiego di energie alternative dall’altro. Il tema del risparmio energetico rappresenta una priorità. Infatti, a fronte dell’accesso all’energia, che sarà essenzialmente tradizionale, di miliardi di persone che oggi vivono senza di essa, non si potrà mantenere un equilibrio ambientale se non con forti risparmi delle economie sviluppate.
L’alternativa di richiedere ai Paesi in via di sviluppo di utilizzare fonti alternative, ma tendenzialmente molto più costose, sarebbe profondamente iniquo. Saranno possibili salti tecnologici e forti recuperi di efficienza nell’uso delle tecnologie informatiche nell’ambito della ricerca e delle amministrazioni pubbliche, mentre andrebbe aperto il dibattito sull’impatto che potrebbe avere sulla crescita una più ampia diffusione della banda larga.
 
Sistema di regole e competitività
L’attenzione va poi posta sulla qualità delle regole per la competitività, e in particolare, sarebbe necessario aprire una riflessione sul fatto che oggi persone, beni e servizi sono molto più mobili di quanto non lo fossero nel passato, mentre regole e qualità della vita sono rimaste locali. Capire come conciliare questi due elementi è fondamentale. Per esempio come devono cambiare le norme sul lavoro, le strutture dei mercati, le infrastrutture per mantenere competitività sono tutti elementi che vanno discussi. Si può avere, per alcuni di questi cambiamenti, un costo politico alto, ma un costo economico molto basso. Come sappiamo l’apertura al cambiamento, ad esempio alle regole e alla mobilità sul mercato del lavoro, è maggiore nel Regno Unito di quanto non lo sia in Italia.
 
Economia partecipativa
Un ultimo tema da trattare è particolarmente “soft”, ma in qualsiasi organizzazione, e un Pae-se è una grande organizzazione, questo aspetto risulta rilevante. Si tratta di come mobilitare le energie per far crescere la volontà di sentirsi parte di un progetto nel quale il contributo individuale di ognuno di noi è importante. Come far ripartire il desiderio di intraprendere, in particolare nei giovani. Oggi il senso del bene comune e del contributo individuale alla crescita collettiva sono molto bassi. In parte si tratta di un elemento culturale, ma per lo più questo è dovuto all’assenza di un progetto Paese, che oggi il governo Cameron propone in parte con la “big society”, ma che in Italia sembra essere totalmente assente. Senza questa progettualità è impossibile ricercare quella volontà che può fare accettare anche tagli di bilancio, ma che stimola ad agire per ripartire.
 
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