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Nel mondo molti governi sia nazionali sia locali, da Cleveland ad Atene, sono sull’orlo del fallimento. Sono 14 milioni gli americani senza lavoro e c’è solo un posto di lavoro disponibile su cinque persone che lo richiedono. Nel contempo gli utili delle 500 più grandi aziende degli Stati Uniti sono aumentati l’anno scorso dell’81%. Il 5% più ricco della popolazione si divide il 63% della ricchezza nazionale. Al di là della disponibilità di denaro che pure è abbastanza carente, sussistono delle gravi difficoltà a fornire servizi essenziali alla popolazione nei tempi richiesti.
I nostri partiti litigano fra loro però, come un proverbio che dice “Nerone suona la lira mentre Roma brucia”. Noi parliamo tanto di democrazia però alla fine ci troviamo con un sistema politico litigioso, non rilassato e che non funziona. Winston Churchill diceva sempre che la democrazia è la peggiore forma di governo a parte tutti gli altri. Ma certamente la nostra democrazia potrebbe funzionare meglio. Siamo abituati a pensare di avere solo due opzioni, o tagliare i servizi o aumentare le tasse.
 
L’innovazione, le nuove tecnologie nel governo rappresentano forse l’unica vera alternativa perché riescono a ridurre i costi del governo rendendo nel contempo la democrazia più forte. L’open government cambia proprio il modo di operare, cambia il funzionamento delle istituzioni, riesce a metterle in contatto con tutte le idee più innovative che circolano in rete.
Questo sistema, Peer to patent, è funzionante negli Stati Uniti, in Giappone, in Australia e in Gran Bretagna. È ancora a livello sperimentale ma ha dimostrato a tutti gli effetti di funzionare. In questo modo la rete ci aiuta a rendere l’istituzione più efficace, mette in collegamento il cittadino con il governo, cittadini entusiasti, competenti, che vogliono darsi da fare. Oltretutto questo favorisce moltissimo la trasparenza perché c’è più gente coinvolta, più gente che guarda e quindi si riduce la corruzione e si migliora la qualità della soluzione dei problemi.
 
Al giorno d’oggi, le istituzioni pubbliche molto spesso non riescono a soddisfare le esigenze di un mondo che cammina sempre più rapidamente, un’economia che ha bisogno di informazioni istantanee e questo accade perché c’è una tendenza errata a pensare che l’amministrazione o il governo abbiano comunque la risposta giusta.
Uno psicologo, Miller Tatlock ha effettuato lunghi studi sulla matematica delle previsioni e questi studi hanno dato come esito il fatto che i politici, gli amministratori hanno altrettante probabilità di prendere la decisione giusta quanto le scimmie. Anche perché non esiste quella che si può definire la decisione giusta, quello che bisogna fare è cercare di innovare, sperimentare, delle volte riuscire, delle volte fallire e ricominciare da capo.
 
L’iniziativa open government è nata proprio così, sulla base di questa idea e ora è diventata un movimento possente, le origini le troviamo nella campagna presidenziale dell’allora senatore Obama, allora mettemmo 6mila persone con mezzi tecnologici molto semplici per cercare di individuare le policy che avrebbero potuto essere più efficaci per far eleggere Obama. A quel punto, nel periodo fra le elezioni e l’entrata in carica vera e propria di Obama abbiamo messo su un team che ha cercato di capire quali fossero le modalità migliori da adottare per rinnovare effettivamente il governo e la prima azione di Obama quando è diventato presidente è stata quella di firmare questo progetto della trasparenza per il governo.
 
In questo primo atto firmato da Obama, si sottolineavano tre cose fondamentalmente: la trasparenza, la collaborazione e la partecipazione, dopo di che è iniziata una indagine a tappeto fra persone normali, fra dipendenti pubblici chiedendo idee che potessero essere utili per trasformare la cultura del governo. È stata la prima volta che la Casa Bianca si è rivolta non ai grandi capi, ma si è rivolta ai dipendenti, alle persone normali, che vivevano e lavoravano lì per avere delle idee. Dopo di che questa stessa iniziativa è stata presa dai singoli ministeri, dalle singole agenzie perché l’intenzione non era quella di avere la Casa Bianca che inaugura una politica che poi dall’alto in basso permea questa organizzazione, ma dare dei principi di massima dal basso in alto che ciascun ministero, ciascuna agenzia potesse sviluppare a modo suo.
 
Non solo abbiamo sviluppato questa policy ma abbiamo creato anche delle piattaforme, dei siti web, due in particolare, data.gov, proprio un sito dove le varie amministrazioni inseriscono le loro informazioni, le rendono più trasparenti e dove le rendono disponibili al pubblico soprattutto e un altro sito, challenge.gov, in cui quando un’istituzione dell’amministrazione ha un problema, non sa bene come risolverlo, lo lancia ai cittadini chiedendo suggerimenti.
Questo movimento per aprire, rendere trasparente il governo ha come obiettivo non solo quello di rendere il governo stesso e la burocrazia più snelli, ma anche di rendere la democrazia più forte.
 
In questa era tecnologica per essere un cittadino compiuto non basta votare una volta l’anno o quando sia. Clay Shirky, un esperto di tecnologia, parla di “surplus cognitivo”, nel senso che ognuno di noi se dedicasse l’1% del tempo che passa davanti alla tv a scrivere qualche riga di Wikipedia, la sua vita sarebbe molto più creativa e le conoscenze di tutti ne sarebbero migliorate. Io invece parlo di un “surplus civico” nel senso che ciascuno di noi ha una sua specificità, una sua esperienza, delle proprie cognizioni e metterle a disposizione degli altri è una cosa che non può fare altro che bene.
Come diceva Thomas Jefferson: «Ogni cittadino si deve sentire membro a pieno titolo del governo, solo così si potrà creare un attaccamento reale all’indipendenza e alla costituzione del proprio Paese».
 
Estratto dal discorso al Convegno Democrazia aperta e governo wiki di Zefiro, Fondazione per l’Europa del Mediterraneo, per gentile concessione degli organizzatori
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