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Un’occasione per rovesciare la piramide

«Anche laddove vige il suffragio universale, il popolo non può comunque esprimere la propria volontà. E non può esprimerla perché una simile volontà collettiva di tutto un popolo, di milioni di persone non può esistere, e perché anche se esistesse una maggioranza di voti non potrebbe comunque esprimerla pienamente». Così scriveva Tolstoj nel 1905 descrivendo i sintomi della rivoluzione che si stava svolgendo in quegli anni.
 
Passato un secolo da una rivoluzione se ne presenta un’altra. Quello che per Tolstoj era un inganno e una cosa impossibile diviene possibile se riusciamo a raggiungere l’obiettivo di rovesciare la piramide dei processi decisionali, mutando i concetti espressi da Peter F. Drucker (1988) sui modelli decisionali. Questo significa porre la classe dirigente del Paese a supporto e al servizio delle persone e non la gente al loro servizio. Per poter operare in modo efficace occorre entrare definitivamente nell’ordine di idee di “rovesciare la piramide” del processo. Chi stava alla base della vecchia piramide – le persone interessate dall’intervento – si ritrova in alto, per esprimere bisogni e desideri ed esercitare consapevolmente il ruolo di partecipazione e indirizzo e ottenere così soddisfazione delle proprie esigenze. Al contrario, il committente – specie se pubblico – e gli esperti si situano in basso per realizzare interventi secondo i desiderata e sotto il controllo dei destinatari, in un processo e sulla base di un’organizzazione che sono altrettanto basilari quanto gli obiettivi e i contenuti.
 
La democrazia di oggi deve quindi, conseguentemente, divenire @democracy, anche se ci sono tre enormi macigni che impediscono di rovesciare la piramide e che devono e possono essere rimossi.
Se ciò è vero in generale lo è ancora di più e ancora più urgentemente per il sistema delle imprese. In Italia esso è caratterizzato da un’altissima percentuale di micro e piccole imprese sotto i 10 addetti (96% degli oltre 6 milioni e 100mila) ed ha ancora notevoli margini di sviluppo se lo supportiamo a integrarsi fisicamente e culturalmente alla “rete”. I dati che raccogliamo con il rapporto “e.gov impresa” e quello che emerge da altre statistiche affermano che:
– la cultura telematica è poco diffusa: solo il 30% delle imprese si avvale dei servizi on-line della Pa (non ne comprendono l’utilità, sono difficili da usare, non sono abituati a Internet) e comunque lamentano una scarsità di informazione;
– diversa la situazione per le medie e grandi aziende (il 4% del totale) dove l’Istat nel Rapporto 2010 riporta che le percentuali di uso sono prossime al 90%;
– l’uso di Internet delle imprese è nella media Ue, ma il fatturato del commercio elettronico è solo del 5% contro il 14% della media Ue;
– a fornire più informazioni on-line (18.878) sono soprattutto le Province e i Comuni, con più del 50% del totale dei contributi (28.322). Gli stessi enti detengono il primato dei moduli distribuiti on-line (90%, 7.323 moduli);
– per i servizi in rete la situazione cambia: il 40% dei servizi on-line è offerto dalle Camere di commercio, seguite da Province e Comuni;
– tra il 2005 e il 2009-10, l’offerta di informazioni, moduli e servizi on-line è cresciuta del 60%, in particolare l’informazione (+78%) e i servizi on-line (+440%).
 
Un quadro non molto confortevole che può però divenire una grande opportunità – visto che peraltro Cisco ipotizza un aumento del traffico on-line da qui al 2014 del 230% – se si rimuovono almeno i tre macigni di cui accennavo sopra:
1 la scarsa conoscenza delle capacità e potenzialità di Internet delle famiglie e delle micro e piccole imprese;
2 l’ignoranza e la difficoltà di comprendere i vantaggi della partecipazione e dell’essere in rete tra persone e imprese e istituzioni per crescere di più e meglio;
3 l’età e il genere di chi ci governa. Le percentuali di uso di Internet per età ci dicono che dopo i 50 anni l’indice crolla sotto il 40%, ma l’età media di chi governa è di 57 anni (su una statistica delle 103 cariche principali del Paese ci sono solo 9 donne con un’età media di 43 anni).
Non è facile, ma ci sono alcune cose che si possono fare per iniziare e dare un contributo:
open government significa collaborazione in rete tra le Pubbliche amministrazioni nazionali e locali per dare alle imprese le informazioni, i dati e i servizi con il minimo della spesa e il massimo del comfort.
 
Le Camere di commercio stanno facendo cose importanti in questo senso come il portale impresainungiorno.gov.it; “ciao impresa” 400mila imprese in un data base di customer relathionship management; il portale turismo della Puglia progettato e realizzato insieme con la Regione (migliore portale italiano premiato tre volte); un portale sperimentale (già collaudato a Lecco e in Basilicata) dove l’impresa può trovare tutti i servizi e le info on-line date da tutta la Pa italiana e internazionale, secondo le sue esigenze a prescindere da chi le fornisce e dove sta. Si può e di deve fare molto di più, ma insieme.
La Pa deve mettere on-line i dati grezzi, affinché ogni impresa, ma anche ogni ricercatore universitario, ogni aspirante imprenditore possa elaborarli come meglio crede, interrelandoli secondo le proprie intuizioni e la propria creatività. Ancora troppi Pdf, ancora troppo tempo perso per cercarli. Le Camere di commercio hanno il registro di tutte le imprese on-line con tutti i bilanci, così come i dati economici del Centro studi Unioncamere, degli occupati (Excelsior). Stiamo inoltre progettando una piattaforma dove ogni impresa (iniziando dalle 400mila che già sono in “ciao impresa”) potrà interagire con le Camere di commercio e con le altre imprese direttamente per vendere, comprare, fare alleanze di rete e di filiera per andare sui mercati, ecc. ma anche con la ricerca – con il Cnr – per chiedere supporto e innovazione.
 
E.partecipation, ovvero smentire Tolstoj e rovesciare la piramide. Piattaforme unitarie per monitorare giornalmente bisogni e progetti settoriali e specialistici del sistema delle imprese. Significa aprire al social enterprise network, e realizzare una piattaforma on-line “per l’impresa tutto il giorno” dove proporre, raccogliere proposte e istanze e poter così correggere la rotta verso quello che serve a loro. L’investimento è minimale (due-tre decine di milioni di euro), ma la redditività è certamente a tre cifre. Dentro la Pa c’è la competenza e la capacità di innovazione per fare questo e molto altro. Basta cercarle.
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