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Se la religione fa terrore

La distruzione delle Twin towers l’11 settembre del 2001 viene vista da molti analisti come l’inizio di una nuova fase nell’evoluzione del terrorismo moderno. Con l’attacco di al Qaeda al World trade center si manifestò in maniera spettacolare un nuovo tipo di minaccia terroristica: il terrorismo religioso, un fenomeno molto diverso rispetto ai terrorismi politici “classici” (vale a dire i terrorismi rivoluzionari di sinistra e di destra, nonché a quelli di matrice etnico-nazionalista ed etnico-separatista).

I nuovi terroristi religiosi non sono esclusivamente di matrice radicale islamica. Nell’attuale scenario internazionale sono attivi gruppi eversivi che si ispirano a correnti fondamentaliste cristiane, ebraiche, induiste, buddiste e sikh, nonché a determinate sette religiose apocalittiche. I militanti di tali organizzazioni percepiscono la violenza terroristica (anche quella che provoca un grande numero di vittime innocenti) come un atto sacramentale, teso a perseguire i più elevati valori morali e spirituali.

L’era del moderno “terrorismo sacro” non inizia con l’attacco al World trade center di New York, ma circa due decenni prima, all’inizio degli anni ‘80. Per buona parte del XX secolo i movimenti terroristici, sia in occidente sia nel mondo non-occidentale, erano prevalentemente di tipo laico e secolarizzato. La rivoluzione islamica in Iran nel 1979 diede un primo significativo impulso all’emergere di movimenti eversivi d’ispirazione religiosa nel mondo islamico. Successivamente, si assiste al riemergere di movimenti estremisti violenti anche nell’ambito di altre tradizioni religiose. Tra questi vanno menzionati, ad esempio, il Christian white supremacist movement negli Stati Uniti, i movimenti estremisti ebrei ispirati al pensiero del rabbino Meir Kahane in Israele, i terroristi indù e i gruppi militanti sikh in India e infine i gruppi buddisti violenti nello Sri Lanka.

Gli anni ‘90 sono caratterizzati da una forte espansione, in diversi contesti religiosi e aree geografiche, del terrorismo sacro. Tra le azioni terroristiche perpetrate da militanti religiosi vanno ricordate, ad esempio, le seguenti: l’attentato di matrice radicale islamica contro il World trade center (1993); l’attacco con l’impiego di gas nervino nella metropolitana di Tokio compiuto dalla setta apocalittica giapponese Aum shinrikyo (marzo 1995); l’attentato di Oklahoma City, eseguito da Timothy McVeigh, un veterano dell’esercito americano profondamente influenzato dal movimento cristiano estremista Christian identity (aprile 1995); l’assassinio del primo ministro israeliano Yitzhak Rabin per mano di un estremista religioso ebreo (novembre 1995); l’ondata di attentati suicidi perpetrati da Hamas e dalla Jihad islamica palestinese che insanguinò Israele nel 1996.

Nonostante la diffusione a livello globale di fenomeni di fanatismo religioso violento negli anni ‘90, la maggior parte di studiosi ed esperti occidentali di terrorismo non comprese che si stava profilando un nuovo tipo di minaccia terroristica, ancor più distruttiva e destabilizzante di quella rappresentata dalle organizzazioni terroristiche tradizionali, come le Brigate rosse, l’Ira e l’Eta. Solo alcuni studiosi – come ad esempio Bruce Hoffman, David Rapoport, Mark Jurgensmeyer, e Walter Laqueur – capirono che era in corso una profonda trasformazione della mentalità terrorista. Essi sottolinearono che il nuovo terrorismo aveva ancora meno remore morali a praticare la violenza e che non era escluso il tentativo di utilizzare armi di distruzione di massa (nucleari, chimiche o biologiche).

La mentalità del nuovo terrorista religioso si può caratterizzare con i seguenti tratti distintivi: a) ai suoi occhi l’attività terroristica non è solo uno strumento di lotta politica ma un dovere religioso e l’esecuzione della volontà di Dio; b) egli percepisce la società secolarizzata come una terribile minaccia alla fede e all’identità della propria tradizione religiosa, e il ricorso alla violenza viene visto come azione prettamente difensiva nei confronti di tale minaccia; c) nella sua visione del mondo il concetto di “nemico” è molto esteso e tende ad abbracciare non solo le élites politiche ed economiche “miscredenti”, ma anche settori più ampi delle società, percepiti come inquinati e corrotti dalla modernità; d) l’obiettivo finale dei terroristi è di annientare il nemico, e non solo di terrorizzarlo per costringerlo a cambiare politica o fare concessioni (ad esempio il fine che si propongono i militanti di al Qaeda è di distruggere il grande Satana, identificato con l’America, massima potenza della empia civiltà occidentale, materialistica e senza Dio).

Uno dei più importanti fattori che spiegano il riemergere sulla scena internazionale del terrorismo sacro è l’espansione dei fondamentalismi all’interno di quasi tutte le tradizioni religiose, una macro-tendenza a livello globale iniziata negli anni ‘70 e tuttora in corso. Tutti i fondamentalisti si sentono profondamente minacciati dalla modernità e dalle élites laiche e secolarizzate che dominano le società moderne, alle quali si attribuisce l’intenzione di annichilire e sradicare la religione. Non tutti i movimenti fondamentalisti sono violenti, ma quando diventa particolarmente intensa la loro percezione di minaccia proveniente dal mondo secolarizzato essi possono facilmente decidere di ricorrere al terrorismo per combattere i “poteri dell’oscurità”.

La minaccia del nuovo terrorismo religioso non sembra pertanto destinata ad attenuarsi nei prossimi anni, e per fronteggiare efficacemente la sfida sarà necessario elaborare nuove strategie di controterrorismo e nuovi modelli di analisi e interpretazione dei fenomeni terroristici.

Luigi Sergio Germani
Direttore del Centro Studi “Gino Germani”, Link Campus University

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