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Concorrenza – Le parole che disincantano il mondo – 2

Nel dibattito sulla abolizione del valore legale dei titoli di studio, si è detto che avrebbe instaurato una concorrenza virtuosa tra le università incentivandole a migliorare le rispettive performance. Applicata all´università, (una volta)considerata il Tempio del sapere, la concorrenza è stata, così, consacrata a principio ordinatore della società (forse, è il caso di ricordare che per Confindustria – me ne sono occupato in uno dei primi post – lo studente è un “consumatore di formazione”…sic!). E dire che, sino agli anni ’80, si discuteva della sua applicazione al mercato. In poco più di trent’anni si è imposta anche alla società, tanto che i più critici qualificano quella in cui viviamo come la “società di mercato”. La concorrenza  ha meriti innumerevoli. Sarebbe una follia disconoscerli. Mi preoccupa, però, la sua celebrazione. E’ divenuta un dogma. Tra gli articoli di fede c’è quello per cui la concorrenza selezionerebbe i “migliori”. Ho qualche dubbio (e, ovviamente, non sono il solo). La concorrenza seleziona il più “adatto” (alla sopravvivenza) e il più adatto non sempre è il migliore. Quanti prodotti che esprimevano il miglior rapporto prezzo/qualità non hanno mai visto la luce o sono stati rapidamente estromessi dal mercato perché lanciati da imprenditori che non erano in grado di accedere alla grande distribuzione o che non potevano permettersi le campagne pubblicitarie promosse dai competitor? E, così, vengo ad un altro mito: quello per cui la concorrenza garantisce pari diritti. Nelle gare di corsa, gli atleti partono da postazioni diverse quando la pista è curva. Nel libero mercato, però, tutti hanno diritto di accesso ma senza garanzia di parità di condizioni. Ecco perché la concorrenza non seleziona il migliore ma il più adatto. La concorrenza è darwinista. E’ la forza a prevalere, non la qualità.  Perché possa prevalere la qualità è necessario possedere la capacità di reggere nel tempo. E sono pochi coloro che sono in grado di resistere sul mercato in attesa che i consumatori si rendano conto della qualità del loro prodotto. Nella maggior parte dei casi, il piccolo e ingegnoso imprenditore arriva sul mercato già stressato dal punto di vista economico: ideare e realizzare prodotti di qualità ha alti costi. E, se si scende in pista con il fiato corto, non c’è gara. Ben venga allora la concorrenza, ma come in atletica è necessario prima predisporre un quadro istituzionale che garantisca la selezione del migliore. Altrimenti è darwinismo sociale. (aml).
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