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Geni della lampada (cibernetica)

Una certa retorica diffusa tende a sottolineare che i laureati in Filosofia hanno molte più chance lavorative degli altri, persino nelle imprese e nel management. E ciò in quanto la filosofia svilupperebbe qualità come la capacità di visione e la flessibilità che oggi sono particolarmente richieste. Sarà! Fatto sta che i settori tradizionali di sbocco dei laureati in Filosofia, l’insegnamento scolastico e la ricerca, sono ormai fermi nell’accesso da diversi anni. E chi oggi si iscrive a una facoltà o a un corso di laurea di questo tipo deve comunque mettere in conto che le cose non cambieranno prevedibilmente nei prossimi anni. Per dirla tutta e togliere ogni equivoco su come la penso, mi sentirei addirittura di suggerire al legislatore la soppressione di facoltà o corsi di laurea specifici nella materia.
 
La filosofia non è infatti una disciplina in senso stretto: non è istituzionalizzabile come lo sono le scienze positive. E si può arrivare a dire, addirittura, senza timore di incorrere in errore, che non esiste propriamente Madame la Philosophie, ma tanti e diversi modi di pensare le questioni di senso da parte dei cosiddetti filosofi. D’altro canto, non solo c’è un momento filosofico in ogni scienza particolare, ma forse più radicalmente si può dire che ogni uomo è filosofo. In questo senso, la
differenza fra l’uomo generico e il cosiddetto filosofo è solo di quantità, cioè di intensità e profondità, e non di qualità. “Un forte avanzamento della cultura filosofica – scriveva già nel 1917 Croce nella Filosofia della pratica– dovrebbe tendere a questo ideale: che tutti gli studiosi delle cose umane, giuristi, economisti,
moralisti, letterati, ossia tutti gli studiosi di cose storiche, diventino consapevoli e disciplinati filosofi; e il filosofo in generale, il purus philosophus, non trovi più luogo tra le specificazioni professionali del sapere. Con la sparizione del filosofo “in generale”, sparirebbe l’ultimo vestigio sociale del teologo o  metafisico e del Buddha o “risvegliato”.
 
Eppure, anche oggi c’è chi continua a laurearsi o a iscriversi a Filosofia, spinto da
una vera e propria vocazione, da un interesse per l’approfondimento di determinate tematiche  che non trova limiti nelle considerazioni generali sulla società o sul mercato del lavoro. I più bravi fra costoro, una volta laureatisi, riescono anche a vincere qualche dottorato. Ma in sostanza, non fanno, in questo
modo, che rimandare di qualche anno il redde rationem con il lavoro. La stessa “protezione” di un professore quotato oggi non è più sufficiente, oltre ad essere eticamente insostenibile quanto non è fondata, come spesso capita, su ragioni di merito. In questa situazione, i giovani, almeno i più bravi e seri fra loro, sembrano aver capito che devono passare ad una fase attiva. E infatti capita sempre più spesso che non chiedano più nulla a nessuno e si facciano “imprenditori di se stessi”, reclamando una voce in capitolo che meritano di avere e che non può essere loro negata. È un’impressione, forse, ma ultimamente mi è dato incontrare sempre più giovani non ancora trentenni preparatissimi che si autoorganizzano, creano riviste, case editrici, specializzazioni professionali legate ai loro studi (penso anche al discorso, che pure andrebbe approfondito, della cosiddetta “consulenza filosofica”). In una parola, con una espressione un po’ brutta ma che rende l’idea, si “mettono sul mercato”.
 
E si accreditano con “prodotti” che non hanno nulla da invidiare a quelli dei senior,
dei filosofi affermati. Faccio solo un paio di esempi fra quelli che mi sono capitati più a tiro di naso. Comincio da un nutrito gruppo di dottorandi de La Sapienza che si sono uniti attorno a una associazione culturale denominata “Ex nihilo”, che pubblica, fra l’altro, una rivista on-line di filosofia molto ben fatta: (www.losguardo.net). Assomiglia molto a una tradizionale rivista cartacea, con impaginazione e numerazione classiche, ed è fatta di numeri monografici quadrimestrali.
 
È organizzata con competenza e ospita i contributi dei più accreditati esperti sui temi di volta in volta affrontati: dopo un numero su Aristotele e un altro sul “sapere barocco”, a ottobre ne è uscito uno su “Liberalismo e democrazia”. Per presentarlo, i giovani redattori hanno organizzato una giornata di studi romana che ha avuto prestigiose adesioni e un discreto riscontro sui mezzi di comunicazione.
Il tutto nello spirito pluralistico, sia di metodo sia di ispirazione, che è proprio
della rivista.
 
Nasce all’Università di Roma Tre invece un’altra encomiabile e originale iniziativa,
che fa capo a un gruppo di giovani studiosi di filosofia politica e che prende nome da un noto libro di Bobbio Maestri e compagni. Dopo aver postato con inatteso successo su Facebook e sul canale Youtube lunghe e impegnative videointerviste da loro stessi realizzate, questo gruppo ha ora messo mano a un impegnativo progetto di enciclopedia filosofica.  Filosofi affermati come Marramao, Esposito, Bedeschi, Marzano, sono stati coinvolti e l’opera che ne sta venendo fuori, disponibile gratuitamente in rete, comincia a segnalarsi come un importante strumento di introduzione alle tematiche filosofiche. Sul pensiero di Marx è intervenuto, ad esempio, Diego Fusaro, il quale può essere considerato un geniale precursore di questo tipo di iniziative, avendo creato una decina di anni fa, non ancora ventenne, il sito www.filosofico.
 
net, una sorta di wikipedia filosofica che è oggi in rete un punto di riferimento affidabile e credibile per la filosofia. Da questi esempi, viene anche fuori un elemento non inessenziale e su cui riflettere: la centralità del web in questa fioritura filosofica che ha per protagonista la generazione dei non ancora trentenni. Per ora, comunque, basti aver segnalato, con qualche nome, un fenomeno che, in una congiuntura negativa per la cultura italiana, rappresenta un incoraggiante segno di una imprescindibile inversione di rotta e di riscossa giovanile.
 
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