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Inascoltato perché vedeva lontano. Il ricordo di Andreatta

Rigore di bilancio e lotta a sprechi e debito, in quanto ipoteca che grava sulle future generazioni. A cinque anni dalla scomparsa di Nino Andreatta serve focalizzare l’attenzione su quei due punti del suo pensiero, tremendamente attuali nell’Italia che si adopera (in colposo ritardo) per combattere la crisi. In quanto elaborati in tempi non sospetti, quando dello spread si discuteva solo a Piazza Affari e gli allarmismi non erano diffusi, al pari della paura di fallire. Ma, proprio per questo, una mente lungimirante come la sua alzò un dito per richiamare all’ordine. Ovvero quell’integrazione (quasi come un cordone ombelicale che non si può tagliare) tra conti in ordine e buona politica, quella con la P maiuscola, che non si interroga tanto sull’oggi ma getta le basi per i decenni futuri; che investe a lunga scadenza e in larghezza di vedute, non solo nel proprio orticello elettorale; che fa il passo solo se coperto a sufficienza, senza creare voragini e buchi da ripianare a fatica. E lo fa immaginando scenari, prevedendo criticità. Richiami che, purtroppo, non sono stati raccolti a sufficienza dalle classi dirigenti di allora.
 
L’anticonservatorismo di Andreatta (fondatore di Arel) era stato avversato proprio da chi, nelle sue intuizioni, vedeva a forte rischio rendite di posizione e privilegi costituiti nel tempo. In quanto la vulgata maggiormente diffusa era che lo stato potesse assumere le vesti di una mucca da mungere all’infinito, senza limiti materiali e temporali. E invece un bel giorno l’intero sistema-paese si è destato dal torpore e si è accorto di essere giunto al capolinea, dove tutto non sarà più come prima. Per questo il ricordo di Andreatta potrebbe rappresentare l’occasione non per le consuete e a volte troppo stucchevoli celebrazioni passatiste, quanto per evitare di riservare ad altri lo stesso trattamento toccato a lui che, nei fatti, aveva previsto i guai di oggi.
 
Molte delle sue battaglie sono ritornate di estrema attualità. Anzi, nell’anno zero della politica italiana dovrebbero essere prese come spunto da tutti. Dai professori: per continuare con fiducia, costanza e un pizzico di irriverenza il percorso avviato con il “Salva-Italia”, portando fino in fondo non solo le liberalizzazioni e le riforme, ma una complessiva rigenerazione del Paese. Dai partiti: per evolversi finalmente in chiave moderna e di trasparenza, perseguendo serietà nei bilanci e nei rapporti con l’elettorato, e con il tessuto imprenditoriale, evitando contiguità e connivenze. Dagli elettori: affinché riprendano quel controllo democratico sottratto loro dal Porcellum, ma nella piena consapevolezza che non sarà più sufficiente delegare in bianco alla politica, ma elevare la società civile a interlocutore qualificato e dotato della propria peculiarità. Dalle élite: perché, mai come in questo caso, comprendano che è giunta l’ora di “sporcarsi le mani” per il bene del paese, tessendo più filo e facendolo alla luce del sole. Abbandonando soprattutto il “calduccio delle proprie cucce ideologiche” e rimescolando competenze e convinzioni. Per dare risposte a un Paese che, in fondo, chiede solo il dovuto.
 
Twitter@FDepalo
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