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Liberalizzaci dal male. Per un’Italia “aperta” per ferie

Perché ripensare gli orari della città e dei lavori significa ampliare i servizi; il numero di stipendi in famiglia, diminuire il rischio che a fare affari con la notte sia chi ruba il sonno e i sogni. Esempi concreti: allungare gli orari dei musei, delle mostre, degli uffici comunali, dei campi di basket nelle piazzette, dei negozi, delle poste e delle banche, ma un’assurdità fra tutte troviamo che sia il cinema che non preveda l’ingresso alle 23 di sera…e poi ci si chiede perché questi moderni preferiscano trovare le risposte in internet, che c’è sempre, tutto il giorno, che non ha problemi con i sindacati per i servizi “straordinari”. Oggi un sindacato che funzioni è quello che pensa ai lavoratori autonomi, ai precari, ai tanti contratti a progetto cui non si è esteso il ventaglio delle tutele; e insieme all’amministrazione come è successo qualche estate fa… a tenere aperta una città per chi resta a lavorare appunto. È un sogno Milano accesa. Guardatela. Pensate a quando i grandi stilisti hanno aperto le loro “case” a tutti noi per una sera. Credo che Milano sia bellissima, e il turista si aspetta di trovarla sempre così, non possiamo rischiare che sia un lusso per poche volte l’anno.
 
La scelta di riproporre questi passaggi, nel libro “Liberalizzaci dal male”, è inevitabile. Molti di coloro che non sono ancora pronti all’idea di triplicare le opportunità occupazionali rivedendo le fasce orarie e scegliendo vie nuove, più che in alternativa, devono pensare tuttavia che questi turni, queste notti, questi orari, questi sacrifici, questi doveri, queste organizzazioni del tempo di lavoro e di vita molti lavoratori le conoscono già, le praticano da sempre, pensate ai netturbini, ai lavori nelle strade e nelle fabbriche, ai fiorai romani, ai giornalai, ai farmacisti (persino la casta per eccellenza da sempre sa che in delle notti deve lavorare), idem i giornalisti, specie della TV, i medici, appunto, della guardia medica, dei carceri, dei pronto soccorso.
 
Chi potrebbe, ufficializzare, il lavoro serale? Gli insegnanti, i giudici (considerato il carico di pendenze) e persino i medici considerate le liste di attesa!
Non significa, attenzione, voler sgretolare le famiglie, per altro purtroppo già sono abbastanza “coriandolizzate”, di più credo sia persino impossibile. Ma piuttosto che stare la mamma alla finestra ad attendere il figlio tardi che torna dalla discoteca, questo bel maggiorenne con il diploma e forse già alla seconda laurea, potrebbe con piacere accogliere l’idea di lavorare per un periodo chiamato di gavetta, in orari “particolari” quando non è possibile né consigliabile per le mamme e papà e altre categorie. I volenterosi e bisognosi già lo fanno! Peccato che la scelta non sia ampia, i mestieri sono generalmente e quasi esclusivamente “cameriere”, o date le ultime indagini sul Mc Donald´s forse il datore di lavoro in regola è questo. Gli altri sono lavoretti in nero, principalmente come babysitter. Perché? Quando potrebbero esserci degli asili, h 24 per tutte le evenienze, sia con sede che a domicilio, potrebbero essere con pagamento dei contributi, malattie e ferie in capo all’asilo comunale, ma lo stipendio come da lavoratore autonomo, direttamente dai genitori.
Ecco che anche l’avere i figli non sembrerà più un “carcere”, per esempio a quelle giovani donne professioniste che per esempio, guarda un po’ sono medici ai primi anni, dunque di turno in guardia medica di notte!
 
Estratto dal libro “Liberalizzaci dal male”,
di Benedetta Cosmi,
Rubbettino editore 2012
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