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E Strauss fa il pieno senza anniversario

Dal 2009 non c’è alcuna ricorrenza per Richard Strauss, il compositore della Baviera (1864-1949) che più di altri seppe impregnare il teatro in musica della prima metà del Novecento. Ma questi sembrano essere gli “anni di Strauss”. Sempre in cartellone nei programmi delle maggiori formazioni di concerto (specialmente i suoi notissimi poemi sinfonici), sono state invece più rare le sue apparizioni in teatri lirici.
 
Tre le ragioni, una a carattere politico: su Strauss, per quanto completamente scagionato, ha gravato per anni la maledizione di essere stato Presidente della federazione dei musicisti del Reich, carica, peraltro, che gli consentì di fare scappare in tempo colleghi ebrei e di farne tirare fuori alcuni proprio dai campi di concentramento. Curioso che questa maledizione venisse proprio da coloro che nelle riunioni del Pci e simili facevano suonare inni composti dal musicista di corte di Hitler, Carl Orff, per le adunate dei giovani nazisti a Norimberga, quali Carmina Burana.
 
La seconda è a carattere teatrale: i lavori di Strauss comportano una stretta integrazione tra parola e musica – quindi, sono quasi incomprensibili nelle “traduzioni ritmiche” approntate quando nei teatri della Penisola anche Wagner e i russi venivano cantati in italiano.
 
La terza è il grande organico orchestrale richiesto da quasi tutti i suoi lavori – eccezioni significative Ariadne auf Naxos e Capriccio – e una scrittura complessa: per lavori che non hanno molte repliche si tratta di un ostacolo per i costi delle prove.
 
Tuttavia, gli annuari e i cartelloni riportano che in Europa e in America Strauss è diventato il compositore le cui opere per la scena sono più rappresentate, dopo quelle di Verdi. La scorsa stagione, la sua difficilissima Elektra è stata vista a Roma, Catania, Bolzano, Ferrara e Piacenza e Salomé ha girato per teatri grandi e piccoli (Torino, Bologna, Roma, Ravenna, Rovigo, Bolzano). Der Rosenkavalier (Il cavaliere della rosa) è approdato a Roma dopo oltre cinquant’anni in una nuova lussuosa edizione. Un’altra (della stessa opera) ha girato da Genova a Palermo, passando per Milano.
 
Un nuovo Rosen (per gli amici) si è visto in autunno alla Scala e un’altra edizione, nuovissima, inaugurerà il Maggio musicale fiorentino il 4 maggio. Un’opera ritenuta del tutto inadatta al pubblico italiano Die frau ohne schatten (La donna senz’ombra) in quanto inno al matrimonio e alla fecondità basato su un intreccio di favole orientali, ha inaugurato il Maggio fiorentino 2010 e in un nuovo allestimento è stata elemento centrale della primavera scaligera. Alla Scala, in effetti, è in corso un “ciclo Strauss” in collaborazione con i maggiori teatri europei che prevede nei prossimi anni un nuovo allestimento di Elektra e la raramente eseguita (in Italia) Arabella. Pure il piccolo Teatro poliziano di Montepulciano ha messo in scena il suo Strauss: Ariadne auf Naxos (dopo Roma, Milano, Catania, Napoli). E la “conversazione in musica” (un atto unico di due ore e mezzo) Capriccio si è vista a Napoli, Cagliari, Firenze.
 
Come spiegare il successo di quello che, per riprendere il titolo del musicologo Mario Bartolotto, è stato “la serpe in seno” di potenti grandi e piccoli dalla fine dell’Ottocento alla metà del Novecento? Le trasformazioni economiche e sociali di questo inizio secolo hanno molti punti in comune con quelle che caratterizzarono gli anni della maggiore creatività di Strauss. Lo ha colto bene il regista Christoph Loy in una strepitosa edizione di Arabella a Francoforte, che ha spostato l’azione dalla crisi economica a Vienna dopo la guerra austro-prussiana del 1866 alla crisi finanziaria dei nostri giorni.
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