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Un luogo a misura d’uomo

Questi luoghi artificiali e interconnessi, all’interno dei quali circolano flussi di persone, beni, servizi, capitali, simboli e informazioni, rivoluzionano il senso stesso dell’abitare e dell’interazione sociale, in una parola, il “senso della vita in comune”. Queste grandi tecnostrutture urbane costruiscono il “nuovo immaginario della libertà”: la capacità di spostarsi ad alta velocità, di poter interagire ed essere interconnessi, moltiplicando le azioni possibili ed offrendo sempre nuove opportunità. Le città intelligenti riflettono, dunque, il mondo dell’“ubiquità mobile”, per usare l’espressione di Jacques Attali, riconfigurando a livello planetario non solo le “pratiche della libertà”, ma sviluppando anche una propria “etica della mobilità”, che insiste sui valori della libertà di movimento, dell’accelerazione, della scoperta e della novità, enfatizzando il ritmo del tempo presente dove tutto accade in tempo reale.
 
L’infrastrutturazione di tutte le sfere della vita sociale, in cui il fine sta nel garantire il funzionamento integrato e capillare, restringe progressivamente lo spazio ed il tempo dell’attesa per porsi le domande sul “perché” : su quanto si sta facendo, della direzione e del senso dell’esistenza. Le smart cities devono diventare allora il cuore pulsante di una smart civil society che, dal basso e su più livelli, anima e dà corpo alle infrastrutture tecnologiche, che sono solo strumenti posti al servizio del bene comune e della persona che, essendo sempre un plus ultra rispetto ad ogni sistema che voglia contenerla, stabilisce fini e obiettivi della convivenza umana.
 
Ecco che allora le città intelligenti, quale prodotto dell’innovazione sociale, sono in grado di generare una sorta “software di connessione” tra persone, idee, capabilities, capitali, condivisione di vissuti quotidiani: un sistema operativo o Matrix della società civile. Infatti, in questi centri fluidi e modulari transitano dati e conoscenze, legati ai settori della finanza, dell’economia, della comunicazione e della cultura, capaci di attrarre ingenti capitali, mobilitare e valorizzare le competenze professionali più innovative e creative, che trovano nel capitale umano delle giovani generazioni quella infrastruttura necessaria per la ripresa del nostro Paese.
 
L’insegnamento della scienza e della tecnica per la formazione delle giovani generazioni si pone entro un orizzonte in cui la cultura va vista come un tutto unitario, in modo da formare personalità integrali e capaci di cogliere le sfide presenti non solo attraverso il know how, il “saper fare”, ma anche e soprattutto per mezzo del know why, quel “saper essere”, capace di “dotare di senso” ogni azione, decisione e risultato.
 
Solo in questo modo si possono valorizzare i talenti e le vocazioni individuali di ogni persona. Solo animando queste città del futuro con la cultura di un nuovo umanesimo civile si possono creare quelle condizioni di buon governo, infrastrutturali e tecnologiche, necessarie per dare risposta ai problemi sociali legati alla crescita, al mercato del lavoro, all’inclusione e all’emergenza educativa.
 
Di fronte ai nuovi scenari epocali emerge la necessità di ripensare la visione della “città dell’uomo” nella sua complessa e concreta trama politico-istituzionale e socio-economica. Questa è la vera sfida che attende gli uomini di buona volontà!
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