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Diritto d’autore/ Una rete al diritto o il diritto nella rete?

La questione del diritto d’autore su internet meriterebbe una soluzione che mi pare per molti aspetti alla portata di una autorità di regolamentazione di settore.
Siamo quasi ad un anno dalla prima divulgazione della bozza di delibera Agcom in materia di tutela del diritto d’autore e promozione del mercato digitale dei contenuti.
 
Come noto a chi segue il tema, l’attuale Agcom, in scadenza, ha annunciato di voler “portare a termine” il lavoro sul diritto d’autore prima della scadenza del mandato e chiesto anche, al proposito, per mezzo del proprio Presidente, maggiori poteri in quanto, sinora, non avrebbe potuto agire proprio perché non sarebbe certa la competenza ad agire/inibire violazioni del diritto d’autore. Agcom potrebbe, in sostanza “prevenire” ma non “curare”.
 
E’ curioso che, ogni volta che mi trovo a parlare di questo tema, sia dal vivo che sul mio blog, il discorso si fa tecnico-giuridico. Non tardano ad arrivare gli argomenti dei miei (bravissimi) amici avvocati che vogliono spiegarmi questo o quell’aspetto dell’ordinamento che impedirebbe alla proposta Agcom di entrare in vigore o suggerirebbe una modifica. Molti invitano tout court Agcom a star fuori dalla questione.
 
Io, al riguardo, mi permetto di avere una opinione diversa: è meglio che Agcom stia fuori non dalla questione del diritto d’autore ma da questo tipo di soluzioni al diritto d’autore; in realtà, la questione del diritto d’autore su internet meriterebbe una soluzione che mi pare per molti aspetti alla portata di una autorità di regolamentazione di settore. Mentre una revisione complessiva del diritto d’autore meriterebbe una riflessione approfondita multistakeholder, non credo che il Parlamento, per tempi e modi con cui elabora il proprio ragionamento normativo, sia il luogo migliore in cui affrontare alcune questioni di dettaglio caratterizzate da un alto grado di complessità e tecnicismo.
 
Sono anche dell’idea che il tipo di percorso proposto dall’attuale Agcom sia percepito come troppo blando per accontentare i titolari dei diritti e, paradossalmente, troppo invasivo e problematico per chi fornisce accesso accesso alla rete, oltre a non affrontare alcuni aspetti fondamentali dei diritti degli utenti: il problema non è dunque che Agcom deve star fuori da qualunque argomento relativo dal diritto d’autore ma che deve trovare la soluzione giusta.
Per cambiare ancora il provvedimento, su nuove basi, tuttavia mi pare non vi sia più tempo: come noto a tutti, l’Autorità è in scadenza. Dovrà occuparsene il prossimo Consiglio. A mio parere occorrerà aprire una consultazione pubblica più ampia di quelle che sono state svolte, toccando anche altri ambiti quali i diritti degli utenti, e degli intermediari.
 
L’idea del “notice & take down” all’italiana proposto da Agcom nasce infatti proprio dalla certezza che le violazioni sono un “fatto” e non un atto riferibile a qualcuno. Le violazioni si devono così segnalare ad Agcom che si rivolge poi all’Internet Provider e chiede a quest’ultimo di prendere una difficile decisione: rimuovere subito il contenuto o, se ha dubbi, provocare il contraddittorio con il proprio utente presso Agcom per valutare provvedimenti più drastici come l’inibizione (stando alle ultime versioni conosciute dei provvedimenti Agcom).
Se il provider sbaglia e rimuove qualcosa di lecito è dunque colpa del provider, non di Agcom e non del segnalante. Tuttavia, se c’è qualcosa di sbagliato in queste decisioni bisogna andare al Tar e pagare una sorta di bollo da 4mila euro. Paradossalmente, se qualcuno fa gratuitamente una segnalazione sbagliata ad Agcom, questa interviene e potrebbe essere costoso farlo notare.
 
Per trovare una soluzione secondo me è più opportuno intervenire sfruttando le modalità di funzionamento di Internet.
Sul mio blog facevo, il 23 marzo scorso, l’esempio del contrasto del traffico di stupefacenti in un mondo dove non esistesse il contante ma dove ogni pagamento avvenisse con carte e terminali Pos: sarebbe meglio sorvegliare tutte le strade per evitare ogni accesso ai giardinetti degli spacciatori oppure cercare di tracciare le transazioni sui terminali Pos e bloccare i conti degli spacciatori per impedire l’incasso?
 
E’ ottimistico pensare ai pirati audiovisivi come a dei benefattori: l’attività che danneggia l’industria (e anche l’unica ad essere effettivamente vietata dalla legge) è quella a scopo commerciale o di lucro.
Nessuno, spot del cinema a parte, potrà seriamente prospettarvi mesi di carcere duro per un solo brano, se questo è scaricato per solo uso personale, non vi è pagamento di corrispettivo e non è divulgato ad altri in alcun modo. Se vi è pirateria vi deve dunque essere, da qualche parte, un pagamento di somme e questo pagamento, a mio modo di vedere, ha carattere di continuità.
 
L’idea sarebbe di verificare se Agcom, eventualmente in concorso con altre Autorità ed avvalendosi della Guardia di Finanza, possa formulare un ordine di inibizione non dei siti, ma di canali telematici di pagamento utilizzati per pagare siti/atti di pirateria audiovisiva e/o di altro tipo. Un tale tipo di ordine sarebbe diverso dal sequestro delle somme e potrebbe essere corredato dall’ordine agli intermediari di pagamento (carte di credito, moneta elettronica, ecc.) di mettere a disposizione ed intervenire, in caso si accerti l’atto di violazione, per tracciare i pagamenti e le identità dei soggetti coinvolti, sospenderli, revocarli o financo sequestrarli.
 
Quando parlo di queste proposte noto che le obiezioni degli amici giuristi divengono più rare, o, meglio, meno intense. Attribuisco la cosa al fatto che l’ordinamento, probabilmente, non è molto affollato di norme quando si parla di competenza all’inibizione dei pagamenti telematici. Si tratta di un tipo di “rimedio” nuovo e che darebbe al titolare dei diritti uno strumento molto efficace lasciando sostanzialmente impregiudicata l’attività dell’Internet Provider.
L’attuale impostazione, invece, non mi pare colga nel segno: non sarebbe efficace. Da quel che ho visto, nell’ultima versione pubblica, si vorrebbe lasciare all’Internet Provider di decidere, assumendosi ogni responsabilità, se effettivamente eliminare il contenuto che si sospetta in violazione o mantenerlo.
 
L’Internet Provider non è competente a fare una scelta simile e si troverebbe in una situazione di oggettivo stallo e si potrebbe rifiutare di ricevere qualsiasi notizia; piuttosto ci vorrebbe una chiara assunzione di responsabilità, come avviene negli Usa con il Dmca che consente il “notice and take down” in maniera tale che, diversamente da come è ipotizzato per il “takedown all’italiana”, il segnalante si assume ogni responsabilità, anche a livello penale, se chiede qualcosa di errato o illegittimo.
 
Infine, solo un accenno ad un paio di esempi di altre questioni fondamentali che non vengono indirizzate dall’attuale proposta Agcom:
Come salvaguardare il diritto degli intermediari di vendere agli utenti un contenuto accessibile e fruibile su qualunque dispositivo? In assenza di una riaffermazione di questo diritto, gli unici venditori di contenuti resteranno le multinazionali che producono le piattaforme hardware che integrano un solo “negozio” all’interno dei dispositivi.
Come salvaguardare alcuni diritti degli utenti quali il diritto a regalare, a prestare, e fare una copia personale di un contenuto? In assenza della possibilità per un utente di prendere un contenuto e fruirlo sul dispositivo di sua scelta, si induce un effetto rete a vantaggio della piattaforma più diffusa ed un lock-in che impedisce all’utente di cambiare piattaforma.
Non si tratta di questioni nuove. La legge 1 agosto 2003, n. 259 (“Codice delle Comunicazioni”) prevede esplicitamente questi diritti per la televisione; sappiamo tutti che possiamo scegliere il dispositivo di nostra scelta per accedere al contenuto di nostra scelta e qualunque operatore può realizzare sistemi smartcard prestabili, regalabili ed utilizzabili su qualunque dispositivo. La possibilità tecnologica esiste anche in questi nuovi mercati digitali.
 
Ha del paradossale che la regolamentazione delle telecomunicazioni, di cui Agcom si occupa, sia tesa a favorire la massima mobilità degli utenti tra operatori, il massimo grado di mercato nei servizi e nei dispositivi e che i medesimi aspetti siano trascurati nei nuovi mercati inerenti i contenuti digitali.
Gli effetti sociali ed economici dei diritti di intermediari ed utenti sono notevoli, a vantaggio delle grandi piattaforme internazionali. Bisogna ricordare che l’evoluzione dell’elettronica è dirompente, che pochissimi anni cambiano radicalmente un’industria, basti pensare alla rapidità con cui si sono diffusi eReader e tablet.
 
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