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Obiettivi raggiungibili (in vettura)

La mobilità costituisce un problema strategico prioritario per le aree urbane perché impatta direttamente sulla capacità di mantenere e incrementare nel tempo la propria attrattività. Il punto ha un rilievo se possibile ancor maggiore per le grandi aree urbane che, anche a causa della globalizzazione, sono sottoposte a una crescente pressione demografica. Così, se la base per poter sfruttare gli effetti moltiplicativi associati alla presenza di rilevanti economie di densità è costituita dalle infrastrutture e dai servizi di trasporto (di merci, persone, dati, informazioni e idee), diventa necessaria un’adeguata dotazione infrastrutturale che garantisca la maggiore fluidità possibile a una struttura urbana che più cresce, più diventa potenzialmente ricca, più diventa “delicata”.
 
Gli interventi sulla mobilità nelle aree urbane necessitano quindi di un profondo ripensamento che non può più limitarsi alla dicotomia fra trasporto pubblico e trasporto privato e alla soluzione delle problematiche attuative del binomio liberalizzazione/privatizzazione, ma richiede un nuovo e diverso approccio alla regolazione che ne enfatizzi il ruolo di indirizzo e guida, combinando in maniera coerente una serie di leve che vanno dall’utilizzo di mezzi alternativi meno impattanti, alla gestione della domanda di mobilità, sino alla riconfigurazione delle scelte insediative e di pianificazione del territorio.
 
I problemi della mobilità urbana possono così essere sostanzialmente declinati lungo due principali dimensioni: quella temporale, che va letta sotto il profilo economico per l’impatto che ha in termini di perdita di valore associata a una minore fluidità degli spostamenti; quella ambientale, il cui rilievo è acuito dagli effetti maggiormente diretti sulla salute umana. La base necessaria per poter sfruttare gli effetti moltiplicativi associati alla presenza di economie di densità è costituita dalle infrastrutture e dai servizi di trasporto (di merci, persone, dati, informazioni e idee) che devono garantire la maggiore fluidità possibile alla “struttura città”.
 
Per dare conto della rilevanza economica del problema, è possibile stimare in un massimo di 29 miliardi di euro il valore potenziale che è possibile generare da una riduzione dei tempi di spostamento. In un’area urbana come Roma, dove maggiori sono i fenomeni di congestione, tale valore potenziale ammonta a quasi 8 miliardi di euro. Ciò senza considerare l’impatto ambientale della mobilità che, oltre a incidere fortemente sul benessere e sulla salute dei cittadini, ha degli enormi risvolti economici sia per i maggiori costi che implica sui sistemi sanitari che sulla nostra capacità di conseguire i target vincolanti di riduzione delle emissioni assunti in ambito comunitario e internazionale.
 
In questi termini, alcuni elementi di contesto possono considerarsi indispensabili per costruire lo scenario entro cui collocare e progettare una strategia per la mobilità.
Il Libro Bianco 2011 identifica nelle aree urbane il contesto entro cui sperimentare soluzioni innovative per l’organizzazione e la gestione della mobilità. L’obiettivo è di dimezzare – entro il 2030 – e successivamente eliminare – entro il 2050 – l’uso delle autovetture alimentate con carburanti tradizionali nei trasporti urbani e di introdurre – entro il 2030 – un sistema di logistica urbana a zero emissioni di CO2, quantomeno nelle principali aree urbane. Tali target andrebbero considerati come indicatori della volontà di chiudere un percorso teso alla completa decarbonizzazione dell’economia. In questa prospettiva, l’unica strategia che ha qualche possibilità di rivelarsi vincente non può che essere quella di anticipare il cambiamento piuttosto che di subirne ex-post le conseguenze.
 
Il problema della mobilità richiede, come appena osservato, un radicale cambiamento culturale. Le risorse destinate a tal fine andrebbero dunque viste non tanto come oneri, quanto come un investimento al fine di conseguire e accelerare i mutamenti attesi. Il costo annuale che le famiglie sostengono per il trasporto individuale ammonta a circa 170 miliardi di € (di cui 50 miliardi sotto forma di tassazione, peraltro in fase di ulteriore crescita), a fronte di un costo totale per l’esercizio del trasporto collettivo di circa 10 miliardi.
 
L’analisi di alcune esperienze europee di promozione del trasporto elettrico su gomma consente di far emergere numerosi elementi sui quali sembra opportuno riflettere. Mentre Londra rappresenta una delle realtà più avanzate in termini di utilizzo effettivo di autovetture a trazione elettrica, Parigi punta non solo allo sviluppo della mobilità elettrica ad uso privato, ma anche alla diffusione di un sistema di car sharing elettrico su larga scala (progetto Autolib). Per Berlino e per la Germania, la mobilità elettrica non rappresenta solo uno strumento per migliorare la qualità della vita nei centri urbani, ma anche un’incredibile opportunità per favorire la crescita economica tedesca e creare nuove possibilità occupazionali. Le realtà italiane, purtroppo, sono ancora indietro rispetto agli esempi europei.
 
È facile mostrare come nel concreto l’equilibrio fra domanda e offerta di trasporto non può essere raggiunto solo manovrando le leve dell’offerta. Occorre pensare a una
realtà urbana dove la capacità di soddisfare i bisogni e l’accessibilità siano massimi ma siano al contempo contenuti gli spostamenti fisici attraverso la virtualizzazione di una parte di essi (telelavoro, acquisti on-line, ecc.) come gli spostamenti meccanizzati mediante la collocazione compatta delle diverse funzioni d’uso e l’adozione di politiche di mobilità residenziale. L’introduzione di veicoli elettrici dovrebbe essere accompagnata da una modifica delle forme di produzione di energia elettrica, in assenza della quale la riduzione di emissioni a livello di singoli veicoli verrebbe compensata da un incremento delle stesse emissioni a livello generale.
 
I nuovi modelli di auto elettriche dovrebbero puntare a una integrale nuova progettazione finalizzata alla riduzione dei pesi al fine di ottenere migliori autonomie. Un simile obiettivo andrebbe naturalmente integrato con quello della sicurezza passiva dei veicoli e con una coerente politica di limitazioni di impiego. Con tale scelta i produttori potrebbero testare i loro veicoli e i consumatori sperimentare l’innovazione e verificare la soluzione dei problemi di autonomia, costi e sicurezza sopra evidenziati.
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