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Smart city, big project

Il concetto di smart city assume una grande rilevanza in relazione alla crescente concentrazione della popolazione mondiale nelle città (nel 1900 solamente il 13% della popolazione viveva nelle città, entro il 2050 la quota salirà al 70%), con la connessa domanda di qualità della vita e di servizi.
 
Le tematiche green assumono importanza non solo nella prospettiva della sostenibilità ambientale, ma anche nella direzione di una progressiva trasformazione del modello economico, degli stili di vita e degli ambiti di investimento delle imprese (green economy).
 
Il perseguimento di modelli di città sempre più intelligenti e sostenibili che sappiano, con il forte contributo delle tecnologie dell’informazione, migliorare la funzionalità delle infrastrutture urbane, garantendo una elevata compatibilità ambientale e un’accresciuta qualità della vita ad una popolazione urbana in forte crescita, sta così diventando sempre più una necessità.
 
Questa tensione al cambiamento è d’altra parte intrinseca alla natura stessa delle città, sollecitate a trasformare la loro natura, al fine di adeguarsi ai cambiamenti in atto a livello globale, nell’obiettivo di diventare protagoniste e driver di tali cambiamenti. La smart city in tale prospettiva può essere vista come la declinazione di un nuovo modello di città post-moderna: luogo privilegiato di creatività, di innovazione, di connessione tra locale e globale; ambito in cui si concentrano le funzioni più avanzate, i centri decisionali, contesto in cui si forma e si sviluppa la forza-lavoro intellettuale, base in un’economia della conoscenza, per ottenere un reale vantaggio competitivo su scala globale.
 
Sono ormai numerose le città che a livello globale stanno sviluppando sistemi a rete intelligenti per supportare nuovi servizi che migliorano la qualità della vita dei cittadini, riducendo l’impronta ecologica (in particolare le emissioni di gas climalteranti), sostenendo l’iniziativa economica, sviluppando iniziative di housing sociale.
 
Alcune di queste sono state progettate ex-novo, come Masdar City a Dubai o Caofeidian in Cina con investimenti faraonici: 22 miliardi di dollari nel primo caso, ben 450 miliardi nel secondo. Questi progetti faraonici replicano su più ampia scala quanto è stato fatto in Europa con Friburgo, la città del solare dove l’efficienza energetica dei nuovi edifici deve essere di 15 kWh/m2 anno.
 
Sono moltissime le città che attraverso soluzioni innovative hanno riorganizzato i propri sistemi di trasporto, di gestione del ciclo idrico, i servizi energetici e di illuminazione, migliorando nettamente le performance in termini di consumi, manutenzione, costi.
 
Anche nell’ambito della gestione dei rifiuti si stanno sviluppando numerose esperienze, sia nei Paesi avanzati sia in quelli in via di sviluppo: Curitiba in Brasile è un esempio molto interessante di come si può incentivare la popolazione più povera alla raccolta differenziata accrescendone al tempo stesso l’inclusione sociale.
 
Ma quale può essere l’approccio per declinare il tema delle smart cities con la dimensione territoriale e con la valorizzazione del contributo delle imprese più innovative? Esperienze come quella di Friburgo mostrano che l’approccio sistemico è essenziale per far sì che la green economy sviluppi appieno le proprie potenzialità trasformazionali: occorre infatti integrare diversi ambiti di azione pubblica e privata.
 
Ciò significa contestualmente pianificare soluzioni green oriented a livello territoriale/urbano che guardino ad una prospettiva di lungo periodo, indurre le imprese a sviluppare prodotti/servizi che sappiano migliorare l’efficienza in tutti i cicli fondamentali delle risorse (energetiche, dell’acqua, dei materiali), di sensibilizzare i cittadini/consumatori a comportamenti e scelte più consapevoli, sostenere la ricerca e l’innovazione anche al fine di creare nuove competenze e opportunità occupazionali, favorire l’azione di tutte quelle organizzazioni no profit che stanno riempiendo molti dei vuoti lasciati liberi dall’arretramento dello Stato. Riuscire a valorizzare queste potenzialità non è però semplice.
 
Occorre innanzitutto la capacità di attivare una co-progettazione e una sussidiarietà tra diversi attori che sappia guardare al lungo periodo. In un contesto così orientato la dotazione di infrastrutture materiali e immateriali potrà trovare più agevole accoglienza e, soprattutto, valorizzazione.
 
Tra le infrastrutture materiali vi sono, ad esempio, gli impianti per la gestione del ciclo integrato dei rifiuti, dell’acqua, dell’energia che necessitano di un rinnovamento profondo, in cui la sostenibilità può essere un driver centrale. Nulla però può essere fatto bene senza l’individuazione di un chiaro percorso condiviso tra gli attori citati prima, che negli ultimi anni è generalmente mancato.
 
Ciò chiama in causa le infrastrutture immateriali, quali il capitale intellettuale, sociale e ambientale, fondamentali per la competitività delle città. È necessaria una governance partecipativa della città che consenta di sviluppare un sistema trasportistico, energetico, di servizi ambientali, ma anche educativo, residenziale, ricreativo, socio-culturale orientato a migliorare la qualità della vita dei cittadini.
Si tratta di un approccio integrato, che coinvolge almeno due sfere rilevanti: il merito della strategia programmatica e il metodo della stessa.
 
Dal punto di vista contenutistico, l’approccio integrato deve delineare sentieri di sviluppo sostenibile in grado di coniugare il soddisfacimento dei fabbisogni dei cittadini, l’attenzione alla limitazione delle pressioni sulle matrici ambientali e l’innovazione tecnologica. Dal punto di vista del metodo, l’integrazione deve prevedere l’adozione di una molteplicità di strumenti conoscitivi funzionali alla programmazione. È quindi essenziale l’adozione di indici e indicatori di sostenibilità che possano essere continuativamente monitorati e che siano in grado di disegnare l’evoluzione che avviene nell’area urbana e fornire indicazioni al decisore, nonché evidenze dei miglioramenti ai cittadini.
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