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Talenti & Talents

È vero che non bisogna dare addosso a questo paese, l’Italia. Ci sono tante cose belle, tante cose che funzionano. È vero che bisogna fare in modo che sia il paese in cui i migliori talenti rimangano e producano valore, valore e valore. Però se qualche talento ha intenzione di andarsene altrove perché di piccioli gliene offrono di più, perché la zita l’ha trovata all’estero, perché quello che ha studiato viene meglio riconosciuto, non bisogna certo impedirglielo.
Ora, sentite questa storia.
 
Il nostro carissimo amico Francesco, che si è laureato in Italia, ha da poco terminato un dottorato di ricerca svolto in parte in Italia ed in parte a Edimburgo. Per chi non ha fatto le scuole alte e non sa cos’è un dottorato di ricerca, nella lingua degli scecchi, diciamo che è un periodo di studio post-universitario in cui il dottorando approfondisce un tema di ricerca del quale redigerà, alla fine del periodo, una tesi.
 
Dato che Francesco ha ottenuto brillanti risultati, apprezzati a livello internazionale, e dato che il suo nome ha iniziato a circolare su riviste specializzate e la sua persona ha frequentato un po’ di conferenze e meeting in Europa e negli Usa, quando presenta un curriculum vitae a una importante azienda americana gli capita di ricevere una proposta di lavoro.
 
L’azienda è una società di consulenza di altissimo profilo che opera fornendo servizi di ingegneria molto specialistici per conto di assicurazioni e studi legali tipicamente per redimere contenziosi di rilevante importanza economica.
E’ una società di 500 persone che fonda la sua capacità di stare sul mercato sul fatto che chi vi lavora ha un pedigree accademico di tutto rispetto, che chi vi lavora continua a formarsi perché, come direbbe il più luogo comune dei luoghi comuni, non si finisce mai di imparare.
 
Ecco il nostro amico Francesco non sta sulla pelle, accetta ma non sa cosa lo aspetta. Quando la compagnia americana gli chiede il certificato di laurea e di dottorato per avviare le pratiche per il visto di ingresso negli States, Francesco è costretto a fare i conti con la ragnatela di questo paese, l’Italia.
 
L’Università non rilascia certificato in inglese e quindi occorre che qualcuno traduca il certificato. Ma dagli States fanno sapere che il certificato tradotto deve essere tradotto da un traduttore la cui firma deve essere autenticata, giustamente. Allora il carissimo Francesco parte e va per l’autentica della traduzione agli uffici cumunali, ma gli uffici comunali autentiche di roba scritta in inglese non ne fanno. E quindi Francesco deve andare al tribunale dove il cancelliere può autenticare ma solo se il testo su cui è apposta la firma da autenticare è bilingue, perché non può autenticare il solo testo inglese perché lui, il cancelliere, l’inglese non lo sa.
 
Insomma, alla fine, Francesco riesce a mandare i suoi documenti e certamente avrà avuto un motivo in più per convincersi che ha fatto bene a lasciare il paese, l’Italia. Troppo paese, tant’é.
Fine della storia.
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