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Russia, tra Teheran e Damasco la difficile posizione di Mosca

Cosa ha spinto il ministro degli esteri russo a fiondarsi ieri a Teheran per una visita che fino a sabato scorso non figurava all’ordine del giorno della diplomazia di Mosca? Innanzitutto il timore che i due capisaldi su cui al momento si regge l’attività internazione del Cremlino possano venir meno.
Ossia che il dossier della guerra civile siriana si ingarbugli fino a rendere invitabile l’intervento esterno mentre quello del nucleare iraniano possa portare a sanzioni che spingano Teheran a usare l’unica vera arma a propria disposizione. Il blocco degli stretti di Ormuz. Un azzardo disperato e incalcolabile. Se ambedue i paesi mediorientali dovessero poi piegarsi agli interventi esterni la sconfitta russa sarebbe evidente. Questa la ragione per cui Lavrov ieri sera avrebbe chiesto alla dirigenza iraniana di non “perdere altro tempo” e di avere ben presente il nocciolo della questione.
 
Corsa contro il tempo Mosca vuole avere la certezza che la prossima conferenza internazionale sul problema del nucleare iraniano prevista, secondo quanto scrive Kommersant, per il 18 giugno nella capitale federale non faccia la stessa della precedente. L’incontro di Bagdad del 25 maggio è stato infatti un vero flop. Se anche il summit russo dovesse concludersi con un nulla di fatto l’escalation del conflitto sarebbe inevitabile. Da qui la necessità del blitz di Lavrov. Indispensabile a piegare i dubbi di Teheran riguardo l’opportunità di essere presente al prossimo round di trattative. Con Washington in attesa di fatti concreti e sempre più pronta all’embargo aereo e navale nei confronti del regime dei mullah. Un passo in grado di impedire a Teheran ogni rapporto col mondo esterno costringendola a una autarchia di corto respiro.
Altrettanto si può dire riguardo il dossier siriano. Mosca intende convocare a breve un incontro a sostegno del piano Annan e di nuovo vuole che Teheran sia della partita. Una opzione vista come il fumo negli occhi da Washington. Il vertice dovrebbe avvenire a Mosca nel più breve tempo possibile, entro la fine di giugno affermano a Piazza Smolenskaja. La concitazione russa è frutto della coscienza che il bubbone siriano abbia sempre più bisogno del bisturi. Non è solo l’opposizione interna e esterna al regime di Assad a chiedere interventi esterni. L’Onu ha fatto sapere di ritenere ormai in corso la guerra civile. Susan Rice rappresentante Usa al Palazzo di vetro ha ribadito che la Casa Bianca potrebbe passare a vie di fatto anche senza il mandato del Consiglio di sicurezza.Pochi dividendi per MoscaA Teheran Lavrov non ha potuto fare a meno di constatare che “per la prima volta dall’inizio della crisi” la questione dell’intervento straniero in Siria si pone in modi “acuti ed emozionali”. Un gioco “pericoloso e incontrollabile” secondo il diplomatico. Coinvolgerebbe un gran numero di paesi e il suo più probabile esito “sarebbe la spaccatura del mondo islamico” ha ribadito Lavrov. Come è stato fatto presente nella capitale iraniana Mosca e Teheran hanno posizioni molto vicine. Se queste fossero percepite come interscambiabili potrebbero nascere dei problemi per la Federazione russa.
Mosca ha spesso “salvato” Teheran da conseguenze peggiori. Una “via speciale” che però ha finora portato pochi dividendi alla federazione. Più di una volta il regime di Ahmadinejad è stata sorda alle raccomandazioni del Cremlino, addirittura arrivando al punto di attaccare apertamente la Russia per non aver rispettato promesse fatte. Le controversie sulla centrale atomica di Bushehr lo testimoniano. E nelle relazioni internazionali il rischio di passare da protagonista a pedina è sempre presente e non va mai sottovalutato.
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