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Come sarebbe il Monti bis

Segue lo sciame di commenti alle dichiarazioni fatte da Mario Monti ieri ad Aix en Provence. Parlando, infatti, con i media il premier non ha escluso la possibilità di continuare la sua esperienza politica dopo il 2013, nella cui primavera si decideranno le sorti della prossima, cruciale legislatura.
In sé, ovviamente, non c´è nulla di scandaloso nel fatto che l´attuale presidente del Consiglio non dia per certa la sua uscita di scena. Anzi, occorrerebbe essere preoccupati se non vedesse l´ora di andarsene. In tal caso, infatti, dichiarerebbe totalmente fallita la sua esperienza politica, giudicata da dimenticare perfino dallo stesso principale protagonista. Invece, dobbiamo ammettere che, in questo caso, nonostante le innegabili lacrime e sangue che ci ha fatto versare, Monti è riuscito ad amministrare con efficacia il Paese più complicato del mondo, adempiendo, se non altro, le aspettative che il Quirinale e l´Europa teutonica avevano riposto in noi con la famosa Lettera dell´estate 2011.
 
Quello che, invece, rimane aperto è il modo in cui l´eventuale possibilità di un Monti bis potrebbe prendere consistenza. Sebbene non sia facile tracciare il profilo di questo ipotetico scenario, alcune cose sono, invero, certe. In primo luogo il fatto che il domani di questo esecutivo non potrà essere tecnico, ma dipenderà dall´esistenza politica di una larga coalizione. O al meno di una maggioranza che possa riconoscersi in modo maggioritario nella figura del professore. E, in secondo luogo, che una solida base politica sarà non solo necessaria ma indispensabile per la sua sopravvivenza.
La palla passa quindi alla politica, al di là dei legittimi dubbi del protagonista, una politica che, come si sa, non ha chiarito ancora niente di sé.
 
Sono molti, ad esempio, ad essersi detti esplicitamente contrari all´ipotesi di una larga coalizione: Rosy Bindi, Antonio Di Pietro, da un lato, Maurizio Lupi e Ignazio la Russa, dall´altro. La tesi di costoro è che ci si candida in alternativa. E la politica italiana non può annullare per Monti la diversità di visioni che anima da anni e divide da decenni i cuori e le teste di milioni di elettori.
Ma, ovviamente, c´è anche chi ha scommesso fin dall´inizio sul futuro politico del Monti nazionale, come Pierferdinando Casini e Gianfranco Fini.
Vedremo. Alcune difficoltà, per di più, potrebbero aggiungersi alle presenti. La discesa in campo di nuovi personaggi e la nascita di nuovi soggetti, oltre che la trasformazione di alcuni vecchi partiti. E´ chiaro che il pensiero va a Luca di Montezemolo e a Roberto Maroni. L´uno potrebbe invadere il campo, l´altro potrebbe perfino lasciarlo per sempre, abbandonando l´arena romana e confinandosi nei luoghi elettivi del Nord. Chissà cosa accadrà realmente.
Oltretutto, impera la disputa sulla legge elettorale. Può non cambiare nulla, come ormai sembra profilarsi, oppure attuarsi una riformina. Ma un minimo criterio di scelta dovrà essere presentato comunque dalla politica, profondamente divisa pure su questo punto. Il PD vorrebbe le primarie come elemento di selezione dei parlamentari. Il PDL assegnerebbe alle preferenze il compito di stabilire i vincenti nell´eterogenea composizione degli equilibri delle liste.
 
Probabilmente la via d´uscita generale sta nel tener presente un fattore cruciale del sistema democratico, un principio cioè valido sia che si consideri l´ipotesi di larga coalizione e sia che si pensi alla legge elettorale. Una solida democrazia ha due pilastri, come spiegava lucidamente Walter Ulmann. Il primo è ascendente e il secondo discendente. Il primo rende possibile, con la partecipazione elettorale, l´identificazione di bene comune e volontà popolare. Mentre solo il secondo garantisce che il consenso popolare sia dato a progetti politici seri, affidabili, efficaci. Non si tratta di scegliere un metodo o l´altro, ma di combinarli insieme in modo funzionale. Se, ad esempio, la legge elettorale e le geometrie di future coalizioni servono a concretizzare la democrazia ascendente, solo buone idee, persone competenti e una prospettiva strategica di lungo corso premettono ad una comunità di avere una democrazia funzionale in grado di garantire praticamente gli interessi nazionali.
Sarebbe ottimo, insomma, optare per un sistema misto, in cui vi siano buoni candidati, accuratamente selezionati da partiti dotati di programmi profondi e precisi. Dopodiché, l´ultima parola sarà logicamente degli elettori con o senza preferenze, con o senza larghe intese, e delle trattative post elettorali. E che vinca il migliore.
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