Skip to main content

DISPONIBILI GLI ULTIMI NUMERI DELLE NOSTRE RIVISTE.

 

ultima rivista formiche
ultima rivista airpress

La linea rossa che separa la violenza dalla democrazia

Un tempo, fino a circa vent´anni fa, c´era la buona abitudine dei politici di scrivere libri che illustrassero la storia delle vicende italiane. E sebbene oggi non sia più di moda farlo, l´ultimo libro di Fabrizio Cicchitto titolato “La linea rossa” costituisce la classica eccezione che conferma la regola. É bene precisarlo subito, un´eccezione di qualità. Il volume, per altro già recensito qualche giorno fa ottimamente da Aldo Cazzullo sul Corriere, non è interessante soltanto per i fatti storici della sinistra italiana che sono narrati con sicura padronanza delle fonti, ma per alcune valutazioni politiche che tra le righe vengono offerte al lettore. Stiamo parlando, ad ogni buon conto, di un volume di oltre 400 pagine, in cui è possibile tuffarsi nella quantità e qualità di documenti che sono portati a suffragio di una sola e chiara tesi centrale, coerentemente mantenuta dall´autore dall´inizio alla fine della sua analisi. Essa è riassumibile nella presenza in Italia di uno scontro frontale permanente tra democrazia e totalitarismo.
 
I due capitoli in cui questa chiave interpretativa è esposta più nitidamente sono il primo, dedicato all´anomalia italiana, e l´ultimo, dedicato alla crisi finanziaria in atto. Io mi concentrerò esclusivamente sul primo, perché stabilisce l´impostazione generale e la cornice concettuale dei restanti capitoli, anche appunto dell´ultimo.
Cicchitto fissa ben otto anomalie storiche del nostro Paese: la tardiva unità nazionale, il Fascismo, la presenza del più grande Partito Comunista dell´Occidente, la politicizzazione della magistratura, la corruzione, la criminalità, lo stragismo e, infine, la complessa posizione geografica della Penisola. Sono peculiarità, si direbbe, che segnano il destino di una nazione idealmente strozzata dagli stessi problemi ossessivi che fin dal Rinascimento ne lacerano la coesione e ne impediscono la crescita. Tale insieme di caratteristiche, oltretutto, sono state amplificate nel ´900 dall´emergere di un´anomalia esclusiva, la quale nel corso degli ultimi decenni si è trasfigurata in una vera e propria patologia politica.
 
Cicchitto individua un punto certo di continuità in tutta la storia della sinistra italiana nell´impostazione culturale massimalista del Partito Comunista, il quale da Bordiga e Gramsci, passando per Togliatti e Berlinguer, arriva fino a D´Alema, Veltroni e Violante.
E´ una radicale visione moralista, una ideologia totalitaria e rivoluzionaria che perduto ben presto l´originario sogno utopico ha trasformato il metodo repressivo in fine politico, assumendo il giustizialismo come surrogato per combattere il riformismo e ogni altra tendenza socialdemocratica alla libertà. I nemici storici della sinistra, passando dal PCI al PD, sono stati, infatti, prima Craxi e poi Berlusconi, ossia coloro che in modi e tempi diversi hanno incarnato l´autonomia, la voglia di cambiamento, la rottura di quello che Gianni De Michelis chiama l´equilibro di Yalta della nostra politica nazionale, ossia lo scontro tra mondo capitalista e socialismo reale. E´ questo il motivo dell´impossibilità di avere ancora oggi in Italia la presenza maggioritaria di una sinistra moderna, democratica e liberale. L´intento era e continua ad essere per gli epigoni di Gramsci garantire la simmetria perfetta e narcotizzata di controllo centralizzato del potere e gestione autocratica della ricchezza, esautorando il libero mercato, eludendo riforme e meritocrazia.
 
In realtà, i veri nemici del Partito Comunista, non solo nella tarda fase berlingueriana ma anche subito dopo la sconfitta del Fronte Popolare, non sono mai stati tutti i democristiani, ma soltanto quelli che si orientavano verso un modo d´intendere l´interesse nazionale avulso dal tentativo staliniano e rodaniano di imbalsamare il dinamismo e la crescita popolare sotto l´egida di un´élite di ottimati, magari diversificata ma convergente nel quadro di un direzione conservatrice rigidamente solidale al partito.
Per Cicchitto ciò spiega come mai con l´avvento di Mani Pulite la magistratura sia divenuta, grazie all´operato di Violante, il volano di una metamorfosi che ha portato all´eliminazione giudiziaria di tutti i partiti moderati e riformatori, in primis PSI e destra DC, lasciando in piedi solo l´allegra macchina da guerra occhettiana. Naturalmente non senza il supporto di gruppi editoriali e finanziari ben precisi.
Il lupo perde il pelo ma non il vizio, viene spontaneamente di dire.
 
In definitiva, la matrice ultima che ispira la riflessione di Cicchitto è guadagnare il senso di una distinzione netta tra la logica politica della sinistra e quella moderata del centrodestra. Si tratta della demarcazione tutta italiana tra una visione politica riformista che accetta il valore liberale e concreto della volontà popolare e quello di una sinistra cupa alla ricerca costantemente di un nemico da abbattere. Non a caso, osserva l´autore, vi è stata una trasfusione paradossale ma reale dall´autoritarismo fascista al comunismo all´insegna dell´adesione alla logica amico-nemico coniata dal giurista tedesco Carl Schmitt, amatissimo appunto sia dalla sinistra colta e di qualità (Cacciari e Marramao in testa) e sia dalla compagine autoritaria della destra radicale.
 
La conclusione è che questa linea rossa purtroppo esiste ancora e continua a danneggiarci. Essa segna una frattura profonda, come diceva Turati, tra chi interpreta la politica in modo massimalista e violento, e chi invece la tiene vincolata alla democrazia, alla libertà, al rispetto dell´avversario e al rifiuto dell´odio di classe.
Già l´odio di classe. Se è, infatti, vero che il comunismo da noi è divenuto progressivamente giustizialismo, è altrettanto vero che la lotta di classe si è trasformata in astio per la borghesia e per chi materializza la voglia di ricchezza, di modernità e di felicità del popolo italiano in un´efficace forza di cambiamento.
×

Iscriviti alla newsletter