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No taxation without representation? Issing fa discutere

No taxation without representation. Parte da questo principio l’analisi di Otmar Issing, membro influente del Consiglio della Banca centrale europea, sul Financial Times e il successivo dibattito scaturito tra gli economisti sui giornali italiani.
Lunedì Issing, in un editoriale dal titolo “Europe’s political union is an idea worthy of satire”, fa notare che chiedere ai contribuenti tedeschi di ripianare i debiti dei Paesi europei in crisi senza avere il diritto di esercitare uno stretto controllo sul modo in cui vengono impiegati i loro soldi, violerebbe il principio democratico appunto del “no taxation without representation” (niente tasse se i cittadini-contribuenti non hanno il diritto di scegliere i rappresentanti).
 
Nell’editoriale di prima pagina del Corriere della Sera di ieri Angelo Panebianco si interroga sul problema posto da Issing: “Piaccia o non piaccia, è una opinione «pesante» che non può essere ignorata” e che porta a questa considerazione: “Non si esce dalla crisi se non si trova il modo di conciliare due esigenze: garanzie per i tedeschi sull´impiego dei loro soldi, garanzie per gli altri che l´inevitabile perdita di sovranità che si prospetta non verrà usata dai più forti (come nel caso dei finanziamenti negativi) per indebolire ulteriormente i più deboli a proprio vantaggio. È un doppio e incrociato sistema di garanzie, in altri termini, quello che deve essere costruito”.
 
Secondo il fondatore di Formiche Paolo Messa, oggi in una lettera al Foglio, il commento di Panebianco “accarezza il lupo del podestà straniero per il verso del pelo” mentre sull’ipotesi che uno Stato debitore debba cedere sovranità a quello creditore “vorremmo sentire un vigoroso ‘non ci sto’ da ogni singolo esponente delle nostre istituzioni repubblicane”.
 
Anche sul Sole24Ore Paolo Savona affronta l’argomento, smontando la tesi di Issing “frutto di un duplice pregiudizio: il primo che gli interventi della Banca centrale europea o dei fondi salva-Stati e salva-banche significhino che i titoli pubblici o i debiti bancari non debbano essere rimborsati, la qualcosa non è scritta da nessuna parte, anche ammesso che sia stata pensata. Il secondo che il meccanismo dell´area euro funzioni bene così com´è, mentre è noto che esso non è ‘ottimale’.
 
Il vero problema dell’euro, secondo Savona, “che Draghi non può risolvere (e, invero, non ha mai richiesto di farlo), è che ha messo insieme un´area affetta da divari profondi nella produttività (dualismi) che non sono solo legati a diverse culture, ma anche a diverse strutture economiche pubbliche e private che non possono essere corrette obbligando a praticare politiche di rigore, tanto meno se basate su aumenti della pressione fiscale”.
 
f.a.
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