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Una scommessa per il presente

Proviamo a leggerla così: il bicchiere non è mezzo vuoto. È mezzo pieno. Non è crisi, è cambiamento: di sistema, delle sue regole, degli obiettivi, degli stili di vita e di consumo. Solo che alcuni Paesi sono più pronti ad affrontarlo di altri. Ecco perché non basta tirare la cinghia ma serve, dopo aver razionalizzato le risorse, passare dalla dieta ad una sana “alimentazione”. Dalla sbornia finanziaria al più pragmatico viaggio sui binari dell’innovazione urbana: lasciandosi travolgere dagli sconfinati mondi digitali; razionalizzando i consumi energetici e diminuendo l’impatto ambientale. Digitale e sostenibilità, linee inevitabilmente convergenti.
 
Perché sono cambiate le relazioni interpersonali. I sistemi di comunicazione, privi di barriere spazio-temporale, puntano dritti alla relazione virtuale completa con l’avvento del 3D e degli ologrammi che, grazie a scienziati giapponesi, si potranno anche “toccare”. Quindi potremo conoscere, interagire e costruire un rapporto di qualsiasi genere e natura con l’avatar di chiunque nel mondo senza spostarci di un millimetro. Perché sono diversi il modo e i tempi del muoversi. Il territorio connesso a Internet ci restituirà informazioni e servizi, soprattutto attraverso l’automobile che creerà una nuova potentissima rete: tra chi guida e il mezzo; tra mezzo e mezzo; tra mezzo e territorio. In pochi anni, grazie alla cyber mobility, niente sarà più come prima.
 
A cominciare proprio dall’auto. Perché vivremo in città intelligenti dove la banda larga, tessendo di giorno in giorno la sua tela e grazie al cloud (la nuvola digitale dove tutto risiede), consentirà l’accesso ai contenuti non solo a chiunque, ma attraverso qualsiasi mezzo, palo della luce compreso. E gli oggetti comunicheranno tra loro per essere più funzionali alle persone… Ecco Internet delle cose. Questo cambiamento – profondo, aggressivo, frenetico, compulsivo, esponenziale – non si gestisce con il buonsenso. Ma tramite persone e organizzazioni con profili e competenze nuove. Che bisogna individuare e liberare. Il Dna c’è, le risorse culturali ed economiche per rigenerarlo anche. Serve prendere atto che non è il futuro del sistema, ma il presente. Noi ci mettiamo al lavoro – ma soprattutto allo studio – a partire da Urban innovation academy e attraverso il network dei giovani di Primavera digitale.
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