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I nuovi attriti (e le possibili intese) Squinzi-Monti

No, decisamente i due non si prendono. Questione di toni, più o meno sobri, o di altro. Sta di fatto che a Palazzo Chigi le incursioni del presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, non sono molto apprezzate. Chissà, la “boiata pazzesca” – come Squinzi definì la riforma Fornero del lavoro – è stata determinante per incrinare definitivamente i rapporti tra il premier Mario Monti e i vertici dell’associazione degli industriali fin da quando era presieduta da Emma Marcegaglia.
 
Comunque i malumori proseguono. E non solo perché ieri Squinzi ha implicitamente chiesto per il futuro un vero governo politico. Ovvero, in altri termini: basta con gli esecutivi tecnici. “Dovremmo essere un Paese in cui la democrazia è sufficientemente sviluppata per esprimere un governo democratico capace di governare”, ha detto Squinzi. Ma è su un’altra frase che si sono appuntate stamattina le attenzione di ambienti della presidenza del Consiglio e del Tesoro. Quella in cui c’è una richiesta implicita di chiedere ufficialmente l’intervento del Fondo salva Stati, nonostante i dinieghi ufficiali e ripetuti del premier e del ministro dell’Economia, Vittorio Grilli.
 
A questo punto, ha detto il presidente degli industriali, “tanto vale dire subito che tutti ci impegniamo a fare queste cose e firmare un accordo che vincoli non soltanto l’esecutivo e il Parlamento attuali, ma anche quelli che verranno dopo le elezioni nella prossima primavera”. Una richiesta gradita in verità anche a Monti e che, forse, in particolare un Monti-bis dopo le elezioni può mantenere. Squinzi, con tutta probabilità, è un ipermontiano inconsapevole.
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