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Così la Svizzera ha favorito Parigi sullo spread

Le montagne che circondano la Svizzera sembrano ripararla anche dai tormentoni finanziari europei. Ma in realtà la politica monetaria del Paese elvetico è tutt’altro che neutrale. Anzi, mira a influenzare i parametri cui investitori e Stati sovrani guardano. Uno su tutti, lo spread.
 
“L’agenzia di rating Standard & Poor’s stima che, nei primi sette mesi del 2012, la banca centrale elvetica avrebbe comprato 80 miliardi di euro di debito dei paesi core dell’Eurozona, per poter mantenere il rapporto di cambio con l’euro inchiodato al pavimento di 1,20 – si legge sul blog Phastidio.net curato dal macroeconomista Mario Seminerio – Questo importo equivale a quasi la metà del deficit fiscale combinato per l’Eurozona, previsto per il 2012. L’aspetto più singolare di questa azione della Banca nazionale svizzera (Bns) è dato dalla scelta degli strumenti. Di questi acquisti, un grande beneficiato è stato la Francia, che ha visto il proprio spread con la Germania ridursi a livelli del tutto incompatibili con i fondamentali economici e fiscali del paese, che sono in costante deterioramento”.
 
L’azione della BNS ha dunque influito sulle transazioni finanziarie che riguardano i titoli di Stato europei, creando distorsioni. “Limitarsi ad acquistare Bund – prosegue Seminerio – avrebbe allargato lo spread con Italia e Spagna, causando nuovo panico tra gli investitori e nuova pressione sul franco svizzero, che a sua volta avrebbe richiesto nuovi acquisti calmieratori. Ecco quindi, anche per sfruttare il maggior rendimento, che la banca centrale svizzera comincia ad acquistare anche gli OAT francesi, abbattendone rendimento e spread contro Bund. Quest’ultimo passa dai 145 punti-base di metà maggio ai 55 di metà settembre, e galleggia oggi intorno ai 70 punti-base”.
 
Ma la BNS rischia di trovarsi con ampie quantità di euro in cassaforte, e sta comprando il dollaro australiano e la corona svedese, in quanto carta tripla A, “mandando alle stelle il cambio di quei paesi senza apparente motivazione fondamentale (men che mai nel caso australiano, il canarino nella miniera cinese)”, conclude Phastidio.
 
Le strategie finanziarie svizzere sembrano dunque scavalcare mari e monti.
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