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Urge missione chiara per Finmeccanica

In vista dell’incontro, il prossimo 16 ottobre, tra il governo e i vertici di Finmeccanica iniziano a circolare già i nomi dei possibili sostituti del capo azienda Giuseppe Orsi. Qui a Formiche.net siamo poco appassionati al toto-nomine. Certo, i dissidi tra Orsi e il ministro dell’Economia, Vittorio Grilli, sono ormai palesi. Peccato non riguardino strategie industriali, alleanze internazionali, perimetri del gruppo. O forse qualche divergenza c’è, ma è offuscata da altre vicende più personalistiche su cui si intreccia anche la maggiore sintonia che c’è tra Grilli e Alessandro Pansa, direttore generale di Finmeccanica.
 
Quello che purtroppo si deve notare, però, è che in vista di un possibile cambio della guardia alla testa del gruppo attivo nell’aerospazio e nella difesa partecipato dal Tesoro manca del tutto una discussione sul futuro strategico e geopolitico di Finmeccanica. Il gruppo di Piazza Monte Grappa non è un’isola aziendale a sé rispetto allo Stato, all’industria della difesa e all’eccellenza tecnologica italiana, nonostante gli episodi su cui sta indagando la magistratura.
 
Sarebbe interessante conoscere quale idea di Finmeccanica abbia il governo tecnico: si augura un conglomerato come quello attuale? Oppure un gruppo più snello e focalizzato solo su alcuni settori? Qui non ci impanchiamo a indicare soluzioni. Formiche.net è piuttosto interessata a comprendere se l’esecutivo intravvede per il gruppo uno scenario di alleanze europee oppure opzioni extraeuropee con sponde diverse e multilaterali.
 
Certo, il colosso frutto della fusione tra Eads e Bae è collassato. E questo, secondo alcuni osservatori, è ritenuto uno scampato pericolo per Finmeccanica, che rischiava di rimanere isolata. Ma quello che non si può non sottolineare è stata l’assenza, e fors’anche la non conoscenza, di un dossier su cui stavano lavorando ben tre governi, quello tedesco, quello francese e quello inglese. Magari tra Palazzo Chigi, Farnesina e via Venti Settembre la situazione era sotto controllo. Ma il dubbio che non fosse così è lecito.
 
La questione del futuro dell’industria nazionale della difesa non è meramente politicistica. Basti pensare a quello che sta avvenendo per Ansaldo Energia, controllata di Finmeccanica. C’è chi dice che, anche per fare cassa, i vertici attuali del gruppo di Piazza Monte Grappa avevano già trovato un accordo per vendere la società alla tedesca Siemens. Emblematica, tra l’altro, la scelta di Deutsche Bank come advisor di Finmeccanica. Dietrologie? Forse. Sta di fatto che non ci pare si sia posto l’interrogativo se Ansaldo Energia possa essere uno snodo potenziale di attività e sistemi infrastrutturali energetici su cui l’Italia avrà bisogno e sui quali dovrà puntare. Ad esempio ci chiediamo: per caso Ansaldo Energia può essere il cuore di un gruppo che, magari con Sogin, possa sviluppare il settore del decommissioning per le scorie nucleari; un comparto del quale la Germania avrà presto necessità vista la progressiva uscita dal nucleare?
 
Ecco, detto in poche parole: ci aspettiamo che il governo dia una missione precisa a Finmeccanica, più che pensare solo a cambiare il top management. Buon lavoro.
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