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Israele e Siria le incognite per Barack

Obama ha vinto il secondo mandato, con un voto popolare sostanzialmente diviso in due e un Congresso spaccato come durante i primi quattro anni: la Camera ai Repubblicani e il Senato ai democratici. Riuscirà a governare?
 
Il primo appuntamento è con il baratro fiscale, occorre un accordo con i Repubblicani per affrontare il debito pubblico senza provocare recessione. Ce la farà? Wall Street crede di sì. Il giorno delle elezioni l’indice Dow Jones è salito dell’1%, alla faccia di chi pensava che la finanza era contro Obama. I poteri forti hanno scelto il già noto, magari non amato, all’ignoto che ha dimostrato tutta la sua velleitaria inconsistenza. E i Repubblicani sono a pezzi. Non giocheranno allo sfascio.
 
L’Europa stappa champagne, festeggia anche Mario Monti che non perde il suo interlocutore privilegiato il quale gli ha già dato un aiutino. Sugli scudi Sergio Marchionne, la Chrysler ha giocato per la riconferma di Obama. Anche la Cina potrà gestire adesso il suo cambio al vertice con maggior tranquillità, sapendo bene chi hanno dall’altra parte.
 
La grande incognita riguarda il Medio Oriente. Non è contento Netanyahu che ha scommesso troppo su Romney. Ma la prima grossa grana per Obama Due sarà la Siria. Qui dovrà dimostrare tutto quello che non ci ha mostrato nei quattro anni precedenti. Riprendendo il filo del discorso del Cairo. Obama deve ancora provare che dietro la sua trascinante retorica non c’è il vuoto.
 
Si dice che il secondo mandato è sempre per restare nella storia. Rilanciare l’economia mondiale, gestire il cambiamento pacifico nel Mediterraneo, spingere la Cina ad accelerare le sue riforme in senso “liberale”, riunifica l’America, ecco gli appuntamenti con la storia.
 
Stefano Cingolani
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