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Italia Futura è un partito di cattolici. Parola di cattolico

Doveva essere chiaro a tutti quelli che erano presenti alla convention agli Studios di sabato che i giorni seguenti sarebbero stati caratterizzati da un´intensa discussione. In effetti, 6500 persone sono tantissime, e il riuscire a portarle fuori dai loro gusci per farle partecipare a un evento così chiaramente politico è in sé un fatto degno di nota che è giusto produca pensieri.

Oltretutto molto chiaro è apparso subito il segno “cattolico” di questa impresa che Italia Futura si appresta a mettere in campo con alcune associazioni di fedeli, partendo dalle prossime elezioni del 2013. Una presenza, per una volta, che non è stata confessionale nel senso deteriore del termine, ossia orientata a idee esposte ad hoc per compiacere la gerarchia ecclesiastica. Tutt´altro, non c´è stata alcuna enucleazione rumorosa e solenne dei tanto amati “principi non negoziabili”. Quello che si è visto è un campione rappresentativo di un elettorato tipicamente di centro, ossia medio borghese e non moderato (la parola “moderato”, infatti, non significa niente), attrezzato intellettualmente e culturalmente, pronto ad accogliere la presenza di associazioni cattoliche come le Acli e Sant´Egidio, pur non essendo per definizione nessuno dei presenti “ufficialmente credente”.

La cosa veramente singolare è che due tra i soggetti protagonisti del cammino di riattivazione della Chiesa in questi anni, iniziato con Todi uno e due, abbiano voluto contribuire attivamente all´obiettivo nuovo di consolidamento e sostegno dell´Agenda Monti, e, di conseguenza, partecipino a quanto potrà concorrere domani a rafforzare democraticamente l´attuale esecutivo o comunque la sua filosofia di governo.

Bene. E´ logico, nondimeno, che il trapianto di una parte consistente del movimento ecclesiale in un soggetto politico, che fino a ieri appariva “laico”, abbia fatto specie. O perlomeno era prevedibile che aprisse tra i cattolici ufficiali alcuni dubbi essenziali. Riporta il Corriere della Sera, ad esempio, che Carlo Costalli, presidente del Movimento cristiano dei lavoratori, ha sollevato la questione stringente dei cosiddetti “valori non negoziabili”, osservando come il fatto stesso che non siano stati citati pubblicante dai relatori sia segno di diniego o di scarsa sensibilità per essi da parte dei promotori della Terza Repubblica.

In realtà è del tutto evidente la convenienza che Riccardi e Oliviero non li abbiano annoverati se non di sfuggita. La Chiesa Cattolica, e la Nota dottrinale di Ratzinger è lì a ricordarlo, non considera, infatti, la tutela della vita, la difesa del matrimonio e così via dei valori politici. Dice piuttosto che essi, al pari degli assiomi per la matematica, sono attinenze che oltrepassano l´ambito della discussione e vanno più in là dell´ambito democratico, rendendo possibile la razionalità stessa del dibattito liberale. Il confine in questo frangente è sottile ma molto rilevante. Se un principio non è negoziabile, non è democratico. E se non è democratico o è superiore alla politica o è proprio di una politica antidemocratica. Tutto ciò vale ad esclusione, ovviamente, della necessaria difesa pubblica di quei valori quando essi siano minacciati da una cattiva politica che esce dal seminato e indebitamente li attacca.

Se, per giunta, si riconosce che la democrazia pluralista genera l´ordine politico attraverso il consenso. E se il consenso è frutto della discussione. E´ chiaro che quei principi o valori che sono sottratti alla discussione sono sottratti pure alla democrazia. E se tali principi diventano ispiratori positivi di una politica, si consuma l´errore deleterio che ha danneggiato irreparabilmente la discussione nelle scorse due ultime legislature, cioè la presenza di alcune forze politiche che spingono ad affermare sul piano liberale, contro ogni discussione, contenuti che per loro natura sono e restano estranei alla sovranità popolare perché sciolti da ogni possibile discussione, come ad esempio eutanasia e matrimoni tra omosessuali.

Visto in quest´ottica sanamente laica, il credente sa che la democrazia è fondamentale per la politica, ma che la politica debba darsi un limite che non può travalicare senza perdere se stessa. Al contrario di chi pensa che tutto sia politicizzabile, la Chiesa ci ricorda saggiamente che alcuni valori sono troppo grandi perché siano trascinati nella gogna mediatica che è tipica della controversia legittima tra diverse proposte elettorali. E´ fondamentale, quindi, per avere una buona politica che questi limiti non siano né oltrepassati in senso negativo, né strumentalizzati in senso positivo. E questo è quanto differenzia una visione laica sana dal massimalismo integralista e laicista.

Tutto si può dire, insomma, di sabato scorso, ma certo non che tale limite non sia stato consapevolmente garantito e mantenuto. Un gruppo di persone che ha una matrice così smaccatamente vicina alla cultura cattolica avrebbe potuto fare buon gioco attraverso l´uso improprio di tali valori irrinunciabili. Invece, giustamente, questo travisamento non è avvenuto. E´ emerso, per contro, un passo in avanti proprio nel senso della laicità. Niente crociate e nessuna esasperazione radicale, ma oggettivo interesse per le questioni smaccatamente concrete e temporali: sussidiarietà, solidarietà, rinnovamento della classe dirigente, defiscalizzazione, nonché partecipazione a un progetto unitario di rinascita nazionale a favore di Monti. In tal modo è importante che altri cattolici si sentano liberi di guardare altrove e che altre forze politiche imparino a trattare i temi di principio in questo modo, lasciandoli al loro posto, fuori dal dibattito corrente.

Per carità, evitiamo accuratamente di fare nuovamente materia di ardore democratico come si vive e come si muore perché ciò somiglierebbe a quel tale che era tutto contento di aver chiuso un´aquila in gabbia pensando di averle fatto il favore di essere ammirata.

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