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Scassiniamo la Cassa dello Stato (Cdp). L’urlo di Stagnaro

Diceva Margaret Thatcher che l´Inghilterra, all´epoca in cui lei fece il suo ingresso a Downing Street numero 10, era un Paese nel quale le imprese private erano controllate dai funzionari pubblici e quelle pubbliche da nessuno. L´Italia potrebbe oggi diventare un Paese nel quale le imprese private sono controllate dalla Cassa depositi e prestiti, e la Cdp da nessuno.
 
La Cdp è una delle eredità più tenaci lasciate dal ventennio tremontiano. Oggi la Cassa – società formalmente privata ma sostanzialmente pubblica, o meglio privata o pubblica secondo la convenienza del momento – direttamente o indirettamente partecipa in posizione chiave a molti settori dell´economia italiana.
Direttamente, controlla alcune tra le maggiori utility (Snam, Terna e il colosso dell´oil & gas Eni), Finmeccanica, una piccola quota di StMicroelectronics. Attraverso i fondi da essa partecipati (F2i) o controllati (Fsi) è invece in una serie di business che vanno dalle energie rinnovabili alle reti di distribuzione locale dell´elettricità e del gas.
 
Inoltre, la Cdp rafforza il conflitto d´interesse implicito nella proprietà pubblica di Poste, della quale amministra il risparmio dei correntisti (garantito dallo Stato). Infine, proprio per la sua natura ibrida Cdp si presta a operazioni di cosmesi finanziaria, come l´acquisto dal Tesoro di Sace, Fintecna e Simest che, attraverso una partita di giro, ha prodotto una riduzione apparente del debito pubblico ai fini Eurostat.
 
Come ha scritto Luigi Zingales, però, “per il governo italiano la Cdp altro non è che una di quelle entità fuori bilancio (Special Purpose Entity) inammissibili nel settore privato ma permesse nel settore pubblico che vive di regole diverse”. Nelle prossime settimane, sul sito dell´Istituto Bruno Leoni sarà possibile consultare una sezione apposita – “Abbiamo una Cassa”, curata da Lucia Quaglino – nella quale verranno fornite una serie di informazioni di cui non tutti sembrano essere consapevoli: dalla descrizione della “galassia Cdp” (che è stata pure al centro di una bella inchiesta di Luca Martinelli per Altreconomia) alla spiegazione del perché la Cdp è, formalmente, al di fuori del perimetro pubblico ma, sostanzialmente, no. Una osservazione su tutte: nessuna delle tre agenzie di rating distingue la Cdp dallo Stato, riconoscendo che il rapporto tra Tesoro e Cassa non è gerarchico: è osmotico.
 
Tuttavia, è proprio in un momento di debolezza della politica che la Cassa conosce la massima espansione, a dimostrazione del fatto che non esiste alcun efficace strumento che limiti l´espansione dello Stato, nel momento in cui la porta viene lasciata socchiusa: come il Nulla nella “Storia infinita” di Michael Ende, la Cdp si allarga sempre e non si restringe mai. E non importa se le operazioni vengono presentate come temporanee: certe promesse, in politica, sono evanescenti.
 
La strategia svelata da Formiche.net è perfettamente funzionale a una visione della Cassa come epicentro di un ritorno pesante dello Stato imprenditore, specialmente nei settori regolati dove paradossalmente le liberalizzazioni parevano aver segnato una discontinuità forte. Discontinuità che, invece, ha trovato un contrappeso nell’inossidabile coerenza con cui i governi di centrodestra e centrosinistra hanno progressivamente allentato le briglie della “banca dello Stato”.
Adesso la Cassa si sta muovendo, attraverso F2i e Fsi, nel mondo delle utility locali, al fine dichiarato di promuovere il consolidamento del settore e l´aggregazione di società spesso frammentate e inefficienti.
 
Lodevole intenzione, ma perché il driver deve venire da un ente pubblico? La principale ragione per cui queste realtà rimangono frammentate e inefficienti è che esse sono alla mercé della politica e dei partiti, essendo perlopiù partecipate dagli enti locali. Cioè a determinare inefficienze, extracosti e incapacità di trovare una dimensione adeguata è legata principalmente al fatto che molte utility locali sono e restano feudi dei partiti. Non v´è dubbio, in questo senso, che l´intervento della Cdp possa avviare un processo di fusioni e acquisizioni, ma trattandosi sempre, in ultima analisi, di un intervento di marca politica, non vi è alcuna garanzia che tale processo saprà trovare la dimensione “ottima”, in considerazione delle condizioni esterne del mercato, della tecnologia, eccetera. Anzi, vi è la quasi garanzia che ci si spingerà troppo in là, verso una concentrazione eccessiva, come sta accadendo per esempio nella distribuzione locale del gas attraverso F2i, da un lato, e Snam, dall´altro.
 
Non solo: se si guarda in controluce il progetto della Cassa, si osserva che siamo in presenza del tentativo neppure troppo mascherato di riunire l´intera infrastruttura energetica in mani pubbliche, destituendo quindi di senso il tentativo di introdurre forme di concorrenza per il mercato. Cioè, nel nome di una presunta efficienza tecnocratica, la Cdp è al centro di un gigantesco fenomeno di riavvolgimento della storia, a valle del quale c´è la centralizzazione – per ora – dei segmenti regolati del mercato. E´ grave che questo possa accadere, è più grave che la scelta venga di fatto affidata a un soggetto strumentale del governo dal profilo ambiguo, ed è gravissimo che il disegno (se questo è) non sia reso in alcun modo esplicito.
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