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Crisi greca: sicuri che il peggio sia alle spalle?

Facciamo un gioco. Si prenda la crisi greca e la si scomponga analiticamente, pesando nel merito provvedimenti e ricadute sulla vita quotidiana di cittadini e conti pubblici: che panorama viene fuori? La Grecia che ha strappato l’ultimo mega prestito da 40 miliardi di euro si appresta a chiudere un annus horribilis, dal momento che non è dato sapere se la cura della troika sanerà definitivamente il malato grave ellenico. Per ora gli emissari di Ue, Bce e Fmi hanno fornito nuove direttive, tagliato stipendi e pensioni, introdotto nuove tasse, aumentato quelle già esistenti, senza toccare però né i grandi patrimoni né i privilegi della casta. E gli undici milioni di cittadini? Disoccupazione record al 26%, senzatetto in costante e progressivo aumento ad Atene, Salonicco e Patrasso, ceto medio quasi scomparso, soglia dei diritti costituzionalmente garantiti che si assottiglia sempre più, tanto da provocare l’attenzione dell’Onu e delle ong come Medici senza frontiere, pensioni cumulabili della casta salvate per gli eletti fino allo scorso novembre. Quanto basta per ragionare a mente fredda su quale Grecia esca da questo 2012. Il Paese è stato salvato, come le sue banche e il suo debito riacquistato: ma a che prezzo?
Secondo il Ministero della Pianificazione nel 2013 saranno 25.000 i dipendenti pubblici da mettere in mobilità nei primi tre mesi. Un numero che verrà ottenuto “pescando” in quattro settori: il riassetto delle strutture e dei servizi dei ministeri che dovrebbero scendere del 50%; la creazione di standard amministrativi da applicare alle strutture di altri enti pubblici, come i comuni, gli ospedali, i fondi pensione, le università e gli enti pubblici; la fusione o la soppressione di enti e organizzazioni; il censimento analitico di tutti i dipendenti pubblici. Un provvedimento necessario che non fa una grinza, d’altronde di dipendenti pubblici ce n’erano troppi in Grecia, come, per dirne una, all’Alitalia. Ma come mai non si è provveduto a tassare, ad esempio, gli armatori, o quei grandi gruppi industriali che proseguono in macroscopici ed imbarazzanti conflitti di interessi? Fino a quando premier e ministro delle finanze non risponderanno a questo quesito, a nulla serviranno le rassicurazioni del tedesco Schaeuble sul fatto che “il peggio è passato”. Semplicemente perché quel peggio (purtroppo) deve ancora venire.

Twitter@FDepalo

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