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Come evitare altri casi Latorre e Girone

Dopo dieci mesi i due fucilieri arrestati in India torneranno in Italia per le festività natalizie grazie a una “cauzione” da 826 mila euro. Ma non è certo che un caso simile, che ha incrinato i rapporti diplomatici tra Roma e Nuova Delhi, non si ripeterà in futuro in un contesto in cui dal 2005 a oggi 42 navi italiane sono state attaccate dai pirati e sei di queste sequestrate. Eppure la detenzione nel Kerala dei Marò, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, non è bastata a consentire anche a team privati a contratto degli armatori, i cosiddetti contractor, di salire a bordo per difendere le navi con il rischio, ancora attuale, di fare fuggire gli armatori dall’Italia. L’ingaggio di forze private è stato previsto e approvato con la legge n. 130 dell’agosto 2011 che consentiva l’impiego di forze armate a bordo, sia pubbliche sia private, allineando l’Italia a prassi già usate in Francia, Spagna, Germania, Regno Unito e Corea del sud. Nella relazione annuale, dedicata al “piracy alert” del 20 giugno 2012, l’associazione degli armatori Confitarma segnalava che “la definizione degli aspetti normativi e giuridici di regolamentazione – di competenza del ministero dell’Interno – è al momento allo studio”.

Il riferimento è al decreto attuativo che il ministro dell’Interno ha stilato “di concerto” con quello della Difesa e delle Infrastrutture e trasporti che giace tuttora al dicastero in attesa della firma che doveva arrivare entro 180 giorni. Lo staff del ministro Annamaria Cancellieri non ha fornito i chiarimenti richiesti mercoledì dal Foglio sul perché la pratica sia ferma. Dopo avere sentito il Consiglio di stato e la Farnesina, il ministero si proponeva di adottare il provvedimento per disporre “l’impiego di guardie giurate sui mercantili battenti bandiera italiana, che transitano in acque a rischio pirateria”, come Somalia, Golfo di Aden, mar Rosso, mar Arabico, oceano Indiano e Oman, per via della “necessità di garantire adeguati servizi di protezione delle navi”, si legge nel provvedimento.

Ciò non elimina un rischio economico per il Paese. Infatti non poter scegliere se avere milizie private a bordo, secondo il presidente di Confitarma, Paolo d’Amico, farebbe migrare gli armatori: “Gran parte della nostra flotta potrebbe cambiare bandiera per la mancanza di un provvedimento amministrativo a costo zero”, ha detto d’Amico che ha anche inviato una lettera a Cancellieri per sollecitare la pratica. La gigantesca nave tonniera “Torre Giulia”, operante nell’oceano Indiano, per questo motivo ora batte bandiera francese. Se si considera una nave come un’azienda nazionale, cambiando bandiera è come se “delocalizzasse” la propria attività che, come nota Luigi Giannini, direttore generale di Federpesca, “non sarebbe coerente con la difesa di un patrimonio nazionale quali sono i mercantili e i pescherecci”. Un giro d’affari complessivo che vale il 3 per cento del pil con relativa quota di impieghi per una flotta mercantile di 1.619 navi.

(sintesi di un articolo più ampio che si può leggere qui)

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