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La fabbrica mondiale di hacker è la Cina. Parola di Schmidt (Google)

“Fate attenzione alla Cina, la più prolififca e sofisticata fabbrica di hackers nel mondo”. Questa è stata l’avvertenza del presidente di Google, Eric Schmidt, nel suo nuovo libro in uscita ad aprile “The New Digital Age” scritto insieme a Jared Cohen. Il libro non è ancora arrivato sugli scaffali delle librerie che ha già trovato riscontro con la realtà: gli attacchi informatici subiti dai siti web del New York Times e il Wall Street Journal da parte di hacker, appunto, cinesi.

Secondo il quotidiano inglese The Guardian, il testo di Schmidt non risparmia critica ma punta il dito soprattutto sulla pericolosità della Cina sul web. Il presidente di Google sostiene che la minaccia della potenza cinese si deve, soprattutto, perché non si fa scrupoli al momento di entrare in una concorrenza illecita. “La disparità tra le imprese statunitense e cinesi e i suoi governi è un chiaro svantaggio. Gli Stati Uniti non prenderebbero mai il cammino dello spionaggio corporativo digitale, già che le leggi sono rigide (e messe in pratica meglio) e perché la concorrenza illecita viola il senso nordamericano del gioco pulito”, ha scritto Schmidt. Differenze non solo sul piano morale ma anche legale.

Il Wall Street Journal ha anticipato alcuni passaggi di “The New Digital Age”. Il libro punta sulla Cina come un Paese che ha provato ad utilizzare il potere dell’era digitale in maniera negativa, specialmente nelle sue (nocive) interazioni con gli Stati Uniti. Ma anche, a sua volta, su alcuni atteggiamenti degli Usa come i cyber attacchi Stuxnet contro gli “nemici” degli americani.
Ma Schmidt e Cohen sono del parere che la Cina potrebbe fallire nel suo tentativo di attacco informatico e totalitarismo ideologico e politico proprio a causa dello scontento interno del popolo cinese. “Questa combinazione di cittadini attivi provisti di dispositivi tecnologici e rigido controllo da parte dello Stato è estremamente volatile”, hanno scritto.

In un intervento all’Università di Cambridge Schmidt aveva detto che, per esempio, il tentativo del governo di Pechino di nascondere un incidente di treni è fallito grazie alle immagini riprese dai telefonini che i cittadini hanno fatto circolare sul web.

Nonostante Schmidt si sia fatto un giro nell’ermetica Pyongyang, la guerra di Google per una rete più libera non ha tregua. Non solo con il programma “Free and Open Web”, ma con accuse come quella del 2010 contro gli attacchi cinesi al data base di Gmail.

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