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Le dimissioni di Ratzinger, i timori di Bertone e le attese di Scola

E’ stato Benedetto XVI in persona a voler fornire la spiegazione del proprio gesto. Dimissioni che, per il diritto canonico, non richiedono nessuna accettazione e, soprattutto, nessuna spiegazione.

Ma il Papa ha voluto spegnere sin dal nascere tutti quei mormorii intorno alle sue presunte gravi malattie. “Per governare la barca di San Pietro ed annunciare il Vangelo, è necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell’animo” ha dichiarato Benedetto XVI ai cardinali riuniti in concistoro.

Un vigore del corpo che il Papa sente venire meno e che è sotto gli occhi di tutti (un po’ di tempo fa è stato introdotto l’uso della pedana mobile per gli spostamenti all’interno della Basilica di San Pietro), tanto che gli stessi medici gli hanno più volte sconsigliato di intraprendere viaggi troppo faticosi.

Ma, come dimostrano le sue stesse parole, Benedetto XVI sente venire meno anche il “vigore dell’animo”. E qui la vecchiaia c’entra ben poco, lasciando spazio ai vari scandali che hanno toccato il Pontefice, dal caso dei lefebvriani a Vatileaks, passando per la piaga della pedofilia. Attacchi a lui rivolti ma che, in alcuni casi, miravano a colpire quello che da sempre è uno dei suoi più stretti collaboratori: il Segretario di Stato, Tarcisio Bertone.

L’ascesa di Bertone

Bertone, salesiano, era il segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede quando l’allora cardinale Ratzinger ne era il prefetto. Giovanni Paolo II, probabilmente su suggerimento dello stesso Ratzinger, inviò Bertone a Genova per sostituire il cardinale Dionigi Tettamanzi, destinato alla guida dell’arcidiocesi di Milano. Una promozione, dal momento che Genova è da sempre un trampolino di lancio per coloro che ambiscono a ricoprire cariche più importanti. E quando il cardinale Ratzinger, nell’aprile 2005, venne chiamato al soglio di Pietro, la scelta, scontata, per la carica di Segretario di Stato, ricadde proprio sul suo storico collaboratore, nonché amico, Tarcisio Bertone. Ma cosa succederà ora a Bertone, la cui sorte sembra legata strettamente a Benedetto XVI?

I poteri del camerlengo Bertone

Nel 2007 Benedetto XVI decise di nominare il Segretario di Stato, Tarcisio Bertone, come nuovo Camerlengo della Santa Sede. Una nomina non proprio scontata, dal momento che l’incarico di Camerlengo e quello di Segretario di Stato è sempre rimasto distinto. Solo in due casi, in realtà, questa usanza è venuta meno: nel caso di Eugenio Pacelli, divenuto poi Pio XII, e in quello di Jean Marie Villot, che venne poi sostituito dal cardinale Agostino Casaroli.

Nel periodo di sede vacante, a partire dalle ore 20 del 28 febbraio, Bertone sarà quindi chiamato a curare l’amministrazione Vaticana sino al conclave. Al di là dei compiti legati alla morte del Pontefice (e non è questo il caso), infatti, avrà comunque un ruolo di grande responsabilità e potrà, in un certo senso, esercitare una certa influenza sul conclave. E di sicuro in questi giorni Bertone penserà a lungo al precedente più beneaugurante: quel cardinale Ratzinger, che entrato in conclave da Camerlengo ne uscì Papa.

Tutti (o quasi) contro Bertone

Non si deve però dimenticare come Bertone abbia creato, sin da subito, numerose rivalità all’interno della Curia romana, e soprattutto all’interno di quella Segreteria di Stato, da lui guidata, e che è il vero motore della Chiesa. In Segreteria, infatti, non è mai stata accettata la nomina di un Segretario di Stato che non provenisse dalla prestigiosa diplomazia pontificia, non avendo Bertone mai svolto esperienze di questo tipo.  E se Bertone è riuscito così a lungo a rimanere alla guida della diplomazia della Santa Sede, lo deve al suo grande protettore, che ha cercato di difenderlo ogni volta che ha potuto: Benedetto XVI.

Ancora fresca è nella memoria di molti la visita di un gruppo di influenti cardinali, tra cui Ruini, a Papa Benedetto XVI, a Castel Gandolfo, per chiedere la “testa” di Bertone. Secco il rifiuto del Papa: “L’uomo resta dov’è e basta”. Ma ora Benedetto XVI ha deciso di mollare perché sente di non avere più il comando e il controllo della Chiesa e, forse, per evitare che a governare in sua vece possa essere proprio quel Tarcisio Bertone che tante tensioni e divisioni ha creato in seno alla Chiesa.

Così la pensa, in particolare, il giornalista Gianluigi Nuzzi che dalle colonne di Libero ha scritto: “Se lascia il pontificato oggi Benedetto XVI è per evitare di passare negli ultimi anni di vita il timone pieno al suo Segretario di Stato, uomo così lontano dal teologo fine e sensibile che ha paura”.

Un Bertone, che ha, tra l’altro, rapporti non proprio idilliaci con quei cardinali che sono da sempre molto legati a Benedetto XVI e che vedranno crescere la propria influenza in Curia nonostante tutto: Mauro Piacenza, prefetto della Congregazione per il Clero, etichettato inizialmente come bertoniano ma che, dopo lo scoppio dei vari scandali, ha scelto una posizione più defilata e Ferdinando Filoni, prefetto di Propaganda Fide, noto anche come “Papa rosso”.

Scrive Carlo Marroni sul Sole 24 Ore: “Ratzinger sapeva da tempo che questa situazione aveva bisogno di una scossa, ma non voleva stravolgere l’assetto di comando dato nel 2006 con il cardinale Tarcisio Bertone alla guida del governo, nonostante fossero tante le spinte del ricambio. Poi le nomine degli ultimi due anni, con un rafforzamento deciso del “partito dell’Appartamento”, uomini a lui vicini, nei posti chiave a presidiare i punti sensibili”.

In tal senso, quindi, va letta la recente nomina del segretario particolare Don Georg a prefetto della Casa Pontificia. Tra Bertone e Don Georg, si dice, non correrebbe buon sangue nell’ultimo periodo. Sulla stessa linea anche Paolo Griseri oggi su Repubblica, per il quale “Bertone, nominato Segretario di Stato, si è inimicato a sua volta una fetta di Curia sostituendo gradualmente gli uomini vicini al suo predecessore, un altro piemontese, l’astigiano Angelo Sodano”.

Già, proprio quel Sodano che mai ha digerito la scelta di un non diplomatico alla guida della e che oggi è il decano del collegio cardinalizio, altra figura chiave in vista del’elezione del nuovo Pontefice. Ma il “colpo di grazia” alle velleità di Bertone potrebbe arrivare dal conclave stesso, qualora i porporati elettori optassero per il suo acerrimo nemico: il cardinale di Milano, Angelo Scola. Proprio quell’Angelo Scola che in estate si recò, insieme con altri tre cardinali, a Castel Gandolfo a chiedere la “testa” di Bertone.

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