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E se affidassimo alle arti la rinascita del pil?

Quando si inneggia alla cultura come cemento di stati e popoli, così come hanno fatto Galli della Loggia ed Esposito nel loro appello per il Ministero della Cultura, non si fa un mero esercizio retorico. Bensì si traccia una strada precisa da seguire: perché la cultura, ovvero le arti, la musica, la letteratura, “aprono” le menti, sviluppano sensibilità e dolcezza di neuroni, forgiano uomini nuovi e disponibili a produrre idee. Il periodico ritornello sull’importanza della cultura potrebbe essere fermato una volta per tutte se si smettessero i panni del perbenismo e dell’ipocrisia su una qualità italiana. La cultura è purtroppo uno stendardo che si agita solo a urne vicine, quando invece dovrebbe essere il comun denominatore per accrescere la qualità dei singoli e produrre pil. Si pensi che il solo indotto della cultura nella Capitale sul bilancio complessivo presenta numeri importanti, ciò che manca è il raccordo istituzionale e la consapevolezza politica. Se Paestum fosse in Francia sarebbe un’industria vera con fatturati interessanti e un circuito di “reti” costruite appositamente.

Scorrendo le agenzie si trovano, abbinati ai candidati premier dei vari schieramenti, pochissimi spunti programmatici sulla cultura. Mostrando di non aver compreso come proprio quel comparto può essere il punto di partenza, ma di contro anche fonte di debacle. Non solo il sito di Sibari sommerso dall’acqua, o i pezzi di Pompei che periodicamente crollano sotto l’incuria colpevole. Il mancato introito di risorse dell’indotto culturale è anch’esso un danno al pil italiano, che alimenta recriminazioni e rimpianti. Strutturare un Ministero ad hoc, formando manager della cultura qualificati, che abbinino con lungimiranza eventi sostenibili a una nuova filantropia che in Italia purtroppo ancora latita, potrebbe essere un’idea da inserire nelle agende e nei programmi. Che, anche questa volta, sembrano indifferenti proprio alla voce “cultura”. Quanti denari e quante energie si perdono per strada per un indotto che potrebbe essere gestito in maniera scientifica e industriale, magari con un forum annuale da tenere in Italia, con un brand della cultura che il belpaese detiene ma che non usa e che invece potrebbe esportare.

Il Louvre è il primo museo al mondo per visite, non avrebbe bisogno di altri artifizi per incrementare il numero degli utenti eppure si è inventato i venerdì dedicati agli under 30. Con il risultato che le presenze, anche in tempi di crisi, aumentano. Servono progetti alternativi per attrarre nuovi utenti, edificando su questa convinzione una vera e propria impalcatura professionale come nel pamphlet “La Piramide s’abbassa” di Dimitri Coromilas (Armando Siciliano Editore), una sorta di solare ramanzina, a volte forte, a volte sottintesa, che bacchetta tutti coloro che non vogliono comprendere come la salvezza finanziaria dell’Italia si trovi nella sua impareggiabile cultura ed esclusivamente in essa. Le analisi sulla drammaticità della crisi economica si sprecano. Ciò che serve a questo punto del viaggio verso un nuovo rinascimento italico sono soluzioni e proposte.

Twitter@FDepalo

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