Skip to main content

DISPONIBILI GLI ULTIMI NUMERI DELLE NOSTRE RIVISTE.

 

ultima rivista formiche
ultima rivista airpress

Vi spiego perché la trovata di Berlusconi sull’Imu è anti-democratica

La campagna elettorale è divenuta ormai l’occasione per spararle grosse. Purtroppo non è una grande novità. E in questo Berlusconi è difficile che possa essere battuto.

Il riferimento va ovviamente all’Imu, ossia alla proposta sconcertante che il Cavaliere ha fatto domenica non solo di abolirla, ma di restituire ai cittadini l’erogazione dell’anno scorso. Tutto ciò cade generalmente nel modo tutto comunicativo e scandalistico, e poco ragionevole, che i maggiori protagonisti hanno di concepire il forum elettorale.

D’altronde, noi ci siamo talmente abituati a ragionare in termini a-politici da aver trasformato l’aspetto mediatico, pure importante in sé, nell’essenza stessa di finte proposte ideali, perdendo, appunto, con ciò la sostanza reale delle cose. Ad ogni buon conto, sul tema specifico della tassa immobiliare, si nascondono paradigmi filosofici inespressi che sono dirimenti sulla portata più o meno democratica dei programmi elettorali. Sostenere, ad esempio, l’abolizione di un imposta patrimoniale come tale non comporta nulla in sé. Se essa, però, non è coperta da una crescita del 3-4% del Pil annuo, la quale soltanto potrebbe autorizzare una rinuncia ad un entrata fiscale tanto cospicua, è alla fine una boiata pazzesca.

Il problema che ci viene suggerito, sotto la coltre degli spot, è però molto interessante, riguardando la forma e la struttura che si vuol dare alle istituzioni. Tale rilievo deve essere argomentato con dovizia. Al centro sta la difficile gestione di una comunità eterogenea e spalmata su uno spazio geografico “troppo lungo”, come lo ha definito efficacemente Giorgio Ruffolo in un recente libro. Un territorio che non permette facilmente la creazione tra gli italiani di una tangibile unità omogenea di tipo popolare. A causa di questo, la genesi dell’ordine politico scivola continuamente in un doppio rischio.

Da un lato, quello di sacrificare le divisioni dovute all’eterogeneità sociale sull’altare di una visione statalista di tipo partitico, assorbendone cioè il frazionamento comunitario nella politica-apparato, facendosi sedurre dall’idea che la democrazia debba imbavagliare la società in regole e in strutture organizzative tali da depotenziare la portata evolutiva, dinamica e potenzialmente propulsiva della democrazia. Spiace dirlo ma questa prima ipotesi rimane ancora la base culturale della sinistra, non solo di Sel ma anche del Pd. Il problema in tal senso non è Imu sì o no, ma la mentalità che si possiede. Il Partito Democratico si sente autenticamente democratico soprattutto perché crede nella modalità egualitaria tradizionale con cui deve essere arginato e riportato nell’alveo del controllo politico il dinamismo sociale ed economico. Non mi sembra che tale persuasione sia mai stata abbandonata o abbia perso il suo lustro, a due decenni dalla fine del comunismo. E, men che meno, sotto l’attuale segreteria Bersani.

La seconda alternativa è quella prospettata, invece, da Pdl e Lega, due movimenti che muovono da un’idea opposta di democrazia, sorretta sulla certezza che al frazionamento della società si debba rispondere o con l’autonomia di singole aree territoriali, oppure con la bandiera vuota e appariscente di una sommatoria di interessi diretti, sottratti alla partecipazione effettiva dei cittadini alle istituzioni, nonché ai doveri dello Stato e dell’Europa. Anche in questo caso la proposta è formalmente democratica, unicamente nel senso però di sottrarre gli utili prevalenti agli obblighi che la pratica costituzionale impone, sulla base del consenso elettorale. Sotto la coperta carismatica di Berlusconi la democrazia gode e si addormenta da anni, lasciando il passo allo strapotere libero di alcuni monopoli spettacolari.

L’alternativa, quindi, nascosta dietro la finta querelle sull’Imu è, di fatto, molto radicale: antidemocrazia di sinistra e di destra, ma sempre antidemocrazia consociativa e distruttiva. Si contrappongono insomma due opposte visioni ideologiche regressive che sono entrambe a rischio di scivolamento anti democratico, ossia di riduzione dell’incidenza culturale e popolare dalla società civile nei processi decisionali.

Ecco perché, al di là del settarismo, è molto importante sostenere, non quindi dal solo punto di vista elettorale, una terza proposta politica e culturale che sia veramente di democrazia integrale, secondo cui per avere legittimità a comandare non basti cioè riconoscere una minima eguaglianza politica dei cittadini, unita ad un consenso raggiunto in modo più o meno riuscito da qualche coalizione, ma che si aspiri ad una crescita economica e etica della condivisione comunitaria del popolo italiano su alcuni valori esistenziali, proponendo un incremento dei diritti e dei doveri collettivi. Superare i populismi anti politici e i massimalismi di Grillo e di Ingroia può avvenire solo se non ci si contenta di un minimo di democrazia per un massimo di efficacia politica, come fanno la sinistra e la destra, ma si avvii un cammino progressivo di potenziamento e di acquisizione dei beni comuni, ossia dei valori decisivi che concorrono a realizzare la vita felice delle persone e la loro crescita economica. Perciò alla riduzione dell’Imu deve andare di pari passo una politica di investimenti sulla produttività, di valorizzazione della proprietà, di rafforzamento della famiglia, come perno morale ed economico unico della nazione, finalizzata ad aumentare il livello di benessere personale che si allaccia inevitabilmente anche al ruolo sempre maggiore che gli italiani riusciranno ad avere in Europa e nel mondo. In tal senso, il sostegno complessivo ed integrale della vita umana è una tappa prioritaria di tipo democratico su cui non devono esserci cedimenti. E la seconda è la salvaguardia della famiglia come base sociale ed economica di riferimento. Democrazia, infatti, o significa umanizzazione della vita, oppure non significa assolutamente niente. E un miglioramento può esserci in Italia solo se, partendo da una sana politica, si riscopre il valore spirituale, culturale e sociale dei valori fondamentali della nostra cultura cristiana, visibili, in special modo, nella solidarietà e nei diritti del lavoro.

Democrazia, quindi, certamente, ma integrale e progressiva, non burocratica e populista. Si tratta di escogitare e seguire, insomma, delle proposte profonde che per cultura e mentalità siano in grado di rafforzare concretamente il popolo e i cittadini, e non solo di arricchire una classe politica vuota, insensibile e ignorante, intenta a salvaguardare unicamente alcuni interessi personali. Una follia assurda, quest’ultima, che oggi non possiamo più permetterci.

Benedetto Ippolito*

(*l’autore è candidato alla Camera in Lombardia nella lista Scelta Civica)

×

Iscriviti alla newsletter