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Viaggio in Asia. Qui Singapore (seconda puntata)

Come ricordano dal MIT Erik Brynjolfsson e Andrew McAfee con il loro citatissimo e-book “Race against the Machine”, questa corsa contro le macchine potrebbe essere una sfida già persa per noi umani. E proprio da questa constatazione, partono in qualche modo anche Ayesha e Parag Khanna nel loro ultimo libro “Hybrid Reality: Thriving in the Emerging Human-Technology Civilization”.

Le trasformazioni potenziali di applicazione e modifica del corpo umano – forme effettive di ibridazione tra umano e robot, fino al paradigma di una vera e propria co-evoluzione tra uomo e macchina -, sono solo uno dei possibili scenari tecnologici e futuri possibili sviluppati dai Khanna, ed aprono tuttavia, ipotesi di futuri possibili, ma difficilmente compatibili con i parametri dell’etica classica dell’occidente. Non è forse un caso, quindi, che questa “power couple” di nomadi della conoscenza, si sia trasferita nel 2012 a Singapore, per collaborare con varie istituzioni e think tank locali, richiamati dalla politica di attrazione di talenti e capitale umano della città stato.

Questa sfida della “tecnica” è la chiave per capire in che direzione sta andando Singapore. Una traiettoria tipica delle nuove città globali, dirompenti centri di aggregazione di poteri multipli,  ormai incontrolloabili dall’ eroso potere statale. Si tratta di catalizzatori di sviluppo, metropoli interconnesse e globali, che attraggono il meglio di tutto. Gli studiosi più brillanti, le imprese più innovative, la tecnica di domani. Una miscela di pensiero e possibilità tecnologiche tendenzialmente anarchica che radicalizza la trasformazione di standard morali, culturali etici, e non solo quelli occidentali. Un esempio di questa capacità trasformativa è il piano di sviluppo di nuove città del Re Saudita Abdullah, che prevede – oltre all’ampia diffusione di tecnologie ad alta efficienza energetica, edifici a emissioni zero, mobilità intelligente – anche la creazione di università miste, uomini e donne insieme, cosa assolutamente impensabili altrove nel Regno.

Che il brand Singapore sia vincente, lo dimostra d’altronde la capacità di attrazione esercitata sugli altri stati della regione. È di oggi la notizia – riportata dal Financial Times – che il Myanmar sta pianificando la costruzione di una vera e propria replica della città degli stretti in una delle aree più povere ed arretrate del paese, sulla costa occidentale, nella piccola città costiera di Kyaukpyu, collocata favorevolmente a circa 100 km dai giacimenti di gas della Baia del Bengala, e dotata di un porto naturale che raggiunge i 25 metri di profondità.

Anche qui si pensa alla creazione di un’area economica speciale. Il progetto dovrebbe prevedere un ampio coinvolgimento delle comunità locali e di vari gruppi d’interesse, a dimostrare come nuove prospettive di sviluppo e crescita economico-sociale non possano prescindere dall’inclusione di differenti stakeholders e come il regime del paese si avvii sulla strada delle riforme.

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