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Che cosa succede dopo Benedetto XVI?

Che cosa succede ora con la sede vacante dopo la fine del pontificato di Benedetto XVI. Vediamo tempistica, procedure, ruoli e scenari.

Le congregazioni generali
Da ieri è iniziato ufficialmente il periodo della sede vacante. Si tratta, però, di una situazione inedita in quanto, normalmente, tale periodo si apre con la morte del Papa. Mancheranno, quindi, i classici novendiali, ovvero i nove giorni di lutto che seguono la morte del pontefice. Domani mattina, quindi, il decano del collegio cardinalizio, l’ex Segretario di Stato Angelo Sodano, convocherà formalmente tutti i cardinali a Roma affinché possano iniziare al più presto le “congregazioni generali”. E dal momento che buona parte dei cardinali, elettori e non, sono già a Roma in modo da portare oggi un ultimo saluto al Papa in occasione della sua partenza, è altamente probabile che i primi incontri delle congregazioni si svolgeranno lunedì 4 marzo.

Il ruolo di Bertone
Sarà il Segretario di Stato Tarcisio Bertone a dirigere i lavori di queste congregazioni in quanto ricopre anche la carica di Camerlengo. Una situazione, questa, piuttosto rara nella storia della Chiesa in quanto di regola le due cariche, ovvero quella di Segretario di Stato e di Camerlengo, sono sempre state tenute distinte, anche per evitare un’eccessiva concentrazione di poteri nelle mani di un solo cardinale. Sarà Bertone, quindi, a guidare le discussioni dei cardinali, che si presenteranno piuttosto accese. E sarà proprio nel corso di questi incontri che Bertone potrà far valere tutto il proprio “peso elettorale”, indirizzando la scelta dei cardinali elettori. E’ dalle congregazioni, infatti, che di regola esce il profilo che dovrà avere il nuovo Papa che di lì a poco verrà eletto. Ma quali sono gli argomenti che i cardinali dovranno affrontare nel corso delle congregazioni?

La data del conclave
Vista la presenza a Roma di quasi tutti i cardinali giunti per salutare il Papa, si pensava che Benedetto XVI potesse disporre l’anticipô del conclave. Ed invece, con il motu proprio pubblicato pochi giorni fa, il Papa ha conferito al collegio cardinalizio la facoltà di anticipare il conclave, e non l’obbligo. E proprio la data del conclave sarà uno degli argomenti maggiormente dibattuti. Una parte dei cardinali, infatti, spinge per un anticipo del conclave, che verosimilmente potrebbe iniziare il 10 o 11 marzo. Questo perché un’attesa troppo lunga potrebbe condurre ad una sorta di “logoramento” dei cardinali in attesa, specialmente in un clima quale quello che stanno vivendo. Continui dossier segreti, infatti, stanno turbando il collegio cardinalizio e si pensa che, anticipando il conclave, i cardinali possano essere messi al sicuro nella clausura della residenza Santa Marta. C’è chi, però, come l’arcivescovo di New York Timothy Dolan sembra invitare alla calma. Secondo Dolan, infatti, non vi sarebbe alcuna fretta di giungere all’elezione del nuovo Papa. Il timore è che un conclave rapido possa favorire un uomo della Curia romana. Ma è nota, da tempo, l’insofferenza dei cardinali nordamericani verso la Curia romana, dal momento che essi considerano il caso Vatileaks proprio come una affare italiano e curiale.

L’ombra della pedofilia sul conclave
Ci sarà anche la pedofilia tra i dossier che i cardinali affronteranno nel corso delle congregazioni. Il primate scozzese O’Brien alla fine ha ceduto alle pressioni, piuttosto intense, di Benedetto XVI, presentando le proprie dimissioni e annunciando di rinunciare a partecipare al conclave. L’unico modo per evitare ad O’Brien di presentarsi in Conclave sarebbe stato quello di togliergli la porpora, ma il Papa non ha voluto arrivare a tanto. Chi si trova in una situazione simile a quella di O’Brien è l’ex arcivescovo di Los Angeles Mahony, accusato di avere coperto numerosi abusi sessuali compiuti nella sua diocesi.

Persino alcuni cardinali hanno apertamente auspicato una rinuncia alla partecipazione al conclave da parte di Mahony, ma lui resiste. E con fare piuttosto provocatorio twitta: “tra poche ore parto per Roma”. Ma la spada di Damocle della pedofilia pende anche su altri porporati. In particolare sulla testa del cardinale belga Danneels, fuori dai giochi per la successione a Benedetto XVI ma capace di giocare un ruolo di primo piano all’interno del conclave.

Ci sono, però, anche tentativi di coinvolgimento di porporati che vengono considerati tra i “papabili”. Timoty Dolan, arcivescovo di New York, è stato recentemente ascoltato come testimone per alcuni casi di pedofilia svoltisi nella diocesi di Milwaukee mentre il canadese Marc Ouellet viene sfiorato dallo scandalo in quanto uno dei suoi fratelli è accusato di avere molestato alcuni alunni. C’è quindi la sensazione, come scritto da Massimo Franco sul Corriere della Sera, che la pedofilia rischi di “diventare l’arma impropria per modificare la fisionomia ed i rapporti di forza tra i cardinali che eleggeranno il Papa”.

Il rapporto segreto su Vatileaks
Ma è la madre di tutti i rapporti, ovvero quel faldone di circa trecento pagine elaborato dalla Commissione d’inchiesta su Vatileaks, presieduta dal cardinale dell’Opus Dei Julian Herranz, a destare le preoccupazioni maggiori. La domanda che sorge spontanea nella mente di tutti i cardinali è: “Ma ci sarò io in questo dossier? Si parlerà di me?”. Benedetto XVI ha recentemente chiuso ufficialmente le indagini della Commissione disponendo che il rapporto venga trasmesso in toto al suo successore. Il Papa, però, ha autorizzato i cardinali che lo hanno redatto a parlarne. “Le persone responsabili del dossier sapranno in che misura possono e devono dare, a chi li richiede, elementi utili per valutare la situazione e scegliere il nuovo Papa” ha dichiarato padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa. Si capisce quindi come ci sia una grande attesa, mista a paura, intorno a tale dossier. I cardinali vogliono sapere, e lo dicono esplicitamente. “Io non so se il dossier parli di temi o si riferisca a nomi che per questo possono essere squalificati o qualificati: però i tre cardinali, nella loro prudenza, hanno la facoltà di orientare e del resto un possibile candidato ha il diritto di sapere prima che cosa è successo in Vaticano e quanto grande è il problema” ha dichiarato francamente il cardinale messicano Iniguez. I cardinali elettori hanno paura. Paura di compiere la scelta sbagliata. E saranno quindi i tre cardinali “inquisitori” Herranz, Tomko e De Giorgi i veri kingmaker del conclave. Con buona pace di Ruini, Bertone e Sodano.

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