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La crisi bancaria di Cipro è frutto delle teorie di Merkel e Sarkozy

Una crisi bancaria annunciata, quella cipriota, al limite della bancarotta procurata da parte delle autorità europee. Bisogna ricordarlo a chi se lo fosse scordato: tutto comincia con la Dichiarazione di Deuville, quando Angela Merkel e Nikolas Sarkozy teorizzarono congiuntamente la necessità che anche gli investitori privati dovessero sopportare la loro quota di perdite. Era l’ottobre del 2010. Da allora, l’Europa è un continente senza credibilità: la garanzia sovrana sui debiti pubblici è carta straccia e la tenuta dell’euro appesa ai moniti irati del Governatore Draghi che deve minacciare l’inverosimile.

Gli errori di Bruxelles

Da allora è stato un susseguirsi di errori, uno più grave dell’altro: dalla decisione dell’Eba di far valutare a mark-to-market i titoli di Stato nei portafogli delle banche, anche se “detenuti fino alla scadenza”, con perdite a iosa per quelle italiane e vantaggi ingiustificati per quelle francesi e tedesche, alla successiva accelerazione dei parametri di Basilea 3, alle recenti richieste della Banca d’Italia di svalutare le garanzie immobiliari. Si distrugge valore preventivamente, ad ogni buon fine, sapendo che in ogni caso non si potrà più effettuare l’operazione inversa anche se il mercato immobiliare dovesse riprendersi.

L’haircut greco

Il capolavoro europeo, l’haircut del debito pubblico greco che è passato alla storia come la più grande operazione di ristrutturazione finanziaria mai realizzata, quella che si è conclusa nel febbraio dello scorso anno coinvolgendo i privati investitori con il cosiddetto Psi, il “Private Sector Involvement” che ha riguardato la bellezza di 206 miliardi di titoli di Stato ellenici. E’ stato deciso dopo aver introdotto retroattivamente la Cac (Collective Action Clause) per raggiungere una
quota ampiamente maggioritaria dei sottoscrittori che accettasse una perdita del 53,3% sul valore facciale dei titoli sottoscritti, ed una complessiva attorno al 75% considerando gli interessi inizialmente attesi, ed ha avuto come prima vittima il sistema bancario cipriota, esposto su questi titoli.

L’abbattimento del sistema bancario cipriota

Più che a un involontario effetto domino, abbiamo assistito all’abbattimento a sangue freddo di un intero sistema bancario europeo, quello cipriota, colpevole solo di aver sottoscritto titoli di un altro Stato sovrano, della Grecia. Complimenti! Quello che era considerato per anni l’impiego più sicuro per una banca, è stato svillaneggiato come “casino banking” dai medesimi vigilanti.

Le perdite di Nicosia a causa della crisi greca

Dominos Demetriades, governatore della Banca Centrale di Cipro, intervenendo a New York lo scorso 11 dicembre per illustrare la posizione del suo Paese nell’ambito dell’euro, aveva dichiarato che per le banche di Nicosia le perdite derivanti dal bail-out del debito greco e dal predetto coinvolgimento dei cosiddetti privati finanziatori (Psi) era stata pari al 25% del Pil cipriota. Questa perdita si riferisce solo ai titoli pubblici greci, che a fine giugno del 2011 erano stati sottoscritti dalle banche cipriote per l’importo nominale di 7,2 miliardi. A questa vanno aggiunte quelle sui
prestiti concessi alla economia privata greca, che alla medesima data ammontavano ad ulteriori 23,4 miliardi di euro.

La soddisfazione dell’Eurogruppo per l’accordo

Che adesso l’Eurogruppo si complimenti per l’accordo raggiunto sulla tosatura dei soli depositanti che abbiano affidato alle banche cipriote più di 100 mila euro, prendendo atto che fino a quella cifra vi è la piena garanzia di protezione, non cambia affatto la nostra valutazione. Né che si disponga che la Bank of Laiki venga divisa in due, una good bank ed una bad bank, che la parte sana venga fusa nella Bank of Cyprus e che quest’ultima verrà ricapitalizzata attraverso una conversione in equity dei depositi non assicurati, con una piena contribuzione da parte degli
azionisti e degli obbligazionisti al fine di ottenere un capital ratio del 9%. Anzi, a questo punto viene da chiedersi perché mai venga precisato, all’ultimo punto dell’Annesso alla Dichiarazione dell’Eurogruppo su Cipro, che il programma di aiuti della Troika (fino a 10 miliardi di euro) non sarà usato per ricapitalizzare la Laiki e la Bank of Cyprus.

Un sequestro finanziario

I capitali privati depositati nelle banche cipriote rimarranno congelati, e nessuno sa dire per quanto tempo ancora: tra prelievi una tantun sui depositi oltre i 100 mila euro, conversione forzosa in azioni per ricapitalizzare la Bank of Cyprus, e divieto amministrativo di procedere al ritiro dei fondi ed al loro trasferimento all’estero, l’Europa benedice una nuova, colossale operazione di sequestro finanziario, che naturalmente fa salvi i prestiti interbancari in essere, tra cui i famosi 5,98 miliardi di euro delle banche tedesche. Mentre erano in tanti a giocare ed a lucrare al “casino
banking” cipriota, ora a pagare sono solo i privati.

Un modello cui ispirarsi

Le bastonate inflitte alla Grecia sono state nefaste: la partecipazione dei privati alla ristrutturazione del suo debito pubblico greco ha affondato anche il sistema bancario cipriota, il più interconnesso per ovvie relazioni storiche, contiguità territoriale ed identità linguistica. Grecia e Cipro sarebbero ormai il modello cui ispirarsi per risolvere le crisi: mettere le mani prima nelle tasche degli investitori e poi in quelle dei risparmiatori. Stavolta è toccato ai russi, puniti per aver trovato a Cipro una sorta di Eldorado: anche loro dentro la enorme fossa comune europea che
francesi e tedeschi si stanno scavando. Avanti, in fila, uno alla volta. Senza fretta. C’è posto per tutti!

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