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L’autoinvestitura di Renzi per salvare il PD

Il Partito Democratico vive in questi giorni il punto più basso della propria (breve) storia. Dopo la vittoria “mutilata” delle elezioni politiche, dopo il fallimento delle trattative con il M5S e dopo l’affossamento Romano Prodi, con ben 101 “irresponsabili” secondo Laura Puppato o “traditori” secondo altri, il PD si trova “decapitato”: il Segretario Bersani, giustamente con senso di responsabilità, si è dimesso e con lui tutto il gruppo dirigente. Ora si apre una fase nuova, e in questo frangente si iniziano a muovere le varie anime del PD e correnti, soprattutto quella che ha sponsorizzato Matteo Renzi alle scorse primarie, da cui è uscito sconfitto.

Matteo Renzi si propone come il rifondatore del Centro Sinistra. Ho notato in questo intento uno stile molto diverso da Nichi Vendola. Mentre il leader di SEL dice: “noi”, ossia uniamoci e parliamone, Matteo Renzi dice “io”. Due approcci opposti.

La pluralità di idee è una risorsa, lo ho detto più volte, ma quando dietro le idee ci sono gli interessi particolari di persone o gruppi di pressione, allora questa pluralità diventa un grosso problema. Non è stato ancora indetto un congresso, nessuna assemblea, e Matteo Renzi si è già investito di un ruolo, che nessuno gli ha dato: “riformerò il partito”, dice. 

E così ecco la prima intervista a Repubblica, del Matteo Renzi non più rottamatore, ma riformista, dove muove già proposte e scenari.

La linea politica di Bersani è stata premiata alle primarie dai cittadini, che hanno bocciato Matteo Renzi, non la persona, ma l’approccio e i contenuti delle proposte, che in verità non erano poi così rivoluzionarie rispetto a quelle proposte sempre dal PD. Detto ciò, quale spirito innovatore può avere un partito che ripiega su un esponente sconfitto nelle primarie, ossia bocciato dal suo stesso elettorato? Che possibilità ha Matteo Renzi di ricompattare un Centro Sinistra spezzettato? Che opzione può avere se la prima proposta è una riflessione con Scelta Civica, il cui premier, Mario Monti è stato fortemente criticato dall’elettorato di Sinistra?

Alla domanda se “si candida o no” risponde:

Non so come, non so quando ma io ci sono. Ora non voglio aprire un dibattito su di me, non sono in cerca di una seggiola. Io in questo partito ci sono e ci resterò con Fassina e con Orfini. Non mi candiderò per il gusto di candidarmi. Bersani ha vinto alle primarie ma la sua linea è stata sconfitta. Il partito vuole vincere con una linea diversa? Io ci sono. Vuole proteggere solo la sua classe dirigente? Non ci sono. Vuole cambiare l’Italia? Allora cambiamo il partito per cambiare l’Italia e io ci sono. Rifondiamolo con un riformismo che scalda i cuori, con un’anima. Dobbiamo essere capaci di esprimere un nuovo racconto“.

Quanto può Matteo Renzi rappresentare il cambiamento che serve ad un partito di Centro Sinistra che sembra in crisi di identità? Permettetemi di avere diversi dubbi in merito, se non altro perché nelle sue proposte non ho trovato niente di innovativo o rivoluzionario, niente di così eclatante da giustificare una autonomina.

Ma convengo con Renzi che nel PD ci sono moltissime personalità, giovani e meno giovani, capaci e molto capaci, forse sono una piccola parte, ma è il buono che c’è. Anche se fosse l’1% degli eletti questi possono assieme trovare una via di uscita: in questo caso, penso che sia il gioco di squadra che può contribuire a risolvere il problema di questo PD, non i giochi individuali.

E serve anche un volto che sia davvero nuovo, e che non sia, possibilmente espressione di nessuna “corrente” o di nessun “potentato”. Al netto di queste considerazioni, comunque, sarà il congresso a far emergere la posizione più condivisa. E chi non è pronto a sostenerla, perché avverte come insopportabile, di perdere la scena, allora è bene che le strade si dividano.

 

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