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La nube dei Pigs nel cielo sopra Berlino

Che lo vogliano o no i tedeschi dovranno spendere di più, se vorranno mantenere le promesse di crescita nei prossimi anni. Che lo vogliano o no, dovranno consumare i loro preziosi attivi commerciali, capitalizzati nell’ultimo decennio.

Che lo voglia o no, la Germania dovrà aumentare i salari, con relativi effetti sulla sua domanda interna e sul suo import, e dovrà subire un rialzo dei suoi corsi immobiliari, già in fibrillazione.

In pratica per crescere dovrà percorrere la strada attraversata prima della crisi dai paesi del Sud Europa e dall’Irlanda.

Una grossa nuvola a forma di Pigs fa rotta sul cielo sopra Berlino.

Alcuni dati sembrano avvalorare tale ipotesi. Il primo arriva dall’indice Zew, che misura le aspettative dell’economia tedesca, che ad aprile 2013 è sceso a 36,3 punti a fronte dei 48,5 di marzo, molto al di sotto delle aspettative.

Gli altri arrivano dagli aggiornamenti dei database del Fondo monetario internazionale che proprio oggi ha rilasciato il suo World economic outlook di aprile e il suo fiscal monitor, letture molto istruttive sulle quali ritorneremo nei prossimi giorni.

Per il momento accontentiamoci di alcuni numeri. Il primo: le previsioni di crescita della Germania.

Il Pil reale, cresciuto dello 0,9% nel 2012, dovrebbe fermarsi allo 0,6 nel 2013 per arrivare all’1,5% nel 2014, in linea con la media europea per l’anno. Per dare un’idea di che significa, basta ricordare che nel 2011 la Germania era cresciuta del 3,1%.

Il secondo dato è assai più rilevante. Parliamo del saldo di conto corrente della bilancia dei pagamenti, storico punto di forza della Germania. La politica deflazionistica imposta ai Pigs via austerità non poteva che avere effetti sugli attivi commerciali tedeschi.

A fronte di un saldo corrente positivo per il 7% del Pil nel 2012, le proiezioni per il 2013 parlano di un saldo al 6,1%, che scenderà ancora fino al 5,7% nel 2014.

In pratica in un biennio la Germania perderà una quota dei suoi attivi commerciali pari all’1,3% del suo Pil. Un bel salasso.

Per capire perché sia uno degli effetti del dimagrimento dei Pigs, basta vedere i saldi di conto corrente di Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna. Il primo, che ha sperimentato un disavanzo di conto corrente pari all’1,5% nel 2012, navigherà intorno allo zero fra il 2013 (+0,1%) e il 2014 (-0,1). L’Irlanda, ormai da un pezzo in recupero sul versante estero, capitalizzerà attivi fra il 3,4 e il 3,9% del Pil. Persino la Grecia migliorerà il suo saldo di conto corrente, dal -2,9% del Pil del 2012 al +0,4% del 2014. E la Spagna, -1,1% del Pil nel 2012, chiuderà il 2014 con un saldo attivo per il 2,2% del Pil.

Insomma: i Pigs staranno leggermente meglio, la Germania altrettanto peggio.

Vale la pena sottolineare che questa correzione di squilibri storici all’interno dell’eurozona avviene grazie al calo dell’import nei Pigs, non certo per l’aumento dell’import tedesco.

O almeno non ancora.

Già perché le ultime statistiche Eurostat mostrano con chiarezza che mentre il costo del lavoro unitario nei Pigs diminuisce, quello tedesco aumenta dopo essere stato deflazionato per anni. E maggiori redditi generano maggiori consumi finali, anche esteri.

Se poi guardiamo a un altro indicatore, il mercato immobiliare, un grafico del Fmi mostra con chiarezza che a partire dal 2010 in Germania i prezzi reali delle abitazioni stanno crescendo.

Fatto 100 l’indice dei prezzi nel 2004, a fine 2012 l’indice dei prezzi tedeschi è arrivato quasi a quota 110. Questo mentre il mercato immobiliare nei Pigs (ma non solo, anche in Italia e in Francia), dopo il picco dell’indice di 110 raggiunto fra il 2007 e il 2008, ora quota appena 80, meno persino del Giappone.

Prezzi crescenti sul mercato immobiliare significa che le famiglie tedesche dovranno spendere di più. Quindi aumentare i consumi finali, attingendo ai propri risparmi o indebitandosi.

Se poi andiamo a vedere i dati fiscali, vediamo altre cose.

Primo: il deficit tedesco corretto per il ciclo è previsto sostanzialmente a zero quest’anno e il prossimo, con la conseguenza che il debito lordo passerà dall’82% del Pil del 2012 al 78,3% del 2014, sotto la media mondiale (78,6%). Tale andamento provocherà che i bisogni annuali di finanziamento tedesco diminuiranno dall’8,2% del Pil del 2012 a un misero 5,5% nel 2014.

Per dare un’idea di quello che significa basti considerare che nel 2014 lo stato italiano dovrà finanziare a debito una cifra pari al 28,3% del Pil.

Ricapitoliamo. Per la Germania è prevista nel 2014 una crescita del Pil dell’1,5%, a fronte di un calo robusto del saldo commerciale, e un deficit fiscale azzerato, che significa meno spesa pubblica per consumi e investimenti.

Poiché il Pil si compone di consumi finali, investimenti, spesa dello stato e saldo commerciale è facile capire capire da dove arriverà questa crescita.

Ma non ditelo alla Merkel.

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