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Romano Prodi: il candidato in pectore di Bersani e del PD

Queste elezioni del Presidente della Repubblica sono le più movimentate degli ultimi venti anni. Si salta da un nome ad un altro nel giro di poche ore: si fanno pronostici che sono puntualmente disattesi. I parlamentari ci scherzano anche su: Rocco Siffredi, Sophia Loren, Veronica Lario… molto divertente se non si trattasse di uno dei momenti più importanti della vita istituzionale del nostro Paese. Ci sono errori da tutte le parti, ma non è possibile non ricordare che Bersani ha una responsabilità in più.

Al di là dei tatticismi, infatti, la scelta di Marini, che ho già detto essere solo una “candidatura civetta”,  ha segnato una “rottura” proprio nel Centro Sinistra, almeno “formalmente”. Come sempre, il Jolly del Centro Sinistra è Romano Prodi.

Quando è stato proposto Marini ho pensato subito ad una forma di “depistaggio” da parte di Bersani in vista dell’elezione di Romano Prodi (cfr. articolo formiche) e quindi non mi sbagliavo. Devo però criticare il “metodo Bersani”, soprattutto per quanto riguarda la poca condivisione con i membri del proprio partito. Un leader non si muove in questo modo portando un partito quasi alla lite proprio su una questione così importante e soprattutto, non per avere accordi con il proprio antagonista. Per questo ho anche parlato della necessità di un cambiamento: >> qui <<

Rodotà era un nome eccellente, come tanti altri (mi ero espresso positivamente anche per Emma Bonino, poi scartata subito) e poteva essere sicuramente gradito al Centro Sinistra (SEL ha votato compattamente per lui fino al terzo scrutinio). Bersani avrebbe potuto optare fin da subito per Rodotà, costruire un dialogo con il M5S ed esigere una cooperazione vera per un governo futuro. Ha scelto una strada diversa.  

Perché non lo ha fatto? Difficile da dire, credo che il rischio fosse quello di vedersi dire, dopo l’elezione di Rodotà: “no grazie” da parte del M5S (rischio sempre presente). In Politica occorre mediare e trovare punti di incontro, anche il M5S ha le sue responsabilità, non dimentichiamolo. Fatto sta che Bersani, dopo la batosta Marini, torna in sé e convoca l’assemblea: Prodi è scelto ad ovazione da tutto il PD e da SEL (che lo voterà, dichiara Vendola, a partire dal quarto scrutinio).

Alcuni giornalisti hanno criticato la scelta di Prodi definendolo “non idoneo” e un “dispetto” a Berlusconi: 1/4 degli elettori italiani (quelli che hanno votato Centro Destra e Destra – non di tutti gli italiani) avrebbero Prodi indigesto. Ma rimangono i restanti 3/4 di elettori che lo apprezzano, o comunque una parte che lo apprezza e una parte che non lo disdegna (o che tutt’al più ne è indifferente). I numeri hanno un peso e andrebbero usati con più cautela, specie dagli opinionisti di maggior fama.

Gli italiani hanno eletto i loro rappresentanti in Parlamento e (fino a quando vige questa Costituzione) sono loro ad eleggere il Presidente della Repubblica. Se al quarto scrutinio la maggioranza sceglie Prodi significa che la maggioranza degli italiani (tramite i propri rappresentanti perché nel nostro sistema funziona così!) ha scelto Prodi. Inoltre, è il partito di maggioranza a scegliere il nome da proporre e a votarlo. Se poi altri aderiscono tanto meglio, ma questo non è imperativo. Il candidato non deve essere condiviso necessariamente con l’avversario politico, questo è un “di più” che non è  per nulla “dovuto”.

Resta pacifico che in parlamento Prodi non gode del gradimento massimo, ma è anche vero che Prodi è espressione del Centro Sinistra, ha vinto due volte le elezioni contro Berlusconi e gode di un velato sostegno anche nel M5S e in Scelta Civica (almeno 10 senatori sono pronti a votarlo da subito). Se questi partiti convergono, anche solo in parte, la maggioranza assoluta (504) è superata ampiamente.

Prodi non è un democristiano come Marini. Un confronto di questo tipo sarebbe riduttivo e semplicistico. A differenza di Marini (che è una ottima persona, e non lo metto in dubbio) Prodi ha ricoperto incarirchi internazionali fondamentali e fatto parte attivamente delle più importanti scelte politiche ed economiche europee e mondiali. Ha 36 lauree Honoris Causa e non può essere ridotto ad un qualsiasi nomignolo della politica, come vorrebbero i suoi detrattori.

Sia chiaro, Rodotà poteva essere un’eccellente scelta per tutti, specie a sinistra. Con ciò, però,  non posso dire di essere deluso dalla scelta di Romano Prodi fatta dal Centro Sinistra, anzi mi sembra naturale. Anche Napolitano era del Partito Comunista ed era additato di essere “di parte”, si è dimostrato un eccellente Presidente della Repubblica, anche per la destra. La capacità e l’esperienza politica di Prodi sono una garanzia, certamente targata PD, ma una garanzia anche dal punto di vista della “credibilità internazionale” e sono certo anche per i cittadini di centro destra. La discussione Berlusconi – Prodi non ha niente a che vedere con il profilo istituzionale del Presidente della Repubblica. E ancora, non è pensabile relagare, ancora una volta, le questione del paese agli interessi personali di Silvio Berlusconi: il Paese ha bisogno di altro.

E quindi, Romano Prodi vincerà? Tra pochi minuti inizia la quarta votazione, cosa accadrà?

Grillo dice che “non lo voterà mai”, ma sa di mentire. Nelle sue quirinarie Prodi è tra i primi 10 candidati scelti per la corsa alla Presidenza. Se Rodotà si ritira o viene “bruciato” perché perde consenso, anche tra il M5S,  questo non può ignorare il nome di Prodi soloperché lo dice Grillo, gli elettori si sono espressi diversamente.

Ci tengo a ribadire che Bersani avrebbe potuto tessere un rapporto più stretto con il M5S votando fin da subito o dal secondo scrutinio Stefano Rodotà, un nome di eccellenza, una garanzia anch’egli per i cittadini. Oggi, quasi sicuramente Rodotà non passerà, Prodi probabilmente si. Le opzioni, però, non sono esaurite, né per il PD né per il M5S.

Queste due forze rappresentano assieme oltre il 50% degli italiani e potrebbero trovare un accordo che prevede Prodi al Quirinale e Stefano Rodotà alla Presidenza del Consiglio, con un governo PD e M5S. Questo sarebbe l’optimum.

Sarebbe inciucio? No, sarebbe ingegnosità e virtù politica: il Paese potrebbe finalmente uscire dal blocco istituzionale in cui si trova e il Parlamento potrebbe finalmente iniziare a lavorare sui temi che stanno davvero a cuore agli italiani (e non solo).

Anche oggi mi metto alla “finestra” e guardo.

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