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Bravo Epifani

Seguiamo con attenzione  la linea di condotta di Silvio Berlusconi. Il Cavaliere – a stare ai sondaggi e ai consigli dei “falchi” del Pdl  – potrebbe provocare le elezioni anticipate, vincerle, accelerare la crisi del Pd e tenere in pugno la prossima legislatura.

In realtà, tale strategia sarebbe assai più avventurosa e incerta di quanto non appaia. Berlusconi, nel perseguimento di questo disegno, dovrebbe fare i conti con un “Convitato di pietra” come Giorgio Napolitano, il quale non si arrenderebbe facilmente al fallimento di un progetto a cui crede,  per la realizzazione del quale ha accettato un secondo oneroso mandato, avvertendo, davanti ad un Parlamento che lo acclamava, che non avrebbe esitato a denunciare le responsabilità “davanti al Paese”.

Berlusconi, tuttavia, è lontano dall’essersi messo in una posizione di sicurezza. In parte, grazie al suo fiuto, ma soprattutto grazie all’enorme e inaspettata dabbenaggine degli avversari, è riuscito ad evitare sia la sconfitta elettorale (se non si fosse dimesso il Papa sottraendogli così l’apertura del tg per alcuni giorni, avrebbe vinto le elezioni), sia quella politica (il Pd ha fatto tutto da solo). Il Pdl è tornato al governo del Paese e ne condiziona le sorti (sarebbe comunque più elegante se Renato Brunetta non lo facesse notare quotidianamente).

Il successo politico del Cavaliere

Infine, la vicenda dell’Imu è sicuramente un successo politico che il Cavaliere può legittimamente attribuirsi, anche se è più problematico convenire che fosse una priorità in questa fase. Come nel 1994, i suoi avversari – sconfitti o ridimensionati dalla politica – sono pronti a farsi rimettere in sella dall’esito delle battaglie del “secondo fronte” delle toghe, dove è in atto, nei confronti di Silvio Berlusconi, il progetto di “soluzione finale” dopo vent’anni di caccia all’uomo (che pur di suo ci ha messo parecchio).

Berlusconi garante del governo Letta-Alfano

Nel giro di qualche mese, infatti, l’ex premier potrebbe incappare non solo in pesanti condanne, ma addirittura nell’interdizione dai pubblici uffici che lo farebbe decadere dal mandato parlamentare. In  siffatto contesto, benché sia forte la tentazione di far saltare il banco per spezzare un assedio divenuto sempre più stringente, Berlusconi, per ora, è il più sicuro garante della tenuta del Governo Letta-Alfano, nonostante che non possa avvalersene per difendersi dagli attacchi giudiziari (abbiamo notato tutti l’ipersensibilità dei democrats quando si sfiorano appena i temi della giustizia), dal momento che, come è avvenuto nel corso degli ultimi vent’anni, il Pd non rinuncia  a difendere, comunque, le procure che costituiscono, pur sempre, l'”arma chimica”, da usare come carta di riserva o deterrente.

Le capacità di Berlusconi

Si può ragionevolmente sostenere che quello del Cavaliere è un atteggiamento tattico di una persona che, prima d’agire, vuole attendere la fine dei procedimenti giudiziari, pur accettando di correre qualche rischio. Del resto, non sarebbe la prima volta che il nostro si dimostra capace di sparigliare, in un breve lasso di tempo, il gioco condotto fino a quel momento (lo si è visto il 6-7 dicembre dello scorso anno quando all’improvviso il Pdl tolse la fiducia al governo Monti che aveva lealmente appoggiato fino a pochi giorni prima).

Le preoccupazioni di Berlusconi

Chi scrive non raccoglie (se mai ci sia qualcuno che lo fa) le confidenza di Berlusconi. Mi piace pensare, però, che la sua cautela sia dettata da altre preoccupazioni. Non solo quelle, decisive, che riguardano la situazione economica del Paese a cui non possono essere negati un governo ed una maggioranza. Ci sono altre derive, gravissime, da considerare. E riguardano il quadro politico.

La Fortezza Bastiani del Pd

L’esecutivo presieduto da Enrico Letta è la Fortezza Bastiani in cui sono asserragliate le ultime forze responsabili del Partito democratico, le stesse che hanno raccolto i moniti contenuti nel discorso di Giorgio Napolitano alla Camere riunite. Se Letta venisse sconfitto (dall’interno del Pd) anche queste forze sarebbero travolte nella medesima rotta. Probabilmente sarebbe la fine del Pd come soggetto unitario; ma la parte più consistente, quella che proviene dalla filiera Pci-Pds-Ds, non si limiterebbe a tornare indietro di decenni, ma sprofonderebbe in tali livelli di subcultura politica, settarismo, ribellismo che neppure ai tempi di Palmiro Togliatti sarebbero stati accettati.

Tra il Pd-dottor Jeckill e il M5s-Mister Hyde

Alla fine tra il Pd-dottor Jeckill e il M5s-Mister Hyde sarebbe quest’ultimo a vincere e a rendere irreversibile la trasformazione. L’Italia non può salvarsi se il suo destino viene affidato a bande di  “Guardie rosse” educate all’odio e a studenti fuori corso che occupano le istituzioni. Certo, l’involuzione della sinistra regalerebbe la direzione del Paese alle forze moderate; ma non si governa se l’opposizione diventa un problema di ordine pubblico, come è avvenuto pochi giorni or sono a Brescia. E se la piazza violenta si salda con pezzi di magistratura deviata.

Il vero alleato di Letta

Letta ha un alleato: si chiama Guglielmo Epifani. Dell’ex leader della Cgil ci sono piaciute due cose che ha detto e fatto. Davanti alla direzione del suo partito – attraversata da rancori, frustrazioni,  arroganze giovanili – il neo segretario-traghettatore ha dichiarato che quando si sta al governo ci si deve mettere la faccia. Quello di Letta, pertanto, non è un “governo amico”, ma l’esecutivo del Pd. Poi, Epifani ha trovato il coraggio di fare ciò che da segretario della Cgil non aveva mai fatto: mandare a quel paese Maurizio Landini, la Fiom e il caravanserraglio che questa organizzazione mobilita, esibendo le più sgradevoli “barbe finte” di questa povera Italia.

Salviamo il soldato Epifani

Ecco perché il “soldato Epifani” deve essere salvato. Perché se crollano le ultime risorse di ragionevolezza nel Pd, per il Paese sarebbe peggio. Berlusconi potrebbe ribattere che a lui e al suo partito non è mai stato risparmiato nulla, specie nei momenti di difficoltà. Ma è qui che lo statista si differenzia dal politicante. Nel 1948 Alcide De Gasperi non si limitò a salvare il Paese dal comunismo, ma salvò anche i comunisti e i socialisti da se stessi.

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