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Siria, vi spiego perché l’Unione europea ormai è disperata

L’Unione europea ha deciso di revocare l’embargo delle armi ai ribelli siriani. Il ministro degli Esteri britannico, William Hague ha detto che non è previsto l’invio immediato di armi, ma si lascia aperta la possibilità nel caso la situazione continui a deteriorarsi. In un’intervista a Formiche.net, Roberto Menotti, Senior research fellow dell’Aspen Institute Italia, sostiene che le condizioni non possono ancora peggiorare. O sì? La scelta dell’Ue sembra essere un tentativo disperato per riprendere il controllo della situazione e l’ultima chance diplomatica che offre il governo di Barack Obama.

La Siria ha confermato la sua partecipazione al vertice di Ginevra 2. Se è vero, è possibile raggiungere un accordo diplomatico per porre fine alla guerra civile?

È un segnale importante, un primo passo in avanti. È la prima volta dall’inizio del conflitto che la Siria e la Russia esprimono disponibilità per un ruolo più costruttivo. Ma la richiesta di partecipazione dell’Iran ha aumentato le difficoltà. In una conferenza regionale, Washington non può accettare l’intervento dell’Iran in quelle condizioni. Che l’intervento abbia luogo è un segnale positivo in sé, che riesca a risolvere subito la situazione attraverso un negoziato è più complesso. Per trovare un accordo c’è bisogno che Assad lasci il potere e quello è molto difficile.

Che ruolo potrebbe giocare l’Iran? E’ davvero una minaccia o senza la sua partecipazione sarà impossibile la pace in Siria?

L’allontanamento di Assad può essere possibile solo grazie ad un accordo con la leadership siriana. Come è stato fatto in Egitto con Mubarak e in Tunisia con Ben Ali. Il modello in cui sono i dirigenti a diroccare il leader. Con il regime siriano è molto più difficile, ma in qualsiasi caso non credo che servirebbe l’Iran.

Cosa pensa della decisione di ieri dell’Unione europea di revocare l’embargo delle armi ai ribelli?

Questo è un altro piccolo passo graduale verso l’indurimento delle azioni, anche a livello militare, rispetto ad Assad. Ma arrivano molto tardi. Aspettare ancora ulteriori peggioramenti della situazione mi sembra surreale. Dopo decine di migliaia di morti civili, come può peggiorare? Questa è una prova della “disperazione” diplomatica europea.

Barack Obama ha detto che, confermato l’uso di armi chimiche, ora gli Stati Uniti cambieranno strategia nella vicenda siriana. Cosa succederà? Quali sono le possibilità di un intervento?

La strategia è già cambiata. L’incontro a Mosca tra il segretario di Stato americano John Kerry e il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov, e l’accelerazione sulla possibile conferenza di Ginevra ne sono la prova. Questa è l’ultima chance diplomatica che dà gli Stati Uniti. Se non funziona, si passa ad armare i ribelli. La strategia è già cambiata sotto i nostri occhi, ma il dilemma resta lo stesso: Washington non sa se armare i ribelli basterà e non sa che fine faranno queste armi. L’opposizione siriana è molto frammentata e c’è il rischio che finisca in mano di gruppi terroristici.

Ci sono molte polemiche sulle differenze tra quello che Obama dice di voler fare e quello che viene fatto. Bisogna credergli ancora?

Le critiche a Obama provengono soprattutto dai repubblicani. Il 90% delle accuse riguardano temi di politica interna. Dall’economia ai temi sociali. Ma sulla politica estera le polemiche provengono dal Congresso e da alcuni media. Gli americani, invece, sono con lui. Sono con lui sull’uso limitato dei droni e sulla chiusura con cautele di Guantanamo.

 

Secondo Menotti, Assad ha sorpreso il mondo con la sua capacità di resistenza in questi mesi di guerra civile. Una parte della popolazione, soprattutto imprenditori, sono dovuti scendere a compromessi con il regime. Tra i sostenitori di Assad ci sono non solo l’Iran e la Russia ma gruppi e movimenti non statuali, molti businessmen con collegamenti regionali e le forze esterne, che beneficiano del mercato nero. Un fenomeno che accade frequentemente nei paesi sottoposti a sanzioni.

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