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Bernabei contro le menzogne politiche anticattoliche

Il giornale cattolico Avvenire ha pubblicato una bellissima intervista ad Ettore Bernabei a proposito della sua ultima fatica editoriale, Italia del “miracolo” e del futuro. Ho avuto modo di guardarla mentre rileggevo un antico libro: “Colloqui sui poveri” di Amintore Fanfani, legato intimamente a Bernabei da antichi e solidi rapporti affettivi e politici. Il lavoro dello storico manager di Stato di oggi si tiene mirabilmente con quello di Fanfani del 1944. Non poteva essere diversamente. Per chi, formatosi agli insegnamenti dello statista aretino, conosce bene la cultura ispiratrice dei due storici esponenti democristiani è cosa scontata.  Entrambe le opere guardano con occhi e cuore di cristiani al buon governo, per andare incontro alle necessità dei meno fortunati, dei più deboli, dei più bisognosi. La “politica come forma più alta di carità”. Bernabei, in tale visione, mette l’accento sull’impegno politico dei cattolici, democristiani, negli anni immediatamente dopo la seconda guerra mondiale. L’azione di governo iniziata da De Gasperi e proseguita da Fanfani si mosse verso un comune  orizzonte: la ricostruzione e la crescita dell’Italia. L’opera dei due statisti ebbe il merito di produrre un benessere mai conosciuto prima dagli italiani. Erano gli anni cinquanta e sessanta, quelli del famoso “miracolo economico”, che consentirono al nostro Paese di collocarsi tra le prime quattro potenze economiche del Pianeta. Come fu possibile tutto questo, in un momento storico tanto problematico e difficile? Una mirabile e feconda sintesi tra sostegno pubblico e interesse privato fu la formula vincente, che ebbe come riferimento alto la dottrina sociale della Chiesa. Furono evitate politiche economiche liberiste applicate in altri paesi dell’Occidente. Bernabei passando ad analizzare il presente, vede nella crisi economica attuale la causa dell’ampia diffusione della povertà e di palesi ingiustizie, perché a pagare sono i più deboli e non i ricchi: una condizione che sta indebolendo la classe media italiana, pilastro su cui il Paese ha costruito le proprie fortune e il progresso della intera nazione nell’arco dei decenni. Il ruolo che stanno giocando in questo tempo le lobbies angloamericane e la finanza speculativa, legate intrinsecamente alle dottrine liberiste, viene contestato in modo perentorio dall’antico direttore della Rai. E ricorda un dato storico. De Gasperi quando aderì all’Alleanza Atlantica in nome dell’Italia si rifiutò di sottoscrivere la partecipazione alle grandi organizzazioni lobbistiche americane. Egli aveva fiducia in regole alternative che producessero crescita economica e sociale. Lo statista trentino era confortato dai continui confronti con l’allora Mons. Montini, futuro Papa Paolo VI, e dai risultati scaturiti dagli studi di Dossetti, La Pira, Fanfani ed altri a Camaldoli, che guardavano alle teorie di Keynes, in forte contrasto con quelle liberiste. Avanza, quindi, una tesi forte: gli anni che stiamo vivendo potrebbero essere addirittura inquadrati come quelli di una terza guerra mondiale, intrapresa per neutralizzare le regole italiane in tema di economia sociale. La loro applicazione destava preoccupazioni gravi nell’apparato lobbistico inglese e americano già al tempo di Reagan e della Tatcher. Egli con linguaggio chiaro, da puro toscano, sollecita i cattolici all’impegno politico concreto, attaccando con decisione la costante e ossessiva propaganda anticattolica, guidata in modo mirato, per condizionare i cattolici  nella partecipazione alla vita pubblica. E lancia un perentorio invito a ritornare a fare politica secondo i valori della fede, smettendola di essere servi della destra e della sinistra.

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